Dal profilo Twitter ufficiale di Zlatan Ibrahimovic, testuale: "In ZLATAN’s world there is no place for RACISM. We are all the same race - we are all equal !! We are all PLAYERS some better then others".

Tradotto: "Nel mondo di Zlatan non c'è alcun posto per il razzismo. Siamo tutti la stessa razza - siamo tutti uguali!! Siamo tutti giocatori, alcuni migliori di altri".

A modo suo, con tanto di frecciatina finale al mondo in pieno stile-Ibra, il fuoriclasse del Milan interviene per chiarire quanto accaduto nel derby di Coppa Italia. Aveva già chiesto scusa ai compagni di squadra, negli spogliatoi al termine del match, per averli lasciati in dieci uomini, chiarendo ancora (ma non ce n'era bisogno..) che nelle sue parole non c'era alcun riferimento di stampo razzista. 

Per la cronaca, nessun chiarimento e nessuna scusa dal fronte-Lukaku: il buon Romelu, il ragazzone incapace di qualsiasi azione violenta o molesta, che aveva solo urlato all'avversario amenità riguardanti mogli abusate sessualmente, madri prostitute e spari in testa.

Eppure, al mondo dei media generalisti e general-buonisti, ai maestri del politically correct e del click-baiting d'assalto, tutto ciò non basta. 

Si parte da chi, in cattiva fede, continua a mescolare i termini "Donkey" e "Monkey", alludendo al fatto che Ibrahimovic avesse voluto dare della "scimmia" e non dell' "asino" all'ex compagno di squadra. Ignorando, in quanto ignoranti per definizione, che il termine "donkey" (letteralmente "asino", appunto) nel gergo calcistico britannico viene utilizzato per definire in modo sarcastico un giocatore forte fisicamente ma tecnicamente incapace: una schiappa, insomma.  Da "Dictionary.com", testuale: "British slang, derogatory - a footballer known for his or her lack of skill - the players are a bunch of overpriced and overrated donkeys". Tradotto: "Slang, derogatorio - un calciatore conosciuto per la sua mancanza di capacità tecnica - i calciatori sono un mucchio di asini sopravvalutati".

Quindi Ibrahimovic, definendo Big Rom Lukaku un "donkey", voleva apostrofarlo come schiappa. E' un reato di lesa maestà? No. E se anche lo fosse, ce ne faremmo tutti una ragione. Tutti sappiamo, ovviamente, che Lukaku non è assolutamente un "donkey" calcistico: è un giocatore dotato a livello sia fisico che tecnico, un grande campione ed un grande atleta, oltre che un professionista finora esemplare. Lo sappiamo noi, lo sa Ibrahimovic, lo sanno tutti: a noi piace essere intellettualmente onesti, le polemche strumentali sono materia d'altri. E sappiamo benissimo che Lukaku non ha e non aveva alcuna intenzione di sparare in testa nessuno. Parliamo di una vicenda nata e morta in campo, con due uomini grandi e grossi che stavano litigando, quindi le "parole di troppo" ci stanno: vanno stigmatizzate, ma non vanno montate ad arte per ottenere titoli maliziosi. Non ci aspettiamo poesie e mazzi di fiori, insomma.

La storia, in un mondo mediamente intelligente, sarebbe finita qua.

Ed invece no! Nel ridicolo bailamme mediatico, perde l'ennesima occasione di stare zitto il presidente del Codacons (ente a difesa dei consumatori) tale signor Carlo Rienzi, che dichiara: “Dopo gli insulti razzisti da parte di Ibrahimovic nel corso del diverbio con Lukaku appare impensabile far intervenire il calciatore come ospite d’onore al Festival di Sanremo. La Rai rischierebbe infatti di far passare l’errato messaggio che l’azienda avalla il razzismo, dando un posto d’onore ad un calciatore che si è reso protagonista di un episodio odioso”.

Quindi, contro ogni prova documentale audio-video, contro ogni tipo di buon senso, contro la realtà dei fatti, contro l'oggettività della vicenda, contro le stesse dichiarazioni di giocatori e tecnici interisti in campo, contro l'universo intero, tale signor Carlo Rienzi continua ad asserire la tesi del razzismo e degli insulti razziali.  Non valgono a nulla neanche le dichiarazioni in TV di Barella e Conte, avversari di Ibra, compagni di Lukaku che erano a pochi metri dal fatto e che hanno parlato espressamente di "cose di campo". Niente di razzista, niente di grave, niente di niente. Non valgono, ovviamente, neanche i referti ufficiali dell'arbitro, che era proprio in mezzo alla baruffa ed ha optato per due semplici cartellini gialli.

Sarebbe il caso che Zlatan Ibrahimovic e l'AC Milan cominciassero a difendere se stessi ed il proprio onore nelle sedi opportune, ponendo fine a questo tiro al bersaglio che potrebbe avere conseguenze pesanti per tutti, a suon di querele e richieste di risarcimento. La procura federale, probabilmente, aprirà un'inchiesta: più un atto dovuto che altro, ma è sempre meglio stare con le antenne alzate e prevenire spiacevoli sorprese, che un clima mediatico ostile può agevolare.

Se poi la RAI e Amadeus accettassero il consiglio di quei geniacci del Codacons e dell'ineffabile Carlo Rienzi, decidendo di annullare la presenza di Ibrahimovic al Festival di Sanremo, non potremmo che essere d'accordo e grati agli uni ed agli altri. Non avremmo Zlatan come ospite d'onore all'Ariston ma ce l'avremmo, bello carico, a Milanello: la stupidità, a volte, paga.