La continuità di una squadra vincente, si può ottenere solo sostituendo progressivamente parte della rosa, in  genere quella più attempata, con l’innesto di giovani di grande potenziale che abbiano già dato prova dei propri  mezzi. L’innesto di soggetti predestinati non può  compiersi sempre tout court, un po’ perché gli anziani potrebbero essere ancora bene in sella, un po’ perché, soprattutto se stranieri, devono acclimatarsi in un  campionato e in un contesto diversi da quello di provenienza e non scordiamoci che stiamo parlando di ventenni o poco meno, non di uomini fatti. Una grande squadra  realizza costantemente questo processo osmotico, avendo cura di non bruciare i giovani di talento.  De Ligt, è costato caro, è vero, ma sembra essere, a detta di tutti, un predestinato che dovrà subentrare in modo progressivo a giocatori, che hanno scritto il proprio nome nella storia del loro ruolo, non due qualsiasi. Dunque la società e l’allenatore, lavorano per normalizzare il valore di questi emergenti con la vecchia guardia, e lo fanno tanto con De Ligt, quanto con Demiral che, potenzialmente, saranno i sostituti del duo Chiellini/ Bonucci. Questa è  programmazione e per avere i migliori talenti, o si ha la capacità e la fortuna di pescarli tra i vivai o le squadre minori, oppure si pagano a peso d’oro, accollandosi il rischio di un flop. Parte della stampa specializzata insiste sul fatto che un giovanotto da 85 milioni siede in panchina ma poi, aggiunge che un top club come il Barcellona se lo vorrebbe portare a casa, come se fosse un’opzione legata solo alla volontà di quel club e non fosse, al contrario un investimento di lungo periodo per il club che lo ha tesserato. De Ligt si sta ambientando, Demiral si sta ambientando e la società li aspetta, perché questa coppia  può essere potenzialmente l’asse portante della difesa per i prossimi dieci anni, lo sa Paratici e lo sa anche Sarri e, nel limite del possibile, non li sovraespongono. Nessuno naturalmente può dare certezze sugli sviluppi successivi, ma questo rischio vale per qualunque giocatore in qualunque squadra, per qualunque prezzo pagato. Se il rischio è tuttavia sempre incombente, la capacità di pianificare non da luogo ad equivoci e, nel calcio, come in ogni azienda è una capacità che fa la differenza. Forse la stampa specializzata, dovrebbe essere più ponderosa, perché nessuno diventa un fuoriclasse se gioca cinque partite da top e nessuno diventa un flop se ne sbaglia cinque altre. Dare ragione sempre ai vincenti, squadra  o giocatore che siano, con valutazioni quasi sempre sommarie e non sempre obiettive non corrisponde certo a valutazioni propriamente competenti, perchè giudizi ponderati non possono che sortire da una contestualizzazione che non si fermi soltanto al presente. Platini e Zidane si imposero da fuoriclasse quali sono stati ma dopo un adattamento lungo e con qualche stento, altri hanno iniziato col botto e poi sono progressivamente scomparsi. Il calcio non è una scienza esatta, anzi non è neanche una scienza, sicchè viviamola sempre col senso critico del dubbio e con tutte le incertezze che rendono emozionante lo sport tutto. Intelligenti pauca.