Forse il miglior Mughini direbbe "Io aborro", forse contornato da una 'r' più signorile. Ma quanti come lui sono degli stuzzicati che non ci stanno? Tanti. Mi viene da pensare a Vittorio Sgarbi,Roberto D'Agostino,Gigi Buffon,Zinedine Zidane,Emilio Fede ecc. Eppure se loro desistono dopo una rosicata e forse poi riguardandosi ci ridono sopra, molte persone comuni se erano rosicone, restano rosicone, chissà perchè...

Io non tifo il calcio italiano, ma bensì - come detto in un mio articolo precedente - sono un sostenitore del Rosenborg. Sono stato in Norvegia ben due volte a vedere la mia squadra del cuore, che sostengo dall'età di 14 anni e che non la cambierei per nulla al mondo.
Molti mi hanno sempre detto perchè non avevo una fede calcistica per una squadra italiana, la mia risposta è sempre stata "Non tifo le squadre italiane non solo perchè lo vedevo e lo vedo troppo difensivista, ma soprattutto perchè c'è una visione distorta delle persone che tifano il calcio italiano, la rosicaggine".
Già quando sono stato a Trondheim a vedere Rosenborg-Brann (una delle sfide più accese in Norvegia), nello stadio c'era una bolgia, tutto esaurito, eppure non ci sono mai stati cori contro tra tifoserie, cori razziali e cose varie, era una grande festa, certo lo spirito combattivo c'era, ma lo si manifestava soltanto a favore dei propri giocatori, della propria squadra, come a dire "Noi sosteniamo la nostra squadra".
In Italia ogni settimana vedevo e vedo sempre le stesse cose, partite, cori insentibili, bombe carta, insulti, ma poi la partita non finisce in campo, iniziano le polemiche, settimane su settimane a parlare sempre e solo di quel fallo, di quel giallo, uno schifo assurdo.

In Norvegia, una volta usciti dallo stadio, già ci si è dimenticati della partita e si pensa alla prossima, ma con tranquillità, visto che non c'è la voracità come in Italia, che non vedono l'ora di vedere la prossima, lì si vive in tranquillità, diciamo che quando raggiungi certi lidi, senti la differenza.

In Italia siamo abituati a caciarate per strada, gente che urla e bestemmia ad alta voce, lì c'è la quiete, sì forse per i più scalmanati non è il posto ideale, ma è come se staccassi la spina, come quando ti distendi nel mare e resti a galla alle 6 del mattino di un'estate caldissima, la quiete regna in quei posti, un paradiso incredibile.
Se in Italia, dopo tre giorni vedi persone che si attaccano per una partita, in Norvegia al di fuori dello stadio non si parla mai di calcio, non c'è quella rivalità tra tifosi, tutto è ospitale.
Il norvegese non sa cosa significa rosicare, infatti quando sono stato lì la prima volta ho chiesto ad un altro sostenitore del Rosenborg "Tra tifosi vi siete mai azzuffati per una partita?", lui quasi incredulo mi ha detto "Azzuffarci? No, qui al termine della partita siamo tutti amici come prima. Chi si picchia per persone che guadagnano dieci volte uno stipendio medio, non ne vale la pena. Ma perchè mi fai questa domanda?", io gli ho spiegato come funziona il calcio italiano "Sai in Italia si parla ancora di partite degli anni 70-80-90 e questo porta ancora molta discussione. Dal gol di un certo Turone, al contatto Iuliano-Ronaldo. C'è un astio verso la Juventus, rea secondo molti di vari furti in Italia", lui mi ha risposto "La Juventus è la squadra più forte d'Italia, così come il Rosenborg qui in Norvegia, ma c'è una differenza: in Italia si guarda solo ed esclusivamente all'arbitro, mentre la gente si dovrebbe focalizzare sulla propria squadra e chiedersi... perché la nostra squadra non vince? Se ogni volta che si perde si pensa a trovare un colpevole al di fuori della squadra, allora non si è in buona fede, ma si vuole addossare la colpa per forza a qualcosa o qualcuno. Noi, come te, siamo tifosi del Rosenborg e in quelle due occasioni hai visto come ci comportiamo in campo e fuori. Non cerchiamo mai di attaccare l'avversario, non è nel nostro DNA, noi siamo soltanto tifosi del Rosenborg, stimiamo gli avversari dalla più temibile alla meno, ma ci rispettiamo a vicenda. Ti faccio una domanda... Un tifoso dell'Inter metterebbe mai la maglia della Juventus?", ecco qui non potevo non rispondere "No, ma che scherzi? C'è un odio infinito tra queste due squadre, sono anni che si azzuffano, ripicche su ripicche, quindi credo che un interista che indossa la maglia della Juventus o viceversa, in Italia sarebbe preso come un traditore".
Alla mia risposta il nostro amico norvegese si è sbigottito e fatto una grassa risata "Ma davvero mi stai dicendo? Ahahahahah". Beh quando gli ho detto che molte amicizie sono finite per una partita, si è inalberato "Ma come si può litigare con un amico per una partita di calcio? Io ho amici delle peggiori rivali della nostra squadra, eppure non mi sognerei mai di litigare con loro per persone che guadagnano almeno 10 volte il mio stipendio. Un amico è un amico, può succedere di tutto in campo, ma non si può discutere e addirittura arrivare a non parlarsi più per una partita.
La gente, i tifosi, devono capire che lo stadio deve essere un divertimento e non un luogo di guerra, lo stadio è un posto dove noi portiamo i nostri figli, le nostre famiglie. Lo stadio deve essere un luogo tranquillo altrimenti non è uno spettacolo ma solo un ring dove si lotta, e questo non è il calcio".
Anche se le tragedie le ricorda anche lui "Beh quando penso ad una tragedia nel calcio, non posso non ricordare l'Heysel, quell'anno fu davvero la morte non solo di quelle persone, ma del calcio in generale. Quel giorno credo che non lo dimenticherò mai più, fu un lutto talmente forte che avrebbe dovuto portare a delle novità, mentre chi comanda non ha fatto un bel nulla. Non seguo il calcio europeo se non la Champions League o l'Europa Lrague, anche se come ben sai noi seguiamo solo la nostra squadra, mentre gli altri giorni preferiamo uscire o stare in famiglia. La nostra squadra è una fede, ma non una malattia, visto che la vediamo molto diversamente da molti tifosi europei, quelli che non vivono se non leggono le notizie della propria squadra, che non mangiano per la rabbia, che si attaccano, e chi più ne ha più ne metta. Noi la viviamo serenamente, quando andiamo allo stadio è come se andassimo ogni volta ad un compleanno o una festa in generale, i nostri figli sono felici come quando ricevono un regalo, si va si canta, si esulta, e si torna a casa sempre con la felicità nel cuore, anche dopo una sconfitta. Non credo ci si possa sconfortare per una sconfitta, certo lì per lì ci si rimane male, ma troviamo poi il modo per non pensarci più di tanto".

Forse il calcio italiano dovrebbe imparare da questi paesi, dove il calcio è calcio e non una malattia che porta solo a logorare l'anima e rovinare le amicizie.