Come è cambiato questo campionato. Squadre che fino a febbraio facevano una fatica assurda, ora giocano in maniera davvero molto spigliata, mentre squadre che prima della pausa sembravano inarrestabili, ora non riescono più a vincere. E Udinese e Lazio, che si sono affrontate ieri sera, rappresentano proprio i due estremi di questo paradossale cambiamento: l’Udinese, che prima della pausa rischiava di retrocedere, ora gioca un calcio ordinato e propositivo, capace di mettere in difficoltà una Lazio che prima della pandemia, una partita come quella di ieri sera forse l’avrebbe vinta ad occhi chiusi; quella post-Covid invece, ha rischiato di perderla parecchie volte, graziata dal palo esterno nel finale di partita.

Eutanasia Lazio
Ancora una volta, per la settima volta in appena venticinque giorni, Simone Inzaghi ha potuto cambiare poco e niente: giusto Luiz Felipe al posto dello squalificato Patric; per il resto, in campo è sceso tutto il blocco che finora (Immobile e Caicedo a parte, per via della squalifica contro il Milan) non ha mai riposato. Ed è forse questo il problema principale di una Lazio che sta provando a gettare il cuore oltre l’ostacolo, ma quando quell’ostacolo si chiama stanchezza – sia mentale che fisica – non si può far davvero nulla. Ivan Gotti prepara la gara contro la Lazio in ogni dettaglio: la scelta di rimanere tutti dietro la linea della palla in fase di non possesso, per poi ripartire in contropiede, sfruttando la velocità di Kevin Lasagna, non è certamente casuale. La squadra di Simone Inzaghi amministra il gioco, ma fa fatica a rendersi pericolosa e spesso, rischia di perire quando gli ospiti partono in contropiede.

Nel primo tempo il migliore in campo è Luis Alberto, che in un paio di occasioni riprende a inventare calcio come nelle migliori serate di questa Lazio: salta l’uomo, nasconde il pallone agli avversari, e prova a mandare in porta i compagni più e più volte. Ma Immobile, quello che finora più ne ha giovato delle magie di Luis, appare sempre più perso, fantasma del grande goleador che fu, quello capace di segnare ventinove reti in metà campionato. La stanchezza della Lazio, che ha condizionato in maniera negativa le gare contro Milan, Sassuolo e Lecce, è sempre più evidente. La squadra di Simone Inzaghi sembra entrare in campo mossa unicamente dalla forza della disperazione, nella speranza di portare a casa quei punti che servirebbero per ottenere la matematica certezza della Champions League, e poi salutare tutti, almeno fino a settembre. Ma non è così facile. Il calendario infatti, si fa sempre più ostico: lunedì sera allo Stadio Olimpico ci sarà la Juventus, e la Roma, che non convince ma riesce a vincere, si fa piano piano sempre più vicina.

3+1
Tre più uno fa ovviamente quattro. Quattro come i punti che servirebbero alla Lazio per avere la certezza matematica della partecipazione alla prossima Champions League, anche se dopo un girone di andata straordinario, chiudere la stagione accontentandosi di quattro punti in cinque partite non renderebbe proprio giustizia. Adesso lunedì sera c’è la Juventus, per uno scontro che fino a un mese, tutti avrebbero indicato come la più bella delle sliding door per lo scudetto che si siano viste negli ultimi dieci anni di Serie A. E invece il destino ha deciso di cambiare completamente rotta, offrendoci uno scontro che al massimo, potrebbe regalare ai biancocelesti la certezza della Champions League.
​Ma con una squadra ad un passo dall’eutanasia, come può Inzaghi sperare di battere la squadra di Maurizio Sarri?