Siete stati più di mille a leggere le puntate di Debitopoli, un mio modo ironico ed al contempo malinconico, sicuramente umile, per raccontare la triste storia dei debiti nello strano mondo del pallone italiano. 
Con lo stesso taglio, spesso poco apprezzato, riviviamo questa storia tutta d'un fiato, come un vero e proprio romanzo: il romanzo di Debitopoli, quando il rosso dei bilanci sposa il verde del campo di gioco.

I RUGGENTI ANNI NOVANTA
1. LA LAZIO DI CRAGNOTTI
Sergio Cragnotti, astuto uomo di finanza romano, rileva la Lazio il 20 febbraio del 1992, dopo una lunga trattativa con il presidente Gianmarco Calleri e l'altro azionista di riferimento Renato Bocchi, per una cifra di 38 miliardi di lire: la storia del club biancoceleste sta cambiando radicalmente e per sempre. Il giovanissimo Sergio vive la propria infanzia nella Roma della seconda guerra mondiale, sotto i bombardamenti e l'occupazione tedesca. Frequenta le scuole fino a diplomarsi all'Istituto Tecnico Commerciale "Leonardo da Vinci", ma non è uno studente modello e preferisce le corse campestri ed il calcio all'oratorio allo studio matto e disperatissimo. 
Laureatosi, ha la prima grande occasione della vita nel 1969, quando si trasferisce in Brasile per seguire tre fabbriche di cemento nella regione di Sao Paulo, facendosi conoscere come valente uomo di finanza ed entrando nell'orbita d'affari di Serafino Ferruzzi, grande magnate italiano. 
Negli Anni Ottanta, Sergio Cragnotti fa il primo vero botto: prima si trasferisce a Parigi, dove aggancia la Beghin Say, un'azienda del ramo zuccherifici su richiesta di Raul Gardini. Poi, sul finire del decennio, raggiunge il vertice della Montedison prima come vicepresidente, poi come amministratore delegato: lo ribattezzano il "Re delle plusvalenze", soprannome molto esplicito per indicare la sua indiscussa capacità di comprare società a poco e rivenderle a tanto. Vende al raddoppio (rispetto al prezzo di mercato) i grandi magazzini Standa a Silvio Berlusconi, tratta con Romano Prodi la cessione di Eni, l'enigmatico Enrico Cuccia dice di lui: "Cragnotti sarebbe capace di vendere i frigoriferi agli eschimesi". Ma al di fuori dei mercati finanziari, non lo conosce praticamente nessuno, tanto più i tifosi della Lazio: lo conosce bene però Renato Bocchi, azionista del club, che nel 1991 lo presenta all'allora presidente biancoceleste Gian Marco Calleri.

UNA VITA PER LA LAZIO
Sergio Cragnotti, che aveva coltivato assieme al padre ed al fratello Giovanni la passione per la Lazio, entra in società in maniera defilata, rilevando una quota pari al 10%. Il suo biglietto da visita desta subito grande scalpore, andando ad acquistare, quando ancora non era entrato ufficialmente in società, il miglior giocatore inglese ed uno degli assi più grandi del panorama calcistico europeo dell'epoca: Paul "Gazza" Gascoigne.
La Lazio, che in quegli anni si barcamenava tra una salvezza e l'altra ed era reduce da diversi campionati di Serie B, ritrovava tra le proprie fila un top player mondiale, iniziando il lento programma di uscita dal tunnel della mediocrità. Solo il 20 febbraio 1992, circa un anno dopo, Calleri cederà tutte le sue azioni a Cragnotti che diventa ufficialmente Presidente della società, con il fratello Giovanni alla vicepresidenza e Lionello Celon come amministratore delegato.
Il nuovo patron comincia a costruire sin da subito una squadra importante, con fragorosi acquisti a suon di miliardi: arriva dal Foggia dei Miracoli di Zeman, per 11 miliardi di lire, l'attaccante Giuseppe Signori, mentre dalla Cremonese arrivano i tre nazionali Under 21 Dario Marcolin, Giuseppe Favalli e Mauro Bonomi, dall'Ajax il forte centrocampista e nazionale olandese Aaron Winter. Per marcare al meglio il cambio di rotta, dopo aver spostato la sede del club a Corso d'Italia, Cragnotti cerca un terreno dove edificare un centro sportivo di proprietà, iniziando in contemporanea la scalata alla Cirio. La squadra intanto ottiene la qualificazione alla Coppa UEFA, premessa per l'acquisto di nuovi campioni: su tutti Pierluigi Casiraghi, Roberto Di Matteo, il centravanti croato Alen Boksic, nonchè l'allenatore emergente Zdenek Zeman. Nel mezzo della bufera politico-finanziaria di Tangentopoli, anche il rampante Sergio viene arrestato per la maxi-tangente "Enimont", essendo rilasciato nel giro di pochi giorni. La stagione 1993/94 porta alla Lazio il 4° posto ed al centravanti laziale Beppe Signori il titolo di capocannoniere.
L'anno seguente i biancocelesti si piazzano addirittura secondi, mentre Cragnotti trova a Formello, a pochi chilometri da Roma, il luogo ideale per costruire un centro sportivo all'avanguardia. 

UN'AQUILA NEL CIELO
Nonostante i grandi investimenti e l'arrivo in biancoceleste della Furia Ceca Pavel Nedved, la Lazio di Cragnotti dopo cinque anni non ha ancora vinto nulla: la svolta arriva nel 1997, quando il presidente (incassata la contestazione degli ultras per la cessione dell'idolo Beppe Signori) strappa alla Sampdoria il fuoriclasse Roberto Mancini ed ingaggia il quotatissimo allenatore svedese Sven Goran Eriksson.
Il 29 aprile 1998, Cragnotti può sollevare il primo trofeo: la Coppa Italia, conquistata battendo in finale il Milan di Berlusconi, Fabio Capello e George Weah. Non riesce il bis pochi giorni dopo in Coppa Uefa: al Parco dei Principi di Parigi, gli uomini di Eriksson perdono la finale tutta italiana contro l'Inter del Fenomeno Ronaldo e di Gigi Simoni per un netto 3-0. Questo primo assaggio di successo carica ancora di più la voglia di affermarsi ai massimi livelli calcistici  dell'inarrestabile Sergio: nell'estate 1998, dopo aver acquistato il controllo della sudafricana Del Monte ed aver reso la Lazio la prima squadra italiana quotata in Borsa, sbarca alla Lazio per la cifra-record di 50 miliardi di lire il bomber Christian Vieri dall'Atletico Madrid, insieme a campioni del calibro internazionale di Marcelo Salas, Sergio Conceiçao, Dejan Stankovic, Sinisa Mihaijlovic, Fernando Couto. Il 19 maggio 1999, Sergio Cragnotti può alzare al cielo il primo trofeo internazionale della storia laziale, battendo a Birmingham il Real Mallorca per 2-1 e conquistando l'ultima edizione della Coppa delle Coppe. Purtroppo il sogno tricolore sfuma proprio nel finale di campionato, quando i biancocelesti si fanno rimontare e sorpassare clamorosamente dal Milan, sprecando un vantaggio di nove punti nelle ultime sette giornate.

IN CIMA 
In estate, Vieri viene ceduto all'Inter per 90 miliardi più Diego Pablo Simeone, mentre arriva dal Parma il centrocampista argentino Juan Sebastian Veron: la stagione 1999/00 inizia nel migliore dei modi, con la conquista della Supercoppa Europea ai danni del Manchester United a Montecarlo (1-0, gol di Salas).
Ma è il finale a regalare le maggiori emozioni: all'ultima giornata, il 14 maggio del 2000, con la Juventus che resta impantanata nel fango di Perugia, la Lazio torna Campione d'Italia dopo 26 anni, battendo la Reggina per 3-0
E' festa biancoceleste: Cragnotti diventa l'idolo assoluto per un intero popolo che impazzisce per le strade della capitale. Pochi giorni dopo la Lazio vince anche la Coppa Italia conquistando il Double, ovvero la vittoria nel campionato e nella coppa nazionale nella stessa stagione. Agli albori della stagione 2000/2001, con l'arrivo di Hernan Crespo per la cifra-record di 110 miliardi di lire, la Lazio si aggiudica la Supercoppa Italiana ma non riesce a ripetersi per il titolo tricolore, ottenendo un deludente terzo posto finale. Anche in Champions League, le cose vanno meno bene del previsto.

SUL FONDO 
Dopo i grandi successi ed i grandi acquisti a colpi di miliardi, il bilancio societario inizia a mostrare le prime preoccupanti crepe: l'amatissimo Cragnotti si vede costretto a vendere prima Pavel Nedved alla Juventus, poi addirittura il capitano e simbolo dell'universo laziale Alessandro Nesta al Milan.
​I tifosi scendono in piazza, scatenando proteste ed incidenti durante un'amichevole precampionato: il giocattolo si rompe ed inizia un'amara fase discendente per la Lazio e, sopratutto, per il suo proprietario.
Nel 2002 il default dei bond Cirio costringe Cragnotti a lasciare tutte le sue imprese, compresa la Lazio, nelle mani delle banche: è la fine. Nel 2003 Cragnotti viene iscritto sul registro degli indagati dalla Procura di Roma con l'accusa di bancarotta fraudolenta, mentre nel febbraio del 2004 viene arrestato e rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, venendo rilasciato solo ad agosto. Sotto la sua gestione, la squadra capitolina ha ottenuto i successi più importanti della propria storia, a livello italiano ed europeo, vincendo uno Scudetto (1999-2000), due Coppe Italia (1998, 2000), due Supercoppe Italiane (1998, 2000), una Coppa delle Coppe (1998-1999), una Supercoppa Europea (1999), piazzandosi al secondo posto nella Coppa UEFA 1997-1998 e nei campionati 1994-1995 e 1998-1999. Il 5 luglio del 2011, Cregnotti verrà riconosciuto colpevole per bancarotta del colosso agroalimentare Cirio e condannato a nove anni di reclusione, insieme al genero Filippo Fucile (4 anni e sei mesi) e i figli Andrea (4 anni), Elisabetta (3 anni) e Massimo (3 anni). Nel dicembre del 2016 sarà assolto dall'accusa di bancarotta in relazione al crac della società Cisim Food, perché il fatto non sussiste. Nell'ottobre del 2017, la Cassazione annullerà la sentenza di condanna in secondo grado (8 anni e 8 mesi di reclusione) per il crac Cirio, rinviando ad un nuovo processo la vicenda Bombril: per quest'ultima la Corte d’Appello ridurrà la pena a 5 anni e 3 mesi. Nel frattempo, la Lazio passerà a Claudio Lotito: ma questa è davvero tutt'altra storia.


2. IL PARMA DI TANZI
Un fenomeno praticamente unico nella storia più che secolare del calcio italiano: il club gialloblu è stato, per praticamente ottant'anni, poco più che una matricola. Fondato nel dicembre del 1913, dopo vari campionati disputati nelle categorie regionali e dopo che l'avvocato Ennio Tardini diede l'avvio alla costruzione dello stadio (a lui intitolato ancora oggi), nel 1924-1925 arriva la prima promozione nella massima categoria calcistica nazionale. Permanenza durata solo un anno, per poi proseguire tra Serie B e Serie C fino alla metà degli Anni Sessanta, quando i gialloblu parmigiani ripiombano nel calcio dilettantistico regionale. Col ritorno in Serie C nel 1970, il Parma vive due decenni di continui sali-scendi tra terza serie e cadetteria, nel quasi totale anonimato: sarà l'avvento sulla panchina di un giovane allenatore visionario, tale Arrigo Sacchi da Fusignano, a portare Parma alla ribalta dei grandi giornali nazionali, per la promozione in Serie B ma sopratutto per un calcio rivoluzionario rispetto ai parametri italici dell'epoca.  Ma la stagione della svolta è quella 1989/1990: mentre il grande ex Sacchi portava il Milan di Silvio Berlusconi, Gullit e Van Basten in cima all'Europa ed al Mondo per la seconda volta consecutiva, il presidente Ceresini imprime  una svolta storica alla storia del Parma, affidando la panchina della squadra al promettente tecnico Nevio Scala: suo malgrado, è stato l'ultimo dei suoi colpi di mercato, il presidente morirà improvvisamente durante la stagione e non potrà festeggiare coi suoi ragazzi il 4° posto finale che vale la prima promozione del club in Serie A. Il primo anno di serie A del Parma coincide in pratica con la fine dell’era Ceresini. Fulvio, figlio del compianto Ernesto, cede le quote di maggioranza a Calisto Tanzi, il quale diventa dunque proprietario del club, ampliando il proprio impero sportivo che comprendeva già una scuderia di F1 (la Brabham) e, tramite la succursale “Santal”, una delle squadre di pallavolo più importanti del Paese, il Santal Parma Volley.
Terminati i Mondiali casalinghi di Italia ’90, il Parma si appresta ad affrontare la prima stagione nel calcio dei grandi adoperando pochi ritocchi alla rosa, ma tutti di spessore: approdano alla corte di Nevio Scala l’attaccante svedese Brolin, il difensore belga Grun e il portiere brasiliano Taffarel. Il modulo base resta il 5-3-2, con Grun che va a completare il terzetto di centrali insieme ad Apolloni e capitan Minotti, mentre Brolin affianca Melli in attacco, a centrocampo Cuoghi, altro neoacquisto, fa compagnia a Zoratto e Osio. Il Parma mostra a tutti il proprio spirito e mette in seria difficoltà una serie di grandi squadre, battendo Napoli, Roma ed addirittura il grande Milan per 2-0, chiudendo al terzo posto il girone d’andata e centrando la qualificazione alla Coppa Uefa a fine stagione, a spese della Juventus che ne rimane esclusa. 

LA BELLA D'EUROPA 
Per la stagione 1991/1992, Tanzi pretende una conferma del club ad alti livelli: con l'arrivo di Antonio Benarrivo e Alberto Di Chiara, la squadra finisce settima in campionato ed esce al primo turno in Coppa Uefa, ma ottiene una storica vittoria in Coppa Italia contro la Juventus di Roberto Baggio, ribaltando a Parma (2-0) la sconfitta di misura subita a Torino. Tanzi può sollevare il suo primo trofeo, ma non intende certo fermarsi: la stagione successiva, oltre ad un eccellente terzo posto in campionato, la formazione guidata da Scala e trascinata dall'asso colombiano Faustino Asprilla vince la Coppa delle Coppe, superando nella cornice del leggendario Wembley di Londra i belgi dell'Anversa. E per il patriarca Calisto arriva anche il primo incredibile riconoscimento europeo: il piccolo Parma è sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo.
Nella parole di Nevio Scala: "Credo che lo spettacolo di stasera lascerà in noi un segno indelebile. Spero che chi ci ha accompagnato, sostenendo sacrifici economici e di tempo, si sia divertito e porti con sè questo ricordo”. Sull’onda lunga dell’ebbrezza suscitata dal primo trionfo internazionale, Tanzi continua a mettere mano al portafogli e regala ai tifosi l’estro di un talento sardo di nascita, ma napoletano e maradoniano d’adozione Gianfranco Zola, oltre all’esperto Massimo Crippa ed al coriaceo difensore argentino Nestor Sensini. Proprio Crippa e Sensini firmano il secondo successo europeo del Parma: la Supercoppa Europea vinta in doppia sfida contro il Milan stellare di Fabio Capello, ribaltando nei tempi supplementari di San Siro la sconfitta di misura casalinga. La stagione, per il resto, si chiude con un buon quarto posto che vale ancora la meritata qualificazione alle competizioni UEFA. E proprio la Coppa UEFA regala una gioia immensa nella stagione 1994/1995: con Zola e Dino Baggio assoluti protagonisti della cavalcata trionfale che si conclude, ancora una volta, con una finale tutta italiana contro la Juventus. Proprio due gol dell'ex di turno Dino Baggio decidono la doppia finale e consegnano nelle mani di Calisto Tanzi un altro, prestigiosissimo, trofeo europeo.

FINE DI UN AMORE
Coppa UEFA che rappresenta l’ultimo capitolo della storia d’amore tra Parma e Nevio Scala: il club comincia a perdere il proprio carattere “provinciale” e si fa sedurre dalle stelle del mercato estero, come l'ex Pallone d'Oro bulgaro Hristo Stoichkov, protagonista con la maglia del grande Barcellona di Cruijff.  Il suo acquisto per la cifra di 12 miliardi di lire risponde più alle esigenze di marketing del presidente Tanzi, voglioso di promuovere il marchio Parmalat negli USA, che a quelle tattiche di Scala: la stagione 1995/1996 si chiude con un deludente sesto posto, col talento bulgaro quasi sempre in ombra. 
Tanzi esonera Scala, artigiano illustre di tanti miracoli sportivi, e va a pescare nella vicina Reggio Emilia un tecnico emergente che a breve farà la storia del calcio europeo: Carlo Ancelotti, ex centrocampista di Roma, Milan e Nazionale. Il Parma continuerà a conoscere gloria anche dopo l’addio del suo primo grande creatore tecnico.
Con Alberto Malesani, succeduto ad Ancelotti nella guida della squadra, i gialloblu conquisteranno ancora una Coppa Italia (contro la Fiorentina) ed una Coppa UEFA (contro l'Olypique Marsiglia, 3-0 in finale unica), entrambe nella stagione di grazia 1998/1999, grazie ad una rosa di livello assoluto composta da fuoriclasse del calibro dei campioni del mondo  Gianluigi Buffon, Lilian Thuram, Fabio Cannavaro (poi Pallone d'Oro), nonchè Juan Sebastian Veron, Hernan Crespo ed Enrico Chiesa.
E' senza dubbio il Parma più forte (e piu indebitato) della storia: un vero top club europeo. La stagione seguente si apre con la vittoria di un'altra Supercoppa Italiana, in rimonta in casa del Milan tricolore di Zaccheroni, ma sono gli ultimi squilli di una squadra leggendaria ed il canto del cigno del suo patriarca: il 19 dicembre 2003 il castello di carta costruito nei decenni da Calisto Tanzi crolla sotto il peso della bancarotta fraudolenta, scrivendo la parola fine ad una multinazionale da 560 milioni di fatturato ed alla storia stupenda (ma fragile) del suo Grande Parma. Il conto finale gli è stato presentato poco tempo fa: 25 anni di reclusione è il calcolo definitivo della pena per Calisto Tanzi fatto dalla Corte d'appello di Bologna, che ha valutato il cumulo di tutte le condanne per l'ex patron di Parmalat. Il Crac Parmalat è considerato il più grande scandalo del genere perpetrato da una società privata in Europa, scoppiato nel 2003 sebbene verrà dimostrato come le difficoltà finanziarie dell'azienda fossero rilevabili già agli inizi degli Anni Novanta. L'ammanco lasciato dalla società di Collecchio, mascherato dal falso in bilancio, si aggirava sui quattordici miliardi di euro. Il Parma Calcio ha vissuto, in seguito allo scandalo, gli anni difficilissimi che tutti conosciamo, con il susseguirsi di proprietà fallimentari e la ripartenza dalla Serie D: risultato quasi necessario di quel decennio vissuto in cima al grande calcio d'Europa. E probabilmentemolto al di sopra delle proprie reali possibilità economiche. 


3. LA VIOLA DI CECCHI GORI
"Dico subito che non la vendo, piuttosto la disintegro con le mie mani. La comprò i' mi' babbo, è un fatto affettivo e adesso anche economicho". Parole e musica di Vittorio Cecchi Gori, grande imprenditore e produttore cinematografico, figlio di Mario Cecchi Gori, "padre" di tutti i grandi produttori cinematografici italiani. 
Padre (anzi 'babbo') e figliolo uniti nell'amore per il cinema e per la Fiorentina.

UN AFFARE DI FAMIGLIA
Mario inizia la carriera come autista di Dino De Laurentiis e di Vittorio De Sica, prima di cominciare la propria attività sul finire degli anni cinquanta con una serie di società di produzione riunite negli Anni Ottanta nella Cecchi Gori Silver Film e poi Cecchi Gori Group. Proprio a partire dal 1980, il figlio Vittorio inizia a collaborare con lui: nel 1990 la Mario & Vittorio Cecchi Gori si fonde con la Silvio Berlusconi Communications, dando vita al colosso Penta Film, azienda impegnata nella produzione e nella distribuzione sia cinematografica che televisiva. Nello stesso anno, quello del mondiale italiano, Mario diventa Presidente della Fiorentina, acquistando il pacchetto azionario dalla famiglia Pontello: terrà la carica fino al 1993, quando il figlio Vittorio ne prende il posto. I risultati sono alquanto mediocri, con la Fiorentina che chiude due stagioni nelle parti basse della classifica: l'unica soddisfazione per il popolo viola è l'arrivo a Firenze di un giovane centravanti che entrerà nella leggenda, un certo Gabriel Omar Batistuta. Proprio nella stagione 1992-1993, dopo cinquantaquattro anni consecutivi nella massima serie, i gigliati retrocedono in Serie B, nonostante la presenza in rosa di campioni del calibro del già citato Batigol, di Effenberg e di Mazinho: parte dalla categoria cadetta, quindi, l'avventura di Vittorio Cecchi Gori alla guida della Fiorentina.  Con Claudio Ranieri in panchina, Cecchi Gori Junior centra subito la promozione in Serie A e, come regalo, porta a Firenze il fantasista lusitano Manuel Rui Costa, che si afferma sin da subito come uno dei più grandi interpreti del ruolo di "trequartista" del decennio a livello mondiale. Il portoghese, dietro al micidiale Batistuta (subito capocannoniere di Serie A con 26 reti), forma una delle migliori coppie d'attacco d'Italia e d'Europa.

LA SETTIMA SORELLA
La stagione 1995/1996 è quella della consacrazione per il Presidente e per la squadra viola: la Fiorentina, dopo decenni, torna a sedersi al tavolo delle grandi, divenendo parte integrante delle cosiddette "Sette Sorelle", le sette squadre che ogni anno si giocavano la vittoria del Tricolore. Ancora con Claudio Ranieri in regia, i Viola lottano per lo scudetto con Milan e Juventus, cedendo il passo ai rossoneri di Fabio Capello nel finale di stagione, concludendo con un ottimo terzo posto insieme alla Lazio. Oltretutto, Vittorio Cecchi Gori può posare con orgoglio nella bacheca viola il primo trofeo della propria gestione: la Fiorentina, trascinata da uno straripante Batistuta, vince la Coppa Italia battendo in finale l'Atalanta sia all'andata che al ritorno. Anche la stagione successiva 1996/1997 si apre all'insegna di un trofeo, il secondo per il Presidente Vittorio: la Supercoppa italiana, vinta a San Siro contro il Milan grazie ad una doppietta del solito Gabriel Omar Batistuta. In campionato, gli uomini di Ranieri non riescono a ripetersi, concludendo con un deludente nono posto finale, mentre in Coppa delle Coppe i viola arrivano fino alle semifinali, eliminati solo dal fortissimo Barcellona del Fenomeno Ronaldo (che poi vincerà la competizione). Deluso dal risultato complessivo, Cecchi Gori esonera Ranieri ed affida la panchina panchina al giovane Alberto Malesani. Con il nuovo tecnico l'avvio è molto promettente, ma alla fine la squadra ottiene solo un quinto posto. Per alzare l'asticella, all'alba della stagione 1998/1999 Don Vittorio fa sedere sulla panchina viola il Re degli Allenatori italiani, il più vincente di tutti: mister Giovanni Trapattoni.  I Viola partirono alla grande e, al giro di boa del campionato, sono addirittura campioni d'Inverno davanti a Parma e Lazio. Ma nel girone di ritorno, l'infortunio muscolare subito da Batistuta e la fuga del "pazzo" Edmundo in Brasile per il carnevale spengono i sogni di gloria gigliati: la Fiorentina chiude al terzo posto, centrando comunque una storica qualificazione alla Champions League. In Coppa Italia, la squadra del Trap cede in finale contro il Parma dell'ex Malesani, con un doppio pareggio al sapore di amara beffa. A cavallo dei due Millenni, comincia il lento declino dell'armata gigliata capitanata da Vittorio Cecchi Gori. I crescenti problemi societari si palesano nelle cessioni illustri dei pezzi più pregiati della formazione viola: nell'estate del 2000 lasciano Firenze l'idolo Gabriel Batistuta (che andrà a vincere lo scudetto con la Roma di Totti e Fabio Capello) e mister Giovanni Trapattoni. Lo sostituisce in panchina il turco Fatih Terim, soprannominato in patria "L'imperatore": l'avvio di campionato è tutto sommato buono, grazie al gioco offensivo ed alle 22 reti di Enrico Chiesa, ma il tecnico viene esonerato sul finire della stagione per far posto a Roberto Mancini.  Il Mancio chiude al nono posto in campionato, ma guida la squadra alla vittoria in Coppa Italia grazie alla rivincita nella doppia finale con il Parma: è il terzo (ed ultimo) trofeo per Vittorio Cecchi Gori.

LA CADUTA
Il 27 giugno 2001 squarcia il cielo di Firenze l'istanza fallimentare del Tribunale nei confronti del club viola: viene ipotizzato lo stato d'insolvenza relativo alla cifra di 70 miliardi di lire arrivati nelle casse della società (dalla Roma per la cessione di Batistuta) ma sottratti dallo stesso Vittorio Cecchi Gori per girarli alla Fin.Ma.Vi, la finanziaria di famiglia.  
Sono ben 318 i miliardi di debito della Fiorentina che, per garantirsi l'iscrizione al campionato di Serie A 2001/2002, è costretta a cedere le ultime due colonne della squadra: il portiere Francesco Toldo (all'Inter) ed il numero dieci Manuel Rui Costa (al Milan), rispettivamente per 55 ed 85 miliardi di lire. Ciò permette alla Fiorentina d'iscriversi alla Serie A, ma non certo di risolvere tutti i problemi finanziari ed economici. 
Il 9 luglio 2001 Vittorio lascia la presidenza e apre alla vendita del club. La stagione, sul campo, comincia male con la netta sconfitta in finale di Supercoppa italiana contro la Roma, fuori dal campo prosegue ancora peggio con i calciatori che mettono in mora la società, rea di non aver pagato premi arretrati.
Il campionato si conclude con il penultimo posto e l'incredibile retrocessione in Serie B, dopo aver perso consecutivamente le ultime sei partite di campionato, chiudendo il torneo con 22 punti appena, frutto di 5 vittorie, 7 pareggi e ben 22 sconfitte; il Brescia quintultimo si salva con 40 punti, addirittura 18 in più dei toscani. Le 6 reti del brasiliano Adriano, in prestito dall'Inter, non bastano.
Ma purtroppo non è finita: il 18 aprile 2002, Vittorio Cecchi Gori viene rinviato a giudizio per falso in bilancio e appropriazione indebita, mentre 35 mila i tifosi viola scendono in piazza per chiedere la vendita immediata del club. 
Purtroppo non c'è tempo e modo: il 30 aprile la Co.vi.so.c boccia i conti del club, non approvando l'iscrizione al campionato di Serie B. Le aste per la Fiorentina vanno deserte e così, il 27 settembre 2002, la Fiorentina viene ufficialmente dichiarata fallita e cancellata dal calcio italiano, con tutti i calciatori della rosa immediatamente svincolati d'ufficio. Si ripartirà, tra lo sconcerto generale, dalla Serie C2 con un altro nome, quello di Florentia Viola, e un'altra proprietà, quella della famiglia Della Valle: ma questa è davvero un'altra storia.  Il 29 ottobre 2002 Vittorio Cecchi Gori viene arrestato per il fallimento della Fiorentina, nel novembre 2006, condannato in via definitiva dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione a tre anni e quattro mesi di reclusione. Nel 2009, sempre in seguito al fallimento del club, il Tribunale di Roma mette in vendita la residenza romana dell'imprenditore, un appartamento di 950 metri quadrati all'interno di Palazzo Borghese, valutato complessivamente oltre 24 milioni di euro.
Finisce così l'epopea di Cecchi Gori nel disastro e nella vergogna. Restano solo, nei tanti indomiti cuori viola, le lacrime, gli assist vellutati di Rui e la potenza esplosiva di Batigol.

Il romanzo di Debitopoli, questa nostra umile narrazione, finisce qui: purtroppo, al contrario delle favole, non vissero tutti felici e contenti.
E purtroppo, crediamo proprio che questo romanzo si arricchirà presto di nuovi capitoli.