Tutto nasce in Africa: il Vecchio Continente per eccellenza, la culla dell'Umanità, dove il primo uomo ha spalancato gli occhi e teso le mani verso il Sole.
Per questo motivo, l'Africa non può mancare in alcun discorso umano, dal più serio al più faceto: essendo il calcio (nella celebre definizione sacchiana) "la cosa più importante delle cose meno importanti", anche in questo umile blog pallonaro vogliamo declinare a nostro modo questo tema.
Noi rossoneri abbiamo vissuto il grande amore per "Re Leone" George Weah, centravanti liberiano dalle incommensurabili doti atletiche, tecniche ed umane, primo Pallone d'Oro africano (e finora unico) all'apertura del premio verso gli extra-europei nel 1995, oggi Presidente del suo amato Paese, la Liberia. Ci siamo innamorati delle sue incontenibili sgroppate, dei suoi imperiosi colpi di testa, dei suoi gol che valsero due tricolori sul finire degli Anni Novanta, ma ci siamo innamorati anche della sua decisione di giocare per la piccola Nazionale Liberiana, rifiutando le lusinghe dei vecchi colonizzatori francesi e rifiutando, di conseguenza, la possibilità di vincere un Campionato del Mondo nel 1998. Ci siamo innamorati della sua favola fatta di vita vera, del fuoriclasse celebre e miliardario che acquistava le maglie ed i biglietti aerei per i propri compagni, che pagava le spese di trasferta, che accettava (in qualità di giocatore più forte, di gran lunga, della squadra) di giocare come libero o come centrocampista centrale per evitare alla propria Nazionale di prendere "imbarcate" da selezioni più strutturate come Camerun o Nigeria.

Ma le origini di Weah e di tutti i calciatori africani che hanno fatto la storia del calcio europeo, da Eto'o a Manè, passando per Salah, Tourè e Drogba, vengono da molto lontano.
Il "football" viene introdotto nel Continente Nero, ovviamente, dai colonizzatori inglesi "maestri e fondatori" di questo gioco così come lo conosciamo oggi. La terra d'approdo è il Sudafrica, all’epoca parte dell’Impero Britannico, dove il calcio sbarca nel 1863. Le cronache dell’epoca raccontano di partite pionieristiche giocate a Città del Capo e a Johannesburg. Risale al 1879 la nascita della prima formazione, tale "Pietemaritzburg Country Football Club" composta esclusivamente da coloni bianchi, mentre nel 1880 nascono a Durban e a Johannesburg le prime squadre "interrazziali", aperte anche alla popolazione autoctona ed agli immigrati di origine indiana presenti sul territorio.
Nel 1882, sempre a Pietermaritzburg, viene fondato  il Savages Football Club, società ancora attiva e associata al Club of Pioniers, dove sono riunite le squadre più antiche del mondo: esattamente un decennio dopo, nasce la South Africa Football Association, prima federcalcio sudafricana si stampo fortemente razzista e quindi aperta solo ai bianchi, che tre anni dopo verrà affiliata alla federcalcio britannica. 
Nel 1906 una selezione sudafricana, una sorta di "bozza" di Nazionale, parte alla volta del Sudamerica per giocare alcuni incontri amichevoli in Argentina, Uruguay e Brasile, perdendo un solo match e battendo clamorosamente formazioni blasonate come il Quimels e il Belgrano.
In contemporanea, anche nel resto del continente il calcio si stava espandendo a macchia d'olio, sopratutto nelle colonie francesi: per esempio nel Maghreb, attuali Algeria, Tunisia e Marocco, ma anche nell’Egitto e nella Libia successiva all'Impero Ottomano, così come in Nigeria e nella Costa d’Oro (attuale Ghana).
Nei possedimenti francesi dell'Africa settentrionale, il gioco era praticato quasi esclusivamente da studenti e militari: nel 1894 nasce nella città algerina di Orano la polisportiva Club des Joyeusetés d’Oran, che dopo tre anni dalla fondazione inserirà tra le sue discipline sportive anche il gioco del football. Possiamo dire che il calcio nordafricano ha inizio proprio qui: nella medesima città vengono create altre società come il Club Athlétique Liberté d’Oran nel 1897, il Football Club Blidéen, il Gallia Club d’Oran e, nella vicina Sidi Bel Abbès, i legionari francesi appartenenti alla Prima Guarnigione fondavano lo Sporting Club de Bel Abbès. Nel 1913 nasce il primo club composto da musulmani: l'FC Mussulman, nella città di Mascara.
Anche nella vicina Tunisia il calcio è stato portato dai francesi: nel 1904, nella capitale Tunisi, nasce il primo club, il Rancing, ma il nuovo sport prospera sopratutto nelle scuole, con gli esempi del Lycée Carnot  e del College Sadiki. La Chiesa cattolica fonda la polisportiva Avant-garde de Tunis, mentre all’interno della folta comunità italiana vengono create ben due squadre: il Club Italia di Tunisi nel 1910 e il Savoia nel 1928. Anche la comunità ebraica è impegnata nella promozione calcistica e, nel 1919, fonda l’Union Sportive Tunisienne. Queste squadre saranno le prime a partecipare alla Ligue de Tunisie, il campionato di Tunisia che si disputò dal 1921 fino al 1956: il primo titolo lo vincerà proprio il Rancing Tunisi.
All’inizio degli anni Trenta la sfida classica era quella tra l’Union Sportive e l’Italia di Tunisi: i primi avevano vinto tre campionati, i secondi addirittura quattro e riusciranno nell'impresa del "triplete" nella stagione 1935-36, vincendo campionato, coppa nazionale e Coppa del Nord Africa (torneo che si disputava tra squadre algerine, tunisine e marocchine). Nel 1938, a sopresa, il Savoia si aggiudica il suo primo storico "scudetto tunisino" ponendo fine al dominio del binomio Union-Italia: la seconda guerra mondiale, scoppiata poco dopo, porrà fine al campionato.

Anche l'Italia ha avuto il suo ruolo nella nascita di un movimento calcistico in terra africana: in Libia il calcio arriva in contemporanea con la fine del conflitto tra Italia e Impero Ottomano. La prima squadra di cui si ha notizia è l’Unione Sportiva Bengasi, formata da coloni e autoctoni, mentre la comunità ebraica italiana di Tripoli fonda il Maccabi nel 1920, che sedici anni dopo sfiderà la Roma di Amedeo Amedei e Fulvio Bernardini.
Nascono club calcistici in tutta l'Africa italiana, squadre composte per lo più da militari e dopolavoristi: l’US Tripolina (Libia), l'AC Mogadiscio (Somalia), la Società Sportiva Amba Galliano Asmara, il Decamerè , il Massaua (Eritrea) e, in Etiopia, dopo l’occupazione della capitale Addis Abeba, l’AS Roma d’Etiopia.
Nel 1938 l’imprenditore Francesco Cicero di Martina Franca fonda, all'interno della propria azienda, una squadra di calcio dai colori sociali arancioni e costruisce, a proprie spese, il campo sportivo Cicero di Asmara. Nel 1949, con la guerra ormai alle spalle, la squadra si trasforma ufficialmente nel Gruppo Sportivo Asmara dai colori sociali rossoblù (aveva già vinto due campionati), sciogliendosi qualche anno dopo, mentre l’imprenditore Cicero prima di tornare in Italia decide di donare il campo Cicero alla Croce Rossa affinchè non cadesse in mano inglese. Dal 1993, lo Stadio Cicero, con una capienza di circa ventimila posti a sedere, è il campo di gioco della nazionale maggiore dell’Eritrea e del Red Sea, la squadra più forte del Paese con ben 13 campionati vinti.

Merita attenzione anche l'epopea del calcio marocchino: nel 1922, nella città di Tétouan, nasce il Moghreb Athlétic de Tétouan, squadra che militerà per una stagione nella Prima Divisone spagnola, giocando allo stadio di Varela. Con l’indipendenza del Marocco, ottenuta nel 1956, la squadra tornò a giocare nel neo-costituito campionato di di prima divisione marocchino.
A livello di grandi tornei internazionali, come sappiamo, il calcio che conta fino agli Anni Novanta è stato una questione quasi esclusiva tra Europa e Sud America. Eppure bisogna ricordare alcune apparizioni, sporadiche ma significative, di squadre del Continente Nero nei grandi tornei.
Ad aprire le porte del mondo all'Africa è stato il Marocco che nel Mondiale di Messico 1970 ottiene la prima qualificazione africana ad una Coppa del Mondo di calcio. L'esempio messicano viene seguito, quattro anni dopo dallo Zaire.
Certo, già nel 1966 il Ghana avrebbe potuto disputare il mondiale in Inghilterra, se non fosse stato per il boicottaggio della CAF (Confederation Africaine de Football) che decise di non presentare nazionali di sua competenza all'evento per motivazioni politiche. La FIFA, infatti, aveva deciso che, delle sedici contendenti alla Coppa del Mondo, un solo posto sarebbe stato riservato a tre continenti sommati: Africa, Asia e Oceania. Il capo dello sport del Ghana, Ohene Djan, gridando allo scandalo dall’alto del suo potere come membro del Comitato Esecutivo FIFA, aveva chiesto un posto per il solo Continente africano: dinanzi al rifiuto del governo del calcio mondiale, il Ghana decise di non partecipare al Mondiale.
A parte questi rari exploit, la massima attenzione calcistica era tutta improntata sulla Coppa d'Africa, competizione continentale inaugurata nel 1957 che per decenni ha avuto poco da dire da un punto di vista qualitativo, tecnico e tattico, non andando oltre il livello di un semplice torneo di tipo dilettantistico.
Un exploit che noi italiani ricordiamo con un certo (grande) imbarazzo è quello dello sconosciuto Zambia che alle Olimpiadi di Seul 1988 è stato in grado di battere con un umiliante 4-0 la selezione azzurra, la quale poteva schierare giocatori del calibro di Tassotti, Virdis, Colombo e Tacconi.
D'altronde proprio le Olimpiadi hanno riservato alle nazionali africane le maggiori soddisfazioni, fino ad oggi: merito della Nigeria (oro nel 1996, argento nel 2008, bronzo nel 2016), del Camerun (oro nel 2000) e del Ghana (bronzo nel 1992).

Ma l'anno che ha segnato la storia calcistica dell'Africa è il 1990, nel Mondiale delle Notti Magiche italiane alle quali il Camerun ha dato il suo contributo memorabile, mostrando al mondo che anche l'Africa avrebbe potuto dire la sua sul grande palcoscenico del calcio, grazie ad una organizzazione di gioco che non aveva nulla da invidiare a quella delle "vecchie" nazionali europee o sudamericane.
Il Camerun di Roger Milla (l'intramontabile detentore del record per il gol più “vecchio” in un Mondiale, segnato all'età di 42 anni ad USA '94) batte gli argentini di Maradona campioni in carica, batte i rumeni di Gheorghe Hagi e, agli ottavi, elimina la Colombia di Valderrama: per la prima volta una nazionale africana sitrova al tavolo delle migliori otto squadre al mondo. E' l'Inghilterra a porre fine al grande sogno iridato dei Leoni Indomabili, ma solo dopo i tempi supplementari e dopo essere stata in svantaggio fino al minuto numero ottantaquattro.
Il mondiale del Camerun però non sarà un caso isolato, come accadeva nel passato: da quel momento in poi diventa sempre più normale prendere in considerazione l'Africa e le sue nazionali come realtà calcistiche importanti, da rispettare e da temere. Nel Mondiale americano del 1994 è la Nigeria, anch'essa all'esordio, a destare scalpore per la qualità delle proprie prestazioni. Quella nazionale poteva contare tra le sue fila diversi nomi di caratura internazionale, che stavano facendo ed avrebbero fatto bene nelle squadre di club europee: si pensi a Okocha, Kanu, Ikpeba, Amunike, Oliseh, Yekini o Taribo West. Stavolta è l'Italia del Pallone d'Oro Roberto Baggio a porre fine al sogno africano, al termine di un ottavo di finale in cui i nigeriano non avrebbero certo demeritato l'accesso al turno successivo.

Il mondiale d'apertura del nuovo millennio, disputato in Giappone e Corea del Sud nel 2002, simboleggia un'ennesima apertura in senso globale del calcio: è la prima volta  che una Coppa del Mondo viene giocata in un continente diverso da Europa o America, ma sopratutto viene sancito l'allargamento del numero di squadre africane fino a cinque. In questa occasione, la sopresa del torneo è l'incredibile Senegal che, dopo aver battuto i francesi campioni in carica, elimina agli ottavi la Svezia e si ferma ai quarti davanti alla Turchia medaglia di bronzo.
La nascita di un Mondiale per Club, a partire dal 2005, che includesse anche i migliori club provenienti da Asia e, appunto, Africa (in sostituzione della vecchia Coppa Intercontinentale, riservata solo ai campioni d'Europa e Sudamerica) ha agevolato l'ingresso del calcio africano nel grande circuito internazionale: i congolesi del Mazembe nel 2010 ed i marocchini del Raja Casablanca nel 2013 arriveranno a sfidare i top club europei nelle rispettive finalissime, dopo aver eliminato i campioni sudamericani, finendo tuttavia per soccombere a Inter e Bayern Monaco.
Finalmente, nel 2010, un Campionato del Mondo FIFA approda in Africa: il Mondiale delle vuvuzela, in Sudafrica è il giusto coronamento di un viaggio lungo e tortuoso, cominciato proprio nel Paese martoriato dalla vergogna dell'apartheid oltre un secolo prima. Sarà il Ghana a tenere alta la bandiera del continente nero, facendosi eliminare ai quarti, ma soltanto ai rigori, dal fortissimo Uruguay di mister Tabarez, Suarez e Cavani.

Sebbene nelle edizioni del 2014 e del 2018 nessuna selezione africana sia riuscita a sedersi al prestigioso tavolo dei quarti di finale mondiali, la strada pare ormai tracciata ed ampiamente consolidata: il calcio africano è, a pieno titolo e con pieno merito, un elemento fondamentale del football del Terzo Millennio. 
E pare davvero giunta l'ora che il grandissimo George Weah non sia più l'unico africano col Pallone d'Oro in bacheca: siamo convinti che il Presidente liberiano ne sarebbe ben contento.