Dura. Anzi, impossibile sorridere di domenica mattina dopo un sabato così amaro. Amaro perché nonostante il capitombolo era cosa annunciata già dall’esatto momento in cui a Torino, l’arbitro Massa ha ammonito un Ciro Immobile diffidato, tutti eravamo convinti di potercela fare. Che così come già successo mille altre volte, alla fine pur se decimati, Simone Inzaghi e i suoi sarebbero riusciti a gettare il cuore oltre l’ostacolo anche questa volta.
Ci siamo affidati a Milinkovic-Savic, Luis Alberto e Correa, nella speranza che questi tre campioni potessero tirare fuori dal cilindro un’altra ennesima magia, ma così non è stato, non questa volta. Dall’altra parte invece, c’è stato un Milan che descrivere usando aggettivi superlativi come hanno fatto in molti, non renderebbe giustizia ai fatti. La squadra di Pioli ha infatti svolto il suo compitino in maniera impeccabile, è vero, ma non è mai “andata oltre”: accerchiando Correa è stata tolta alla Lazio quel minimo di fantasia in fase offensiva; mentre costringendo Luis Alberto ad abbassarsi per ricevere il pallone, il Milan è riuscito a privare i suoi avversari di una caratteristica fondamentale, ovvero la profondità.
Due mosse semplici, forse anche prevedibili, ma che si sono rivelate dannatamente efficaci. È racchiusa tutta qui la partita del Milan, che per sbloccare il risultato e per raddoppiarlo, si è poi affidato a due episodi: il goal di Chanaloglu, viziato da una deviazione di Parolo, e il rigore trasformato da Zlatan Ibrahimovic. Riassumendo, c’è una citazione perfetta per descrivere ciò che è stato questo Lazio-Milan: “quando l’uomo con la pistola incontra l’uomo con il fucile, l’uomo con la pistola è un uomo morto”.

Sliding doors campionato
Il destino del campionato ha preso una direzione ben precisa, ma guai a pensare che non possa cambiare di nuovo. La settimana che verrà infatti, sarà decisiva: riuscirà la Juventus (che adesso vanta un vantaggio di ben sette punti) a superare Milan e Atalanta? Come risponderà la Lazio alla batosta rimediata all’Olimpico? Il calendario, per uno strano scherzo del destino, è adesso favorevole a chi insegue. Simone Inzaghi e i suoi ragazzi – ma anche gli stessi tifosi biancocelesti – dovranno guardarsi in faccia l’un l’altro: metabolizzare il dolore è un’operazione dolorosa quanto utile e necessaria ad andare avanti. Il campionato non è ancora finito, la matematica – di certo non la fortuna – è dalla parte dei laziali, e i giochi, anche se più difficili, non si sono di certo fatti ancora impossibili. Arrendersi adesso sarebbe solo da stupidi.

Capitolo tifosi
Un capitolo a parte riguarda i tifosi, che ora si dividono in due categorie: quelli che hanno smesso di crederci, e quelli che invece credono che il sogno sia ancora possibile. Impossibile schierarsi, nonostante l’ago della bilancia tenda più dalla parte della Juventus che da quella della Lazio. Il calcio spesso si sottrae alla logica, e sono proprio quelli i momenti per cui amare Il Gioco. Il goal di Calori in quel Perugia-Juventus del campionato 1999-2000, in un pomeriggio che più dalla realtà sembrasse provenire da una vera e propria favola, ne è il palese esempio. Anche in quell’occasione i giochi sembravano già fatti, e invece sappiamo tutti come andò a finire. Va bene schierarsi dunque, perché si gioca ogni tre giorni, con il caldo, e quindi da qui alla settimana prossima potrebbe accadere di tutto; da una conferma di supremazia juventina fino ad un clamoroso nuovo colpo di scena. Ma criticare una squadra che ha letteralmente messo in piedi due veri miracoli, proprio no. Solamente un anno fa la Lazio terminava il campionato 2018-2019 all’ottavo posto in classifica, dietro al Torino. In questa stagione invece, è riuscita a battere la Juventus due volte in una settimana (gara di andata all’Olimpico e finale di Supercoppa Italiana); Inter e Napoli tra le mura amiche, e come se non bastasse, ha coltivato e fatto coltivare ai propri tifosi il sogno dello scudetto. Tanto di cappello.