Tra poco più di un mese, si giocherà la finale di Supercoppa italiana. Il derby tra i campioni d’Italia del Milan e i nerazzurri vincitori dell’ultima Coppa Italia sarà il 35°atto di questa competizione.
E dopo un paio di finali in Italia, la Lega torna ad esportare questo simbolico assaggio di calcio nostrano in cerca di nuovi mercati. Si gioca a Riad, già teatro della finale 2019.
In attesa di assistere all’assegnazione del primo trofeo stagionale, ho scorso rapidamente l’albo d’oro della competizione in cerca d'ispirazione, trovando una finale da raccontare.

Quella di cui parlo in queste righe è quindi la storia di una Supercoppa Italiana. Decisa in campo dal destino opposto che tocca ai due capitani nei rispettivi tiri dagli undici metri.
Ma soprattutto fuori dal campo, quella stessa sera vissuta cercando disperatamente un modo per vederla la finale, è stata per me la perfetta esemplificazione delle illogiche follie che ogni tifoso tenta inutilmente di reprimere, la quotidiana battaglia di un adulto responsabile per restituire alla ragione il comando delle operazioni. Prevedibilmente, chi non concepisce il laico rito della partita, avrà insuperabili difficoltà nel coglierne il senso e pure i risvolti più divertenti, ma per i tanti appassionati è una vicenda di facile immedesimazione.
Tornando al campo, quei rigori appena citati sono quelli che assegnano la Supercoppa italiana 2008-2009. La prima panchina ufficiale italiana di Mourinho che avvia quella sera e in quel modo, il biennio che lo porta al triplete. L’ennesimo duello perso con i nerazzurri invece per la Roma, prologo ad una stagione di delusioni che va a concludere il primo ciclo di Spalletti nella Capitale.

La storia inizia con un viaggio. E' un pomeriggio di fine estate e siamo in macchina. Io alla guida dell'auto, e insieme a me ci sono la mia futura moglie e una coppia di amici comuni.
Siamo diretti in Umbria. Un agriturismo ci aspetta per regalarci una bucolica pausa rigenerante. Un week-end di astensione dalla routine, appena prima che settembre ci trascini nel turbinio degli impegni autunnali.
Non manca molto all’arrivo.
Ogni nuovo scorcio di panorama che si svela inquadrato dal parabrezza soddisfa solo parzialmente la mia curiosità, ma è piuttosto efficace ad annacquare la noia del viaggio che fatalmente, esaurite le prime ore di chiacchiere, comincia ad invadere l'abitacolo. Peraltro a distogliermi dal ripetitivo srotolarsi di strisce guardrail e cartelli, ci pensa la crescente ansia per la partita.
Perché è' il 24 agosto 2008, e tra poche ore si gioca a S.Siro Inter-Roma.
L'ennesimo capitolo dell'antologica sfida che sta opponendo in quegli anni i due club. Bilancio a favore dei nerazzurri come detto, ma la Roma ha raccolto consistenti briciole di consolazione.
Ad accrescere la tensione, contribuisce la fede interista del mio amico Alessio. E se fino a qui, sfruttando coincidenze fortunose, abbiamo sapientemente schivato la rischiosa visione di qualsiasi scontro diretto, stavolta ci rassegniamo a sottoporre la nostra amicizia alle insidie letali che l'assistere insieme a una finale necessariamente implica.
Stasera, uno dei due proverà la sofferenza di vedere la squadra dell'altro alzare la coppa.
Ma un altro cruccio inerente alla gara comincia ad invadere i miei pensieri. Adesso mi preoccupa anche il progressivo allontanamento dalla civiltà che accumuliamo percorrendo la contorta “provinciale”.
Quell'affascinante succedersi di sinuose curve nel verde della Valtopina ci sta avvicinando all'agriturismo, ma contestualmente ci conduce in un isolamento agreste da dove la visione di Inter-Roma potrebbe non essere così scontata.
Già, perché gli smartphone sono ancora una rarità e lo streaming, Dazn ecc. arriveranno tempo dopo. La finale, come tutte le partite, in quegli anni si vede solamente in tv.
Intanto, i primi segni di squilibrio Alessio ed io li diamo subito: mentre le ragazze, come ogni ospite al momento dell’arrivo, studiano stupite l'ambiente soppesando la qualità dell’hotellerie, noi ci concentriamo sulla zona alta del casale. Perlustrando attentamente quella linea disordinata di tegole che demarcano il confine col cielo, cerchiamo inutilmente la confortante presenza di qualche antenna.
Il tempo di sistemare i bagagli e prendere possesso delle camere (come previsto senza tv) che io e il mio amico siamo già in cerca informazioni.
Nessuna curiosità turistica; stasera ci interessa solo dove vedere la partita, e quando manca un'oretta al fischio d'inizio della finale, otteniamo la dritta risolutiva.
Uno dei cuochi ci indica una struttura adiacente destinata alle attività ricreative per gli ospiti dell'agriturismo, all’interno ci sono biliardino, tavolo da ping-pong e davanti a un gruppetto di sedie sparse disordinatamente, c'è la tv. E' fatta, pensiamo.
Le ragazze sorridono amaramente: per loro, la più detestabile prospettiva di serata si è appena concretizzata.
Quando manca poco più di un quarto d'ora alla partita, ci accomodiamo tutti e quattro e cerco Rai Uno.
Sembra tutto facile, invece sprechiamo preziosi minuti ad armeggiare col telecomando senza trovare la partita.
I tentativi di riprogrammare il dispositivo sono vani. RaiUno non c'è! E il motivo è beffardo come il destino. L’unico schermo televisivo a nostra disposizione nel raggio di qualche ettaro riceve solo canali satellitari.
Inter-Roma si può vedere solo col segnale terrestre, perché la Rai ha i diritti solo sul territorio nazionale.
Niente RaiUno e niente partita.
Accantonato sollecitamente un improbabile tentativo di costruire un'antenna terrestre con il filo di ferro di una stampella, prendiamo la decisione più drastica: sfidiamo lo sguardo minaccioso delle nostre compagne e decidiamo con Alessio di partire alla ricerca di un luogo alternativo dove vedere la partita.
Un istante dopo siamo di nuovo in macchina, pronti a ridiscendere qualche chilometro di curve, determinati a setacciare ogni centro abitato pur di trovare un locale aperto.
Rincorsi dai minuti che trascorrono, cominciamo la ricerca. Che però dopo una buona mezz’ora, scarseggia di risultati apprezzabili.
Inter e Roma giocano gli ultimi spiccioli del primo tempo e nonostante il meticoloso impegno, la nostra precisa scansione di insegne, cartelli e segnali di vita non ha prodotto nulla.
Anche le uniche due persone incrociate in questa Via Crucis pagana, dispensano solo precarie indicazioni per improbabili alternative.
L’inaspettata desolazione che incontriamo, mentre come naufraghi procediamo senza riferimenti, sembra costringerci con decisione a un mesto rientro.
E’ arrivato il momento di accettare, pensiamo, che intraprendere questa infruttuosa ricerca è stato un errore, le cui conseguenze sconteremo presto, affrontando anche il malumore delle ragazze abbandonate ormai da tempo al tavolo da ping-pong della sala relax.
Ormai sulla via del ritorno, proprio mentre lasciamo la strada principale, un'inaspettata svolta irrompe stravolgendo quello che sembra un inevitabile finale.
Una buca presa allegramente e la necessità di scendere dall’auto per verificare l’integrità delle ruote, porta alla nostra attenzione l’insegna di un bar. Seminascosto e incredibilmente ancora aperto, ha l’effetto di riportarci immediatamente all’obiettivo principale della serata: la partita.
Il locale è vuoto e appare notevolmente più dimesso di quanto l'infelice posizione e il tardo orario potrebbero premettere. Eppure, la striminzita tv posizionata in alto in un angolo dell'ambiente è il potenziale tesoro di questa lunga caccia.
Davanti lo scaffale dove fa bella mostra una sfilata di superalcolici anni ’80, un’anziana signora domina il bancone e mentre armeggia con lo strofinaccio d'ordinanza, non distoglie il suo severissimo sguardo dal talent show del sabato sera.
Prendiamo coraggio, e dopo aver ordinato un paio di bevande per cortesia, proviamo a chiederle un cambio di canale. La signora respinge sbrigativamente la nostra richiesta. Poi, dopo un'interlocutoria pausa ci chiede se vogliamo vedere la partita.
Alla nostra entusiasta risposta affermativa, però, non afferra il telecomando come prevedibilmente ci aspettiamo, ci indica invece una porta oscura che intravediamo a fatica nell'angolo più buio del locale, aggiungendo “c’è stara’ pure qualche altro cliente che la stà a vedè”.
Senza indugiare troppo, seguiamo l’indicazione e ci ritroviamo a percorrere un lungo corridoio.
Nel tragitto attraversiamo più di un ambiente. La scenografia che ci accompagna per qualche metro è inquietantemente suggestiva: vecchio mobilio ricoperto da bianchi lenzuoli, cassette di plastica col marchio di acque minerali estinte da anni, vari oggetti non identificati e pure un vespino mezzo smontato. Ci inoltriamo sempre meno incuriositi e sempre più circospetti in questa sorta di labirintico magazzino, cominciando a chiederci dove stiamo andando.
Scartata l’improbabile ipotesi di esserci imbattuti in un varco spazio-temporale localizzato in provincia di Perugia, io inizio a temere di essere vittima della leggenda che accompagna Alessio, che da anni vanta una mirabile fama di artista dello scherzo.
Non c’è tempo di dubitare troppo, e l’audio della telecronaca ci riporta alla realtà.
E molto sorprendentemente, vista la precarietà del contesto, ad attenderci c’è un’ampia sala con molti posti e uno spettacolare proiettore che imprime sulla grossa parete in fondo le immagini della partita. Cosa ci faccia un tale armamento audiovisivo nascosto all’uscita di quel dedalo kubrickiano... resterà sempre un mistero.
E’ tardi, ma un qualche comprensivo karma ci sta regalando un extra, perché il 2-2 finale appena intravisto ci offre 30 minuti di supplementari, da goderci felicemente nella postazione cinematografica appena conquistata.
Ci accomodiamo. Finiscono i supplementari e il risultato non cambia, così Inter-Roma va ai calci di rigore.
Tensione ormai altissima, sia a S. Siro che davanti al proiettore.
I primi rigori sono tutti trasformati, poi Stankovic sbaglia il terzo per i nerazzurri.
Dopo i gol di De Rossi e Maxwell, tocca a Totti, quello decisivo: se segna è vittoria! La supercoppa è a un passo.
Invece il tiro del capitano finisce sulla traversa.
Si continua.
Cambiasso non può sbagliare il suo tiro, ma appena parte la sua rincorsa, l’unico altro spettatore in sala (oltre a noi) si alza improvvisamente. Si dirige rapido verso il cavo di alimentazione del proiettore e lo sfila dalla presa.
La sala sprofonda nel buio, e noi in quello metaforico della tragica inconsapevolezza sull’esito finale.
Alquanto scossi, affrontiamo il signore chiedendo conto dello scellerato gesto, ma lui seraficamente ci liquida pronunciando con tranquillità e velato accento umbro: “non ci sta’ più gniente da vede'”. E se ne va.
Un valtopinese giallorosso che non ha retto alla tensione. O forse da buon romanista ha capito che dopo l’errore di Totti, ogni speranza è un illusorio spreco di energia da consumare soffrendo.
Proviamo inutilmente un riavvio del proiettore, poi rassegnati, ripercorriamo al contrario la strada percorsa poco prima e faticosamente guadagniamo l’uscita dal bar.
Si è fatto tardissimo, e l’unico cellulare che ha ancora un po' di batteria non prende. Riprendiamo la macchina e ce ne torniamo all’agriturismo. Abbiamo sprecato una serata intera e un bel po’ di benzina, per vedere appena mezz’ora di supplementari e qualche rigore di Inter-Roma. E non sappiamo nemmeno com’è finita.

Tornati al casale, ci separiamo e ognuno di noi si appresta ad acconciare una strategia difensiva valida per affrontare le comprensibili rimostranze delle rispettive partner.
Non è semplicissimo, ma almeno questa grana si risolve senza strascichi.
Prima di andare a dormire, concedo al paesaggio l’attenzione che gli avevo negato qualche ora prima all’arrivo.
Sono passate le 2 quando mi affaccio sul balcone, e mentre cerco di decifrare nell’oscurità i contorni del panorama, malamente illuminato da un lampioncino, scorgo Alessio che passeggia nel giardino.
E’ in pigiama, e per attirare la mia attenzione agita in aria la mano che stringe lo spazzolino da denti.
“Ancora in piedi?” chiedo.
E lui trionfante: “Sono riuscito a chiamare i miei. Mi hanno detto che ha vinto l’Inter 6-5. Rigore decisivo di capitan Zanetti!”