La lite tra Infantino ed il gotha dei procuratori ribadisce ed acuisce un vizio di fondo che potrebbe avere effetti anche esplosivi sul sistema Calcio nella sua globalità.

Si è detto che i procuratori sono indispensabili in quanto i calciatori si affacciano al professionismo in un'età priva di esperienza e proprio questi personaggi servirebbero ad evitare che le società si approfittino economicamente del talento dei protagonisti; questo principio è stato forse valido alla nascita del fenomeno, ma si è progressivamente trasformato in un ribaltamento dei ruoli: sia economicamente che dal punto di vista mediatico (e, in qualche modo, sempre di economia parliamo).
D'altra parte, la FIFA o - più in generale - chi organizza e gestisce il calcio, dovrebbe avere tra i suoi ruoli quello della tutela dei protagonisti (ovvero i calciatori) emanando delle regole di protezione (ma non di protezionismo).

Ma quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi è qualcosa di totalmente diverso e vorrei provare qui a fare un'analisi che tenga conto di tutte le forze in campo, premettendo che la mia valutazione è generale e quindi possono esserci diversi casi che si discostano da questa realtà, pur senza modificarne il contenuto.

I calciatori vengono definiti professionisti: quindi, secondo questa definizione, ci si dovrebbe attendere che ragazzi di 20 anni (un'età di puro riferimento, intesa quale media) - o sempre più spesso anche meno - dovrebbero fornire prestazioni elevate in maniera costante. Tutti abbiamo avuto 20 anni e, talento o non talento, la testa di un ventenne non dovrebbe necessariamente prevedere equilibrio, maturità, capacità di concentrazione ed applicazione che garantiscano costanza. Vero è che questi ragazzi hanno innumerevoli privilegi (non solo di tipo economico), ma i "soft skills" sopra elencati non sono minimamente influenzati da privilegi di nessun tipo; piuttosto, l'influenza può essere data da cultura ed educazione e sappiamo che nella maggior parte dei casi esse sono piuttosto lacunose.

Possiamo quindi immaginare che i primi protagonisti (i calciatori) siano piuttosto manipolabili o quantomeno influenzabili e questa influenzabilità è principalmente nelle mani dei procuratori che - sia chiaro - non sono mostri; semplicemente, le società che gestiscono hanno degli obiettivi che non necessariamente coincidono con quelli dei calciatori. Devono generare denaro e questo fanno (per sé e per gli altri).

Non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che assistiamo sempre più frequentemente a casi di calciatori che a 20 anni già sono coscienti che giocheranno per un anno in una società ma che devono essere già pronti a passare ad un'altra in un tempo già definito, perché così si guadagna, oltre che nell'immediato, anche sul delta di rivendita successivo. Oppure un procuratore decide che un calciatore giocherà in una società, anche se il calciatore ne avrebbe preferita un'altra e questi esempi, a mio giudizio, influiscono non poco su quelle "prestazioni da professionista" che ci aspetteremmo dal nostro eroe, oltre ad essere un elemento che modifica sostanzialmente la programmazione economica delle società e favorisce accordi non propriamente alla luce del sole.

Ultimo, ma non meno importante, è il comportamento degli "organismi supremi" (FIFA etc), che non operano per combattere questa situazione partendo da valutazioni di tutela della continuità del "giocattolo" del quale parliamo, bensì cercando di limitare i danni relativamente alle risorse economiche in gioco, che si preferirebbe rimanessero all'interno dell'universo societario, anziché essere collocate all'esterno (il fatturato generato dalle società dei procuratori è all'esterno di questo universo).

In definitiva, come se il denaro funzionasse come una droga o contribuisse a gonfiare una bolla che, come la storia ci insegna da altri ambiti, prima o poi finirà per esplodere.

Sorprende, almeno alle belle coscienze, che tutti questi aspetti siano stati affrontati e, se non risolti, quantomeno migliorati nella nazione dove gli interessi economici hanno enorme priorità, così come l'interesse per lo sport (si potrebbe quindi guardare ad un esempio così chiaro per migliorare la situazione).

Credo sia semplice per tutti immaginare che negli USA il profitto in un'attività non sia certo in secondo piano; l'unica differenza è che negli sport professionistici americani si lavora con una visione più ampia e di più largo respiro, con l'obiettivo che tra 30 o 50 anni sarà ancora possibile avere una situazione come quella attuale.

Le società di rappresentanza degli sportivi non esistono praticamente più, il "salary cap" (non così impossibile da mutuare) calmiera le spese pazze delle società e tutto risulta in un equilibrio economico che, inevitabilmente, si travasa in quello sportivo (negli sport principali: Baseball, Football, Basket, Hockey l'alternanza delle squadre al vertice è mediamente maggiore che quanto riscontriamo nel calcio).

HIC ET NUNC, così ci si riferisce frequentemente al denaro: QUI E ORA. E sembra essere perfetto per chi gestisce le leve del comando del calcio, da qualunque parte si guardi. Non sembra esserci la volontà di andare verso gestioni oculate di lungo periodo, preferendo accaparrarsi tutto quanto possibile, appena possibile.

E' un rischio per la "durata del giocattolo", ma pochi sembrano vederlo.