Fino a qualche tempo fa, se un genio della lampada piovuto nella mia vita dal nulla mi avesse concesso di poter esprimere un solo ed unico desiderio – senza restrizioni di sorta, ovviamente – la mia risposta sarebbe stata forse un po’ banale. “Vorrei svegliarmi domattina e trovare un conto in banca di almeno dieci zeri”. Ecco sarebbe più o meno questa la richiesta che il genio della lampada avrebbe dovuto provvedere a realizzare. Ma fino a qualche tempo fa, precisamente prima di innamorarmi del calcio degli anni novanta e di quello che possiamo considerare come il Mondiale più bello che sia mai esistito: quello di USA '94.

Isolamento sociale e USA 94’

In questi difficili e interminabili giorni di isolamento sociale obbligatorio, c’è chi sta passando il proprio tempo libero – ad occhio e croce incrementato tipo del cento per cento – nei più svariati modi: chi si è riscoperto lettore, chi amante dei videogames e cosi via. Io invece, ho tirato fuori dai cumuli di polvere una marea di partite della Serie A degli anni novanta, un po’ per gioco, un po’ per curiosità. E il risultato è che me ne sono innamorato follemente, tanto che se quel genio mi si presentasse alla porta domani mattina, con ogni probabilità gli chiederei di tornare indietro nel tempo, per farmi nascere negli anni novanta. In realtà, la mia carta d’identità parla di un 23 marzo 1997, ma cosa vuoi che ne capisca di calcio un bambino di quattro anni? Ecco perché con estrema nonchalance sacrificherei volentieri quel conto in banca che tutti abbiamo sognato almeno una volta nella vita, per poter assistere da spettatore attivo all’Inter di Ronaldo “il fenomeno”, alla Lazio dello scudetto di Sven-Goran Eriksson o al Parma del miracolo, capace di diventare l’ultima squadra italiana a vincere la Coppa Uefa, trofeo che ora porta la denominazione di Europa League (che poi non è molto più entusiasmante “Coppa Uefa”?).
Così, in attesa dell’arrivo del mago capace di esaudire questo sogno, e dopo aver spulciato un miliardo di canali Youtube alla ricerca di vecchie repliche della Serie A che fu, si accese la lampadina: rivivere la Coppa del Mondo di USA 94’ come se tale competizione si stesse disputando in diretta. Insomma, un vero e proprio “mondiale per quarantenati”. Ovviamente, pur non avendolo vissuto nel lontano 1994, il problema degli spoiler si è presentato come un enorme, gigantesco, macigno. Nel nostro paese infatti, anche gli alberi, se solo avessero parola, potrebbero raccontare a memoria quei disgraziati attimi del famoso rigore calciato un po’ troppo alto da Roberto Baggio. Ma bene o male, nella mia mente c’erano solo le immagini di quel Italia-Brasile, e non tutto ciò che è stato la causa, di quel Italia-Brasile.

52 partite per capire un amore

Il tempo a mia disposizione era pressoché illimitato, così ecco l’idea folle: incaricare mia sorella (ignara di cosa fosse USA 94’) di compilare le classifiche di partenza dei gironi, e poi di scaricare, sempre tramite Youtube, le rispettive partite, in modo da non incappare nel risultato finale. Fatiche a parte, tutto è andato secondo i piani.
In appena due settimane mi sono ritrovato a tifare per la Bulgaria di Stoichkov, la Romania di Hagi, l’Argentina di Diego Armando Maradona, ma non solo; mi sono emozionato quando l’Arabia Saudita è riuscita a strappare la qualificazione agli ottavi di finale dopo aver battuto il Belgio, e allo stesso tempo, ho quasi pianto quando la Germania ha eliminato un Belgio che forse avrebbe meritato di più.
Dal confronto tra Spagna e Corea del Sud (all’epoca non erano ancora le squadre ospitanti a dare il via alla competizione) fino alla stupenda finale tra Italia e Brasile, il mondiale di USA '94 è stato un vero e proprio lunapark di emozioni; è vero, forse perché un mondiale di calcio riesce sempre a lasciarci qualcosa, ma in questo caso è stato diverso. Quello disputatosi negli Stati Uniti infatti, oltre ad essere stato uno dei mondiali di calcio più equilibrati che si siano mai disputati, è stato l’ultimo in cui il calcio si è riuscito a mostrare ancora genuino. Ogni singola partita di quella competizione infatti, trasuda tutt’ora genuinità, “amore per il calcio”. Forse rivedendole oggi, a distanza di ventisei anni, l’effetto è sicuramente amplificato dalla nostalgia, ma quelle partite esprimono alla perfezione ciò che è stato il calcio degli anni novanta: una realtà che stava imparando a mutare giorno dopo giorno, nel bene o nel male.

La nascita del marketing calcistico

Quello disputatosi nel paese della NFL e della NBA, però, è stato anche il Mondiale che ha saputo dimostrare al calcio la propria consapevolezza per quanto riguarda il potere economico. Gli americani infatti, non certamente per frutto del caso sono considerati i più bravi nel vendere un prodotto: la NBA era già allora – e lo è tutt’ora – un vero e proprio “entertainment” televisivo. Non a caso i cognomi sulle maglie dei calciatori in un Mondiale comparvero proprio in occasione di USA 94’, per due motivi: il primo, fu ovviamente per aumentare il merchandising legato attorno ai nomi di giocatori come Baggio e Maradona, le star assolute di quel mondiale (su quest’ultimo ci sarebbe poi da aprire una parentesi legata all’esclusione per doping), ma il più importante riguarda i fini televisivi: con un nome sulle spalle da inquadrare infatti, cambiarono – e in maniera drastica – le riprese della televisione. Il calcio divenne più facile da guardare in televisione, ma soprattutto, divenne consapevole del proprio potere economico. Appena un anno prima del Mondiale americano, in Italia, la pay-tv di Tele+ firma un accordo con la Lega Calcio, dando il via all’era degli anticipi e dei posticipi di Serie A e Serie B. Un accordo che fece entrare nelle casse del calcio italiano, 44,8 miliardi di lire. Quello messo in atto da Tele+ fu un vero e proprio smacco verso la Rai, che ricambiò assicurandosi oltre 300 ore di dirette tra radio e televisione per i mondiali del 1994. Era appena nata la lotta ai diritti televisivi del calcio.

Sotto il sole cocente

C’è un elemento che contraddistingue da tutti gli altri Mondiali, quello di USA '94: il caldo. La prova che quello disputatosi negli Stati Uniti sia stato principalmente un grosso affare commerciale per le tasche della Fifa, è fin troppo chiara. Le partite di quel mondiale infatti, nonostante un fuso orario decisamente scomodo per gli europei, ovvero i principali fruitori della competizione, si sono giocate in orari a noi comodi. Il che matematicamente ci porta a un dato di fatto: mentre in Italia una partita come Romania-Argentina andava in onda alle 22:30, dall’altra parte del mondo, al Rose Bowl di Pasadena, le lancette segnavano le 16:30, c’erano all’incirca 35° di temperatura e il dato dell’umidità aveva raggiunto il 74%. Condizioni davvero impossibili per giocare a calcio, e che rivedremo solamente nel 2010, in occasione di un’altra grossa mossa commerciale per il calcio mondiale: i mondiali in Sudafrica, la prima competizione Mondiale nel continente africano.