La sveglia suona alle 8.30. Dopo un venerdì sera passato con gli amici, dormire solamente quattro ore è una vera mazzata, ma il pensiero di dover andare allo stadio in questo momento potrebbe darmi la forza di correre anche una maratona.
Ci vogliono due caffè per riprendermi, ma l'odore di cornetti caldi che esce dai bar della città è uno di quei profumi che dovrebbero diventare patrimonio nazionale.
Sfoglio distrattamente il giornale, vengo interrotto da una chiamata sul mio cellulare: sono i miei amici, ovviamente già pronti.
Torno a casa, prendo la solita sciarpa per scaramanzia, la bandiera ed esco.

Inizia a piovere, non era previsto. Continua a piovere, e a questo punto, i buoni propositi per una giornata di sole spariscono, ma non fa nulla: ci saremo sempre, che ci sia pioggia, sole o neve.
Non è un big match quello in scena oggi, giochiamo contro una "provinciale", eppure siamo in 30.000, di cui parecchie famiglie.
Ci sono nonni con l'ombrello che fanno la fila ai tornelli, impazienti, gruppi di amici che parlano già della prossima trasferta, e papà che pur di non far bagnare i propri figli, affondano i piedi in pozzanghere piene d'acqua. Manca poco al calcio d'inizio e si sentono i cori di chi è già dentro, le voci dei bambini felici, che per loro lo spettacolo è doppio.

Manca poco e sono dentro anch'io, manca poco e sono a casa, in curva nord.