Nei giorni scorsi, l’anticipazione riportata dal sito footy headlines sul prossimo matrimonio tra la AsRoma e il fornitore tecnico Adidas, ha trovato una discreta eco sui media calcistici.
Un’anticipazione, per altro corredata di interessanti dettagli commerciali. Come ad esempio l’eventuale inserimento dei giallorossi nel novero delle squadre Premium, la classificazione che per il brand tedesco consiste in un trattamento alla stregua di club come Ajax e Celtic, un gradino sotto alla sponsorizzazione formato Elite riservata a Real, Juve, Bayern e United.
In ogni caso poco male per i capitolini, giacché quest’accordo pluriennale rappresenterebbe comunque un sostanziale upgrade in termini di vantaggi economici rispetto alle precedenti collaborazioni, portando la Roma immediatamente a ridosso dei club italiani più remunerati in quest’ambito.

Una volta analizzato grossolanamente l’aspetto finanziario dell’operazione che potrebbe ufficializzarsi nei prossimi mesi, torno nel territorio che mi è più congeniale: la rievocazione di un calcio lontano e romantico che periodicamente provo a liberare da metaforiche ragnatele.
Sì, perché il binomio Roma-Adidas non è un inedito, ed è bastato l’articolo di footy headlines per riportarmi alla mente alcuni fotogrammi anni ’90. Sono delle immagini nitide, come trasportate all’attualità da un’ideale DeLorean che nel suo viaggio temporale ha annientato i trent’anni trascorsi.

Roma & Adidas. Non ho bisogno di cercarla con Google per avere davanti agli occhi la foto di Carlo Mazzone, con indosso la tuta Adidas in acetato blu, così aderente alla veracità del tecnico romano, da renderla molto più coerente con la sua essenza di uomo di campo, dell’ordinario completo societario che veste in altre circostanze durante la stagione 1993-94.
Non sembra così consumata dal tempo, neanche l’istantanea raffigurante un ragazzino di 16 anni, che con addosso la maglia rossa in poliestere lucido sponsorizzata “Barilla” entra in campo negli ultimi spiccioli di un primaverile Brescia-Roma.
Eppure è il lontano 28 marzo 1993, e il ragazzino che ha appena debuttato in serie A diventerà nel tempo una delle più incredibili leggende del calcio moderno: Francesco Totti.
Infine in cima al podio dei miei ricordi romanisti targati Adidas, l’immagine della splendida e sfortunata maglia blu in foto.
Realizzata in fretta attingendo allo sterminato catalogo del marchio delle tre strisce, (è infatti null’altro che un riciclo della grafica già utilizzata per la divisa della Germania) questa maglia deve la sua inattesa apparizione agli eventi determinati dallo snodarsi della stagione agonistica 1991-92.
Questi i fatti: al tempo la cosiddetta terza divisa, è una dotazione spesso neanche prevista, e la prassi è rispettata anche alla Roma, dove gli essenziali completi in rosso o bianco delle due divise istituzionali bastano di solito per coprire l’intera stagione.
Il problema quell’anno si pone ai quarti di Coppa delle Coppe, quando il sorteggio abbina alla Roma i francesi del Monaco.
I monegaschi, con la loro caratteristica maglia diagonalmente divisa in due metà bianche e rosse (in araldica si definirebbe trinciata), non possono essere affrontati, quantomeno in occasione dell’andata in trasferta, con le mute fino a quel momento a disposizione.
Ecco la ragione per cui nella primavera del 1992, spunta nei negozi di abbigliamento sportivo questa curiosa variante blu con finiture giallorosse.
A me piace subito, e molto. Tanto da convincermi immediatamente ad un impegnativo acquisto.
In realtà per sfoggiare a calcetto con gli amici la mia preziosa replica, dovrò aspettare un po’, visto che quando scende in campo quella vera, sulle spalle dei miei beniamini, le cose non vanno per il meglio.
Indossata all’andata nel Principato, termina il suo debutto ufficiale con una sconfitta (0-1) cui non riusciamo a rimediare nel ritorno: con un’amara eliminazione, la Roma si congeda per sempre dalla Coppa delle Coppe.
Nel resto della stagione poi, non si propone più la necessità cromatica di quella divisa, il che, con una comprensibile dose di scaramanzia, ne sancisce un sollecito confinamento al meritato dimenticatoio.
Nell’estate del '94, anche il sodalizio col marchio in questione cesserà. Il logo Adidas sarà sostituito sulle maglie giallorosse da quello giapponese Asics.

Trascorre ancora qualche stagione, e ricompare una terza maglia blu: la versione proposta da Kappa le regala una parziale riabilitazione vestendo la Roma in un paio di trasferte vincenti sul percorso del campionato che porterà al terzo scudetto.
Poi dopo un decennio di assenza, un anno fa, ecco improvvisa ed incauta la riproposizione di New Balance, col suo completo blu che esordisce nella disastrosa serata del tracollo col Bodo Glimt.
Il fragoroso 1-6 dei gironi di Conference, provocherà non solo l’accantonamento stagionale dei vari Villar, Mayoral, Diawara, Reynolds, ma anche quello della maglia, sostituita come terza divisa da una versione gialla con banda diagonale.

In conclusione, un bel frammento di storia recente della Roma, che rimane probabilmente insufficiente a persuadere i designer di Adidas delle insidie scaramantiche legate alla scelta del blu per il terzo kit.
Tutto sommato, poi, basterebbe evitassero di scatenare l’estro del grafico di turno contro la sacra immutabilità della prima maglia. Già questo sarebbe un buon risultato.
Poi eventualmente il dilemma sul blu, da censurare o recuperare, resta una mia trascurabile curiosità annegata tra le tante aspettative legate a questo annunciato ritorno al passato con Adidas.