Col mondiale più assurdo della storia del calcio ormai incombente, il 2022 dei club va in “pensione anticipata”.
Appena metà novembre, ed è già tempo di bilanci annuali. Quello giallorosso, è necessariamente condizionato dal successo in Conference: atteso, invocato e quasi “evocato” dall’approdo di Mourinho a Roma.
Un trofeo che arriva dopo 14 anni di fatto relativizza ogni giudizio sulla stagione 2021-22 di cui è stato il clamoroso epilogo. Come ogni vittoria, è il supremo obiettivo sportivo che una volta raggiunto, giustifica qualsiasi inciampo nel percorso. Ripensando al pullman scoperto che fende la folla di una città in festa, sparisce il ricordo di quasi tutto quello che è successo in campo fino al 25 maggio.
Ma il “secondo blocco”dell’anno, quello che parte dal calciomercato e arriva al gol di Matic contro il Toro, necessita di una valutazione più complessa, perché esamina una stagione ancora aperta su tutti i fronti.

Gli ultimi mesi della Roma hanno racchiuso un po’ di tutto: compressi tra un’estate da sogno (con la coppa e la Joya da esibire) ed un finale di stenti tecnici e stasi tattiche da far spazientire anche la “grande famiglia” dell’Olimpico, con in mezzo infortuni decisivi, punti buttati e un cammino europeo appena decente.
Dai ripetuti sold-out, ai fischi col Torino il passo è apparso breve, ma il mormorio dello stadio si è formato lentamente sedimentandosi in settimane di negatività (è arrivato al 15° turno di un campionato dove l’unica costante è stata la modesta qualità di gioco espressa).
L’ultima Roma del 2022 che prende 2 punti in 3 partite è la stessa che vince faticando con Samp e HJK, la stessa che per battere Hellas e Ludogorets ha avuto bisogno di una sollecita espulsione avversaria. Quando poi viene a mancare pure l’ultimo “puntello”, quello del risultato, la fiducia crolla e fatalmente tutti i nodi vengono ad un pettine che già prima non scorreva benissimo.

Le "bacchettate" ad Abraham e l'esilio imposto a Karsdorp forse sono solo "scorie" di nervosismo depositate da questo recente spreco di punti. Adesso però ci sono cinquanta giorni senza partite ufficiali, e con pochissimi giocatori “prestati” al mondiale ci sono le premesse per provare a resettare tutto e cominciare il 2023 come fosse un’altra stagione.
Recuperare Gini e Dybala sì, ma anche Abraham e Pellegrini, rimasti (nella loro versione migliore) a Tirana. Riplasmare un centrocampo piatto e monocorde, scuotere uno Zaniolo ormai rassegnato alle sue inutili collisioni coi difensori avversari (il n.22 lascia il suo di ‘22 con la sola firma eccellente del gol col Feyenoord incastonata in un corollario di prestazioni “cestinabili”).
Fattibile, ma tutt’altro che semplice, eppure anche mettendo da parte gli eccessi di chi attribuisce al mago di Setúbal poteri che trascendono le normali facoltà di ogni normale allenatore, direi che per “riavviare” la Roma durante questo letargo “mondiale” non ci sia niente di meglio di uno come lui.
Con lo Special One al timone, onestamente non posso aspettarmi di ripercorrere lo stesso malinconico “declino” che ha accompagnato altri finali di stagione, come un Di Francesco o un Fonseca qualsiasi.
Perciò, daje Jose! E’ di nuovo il tuo momento.
Facci ritrovare un’altra Roma a gennaio, che un’altra Roma è (decisamente) possibile.