Il primo atto del derby con vista sulla finale di Istanbul è andato all’Inter.
I nerazzurri sigillano (con i degni timbri degli ex-Roma Dzeko e Mkhitaryan) una solida ipoteca sul passaggio del turno.
Archiviate le coreografie dello spettacolare pre-gara, la battaglia in campo e più di un gesto tecnico apprezzabile, il gran galà del calcio italiano andato in scena ieri sera (nella quanto mai appropriata cornice della Scala del calcio), mi ha sollecitato una considerazione che periodicamente torna a disturbare le mie valutazioni sui tecnici: “Il buon allenatore è quello che fa meno danni”.
Frase banalotta citata spesso dai mister, e pure recentemente riproposta dai vari Malesani, Allegri e persino da Inzaghi Filippo, fratello-collega del trionfatore di ieri a S.Siro.
Il dibattito sulla veridicità di tale affermazione sarebbe troppo lungo e tedioso da affrontare, quantomeno in ambito generale.

Ma stringendo l’orizzonte alle due milanesi, la vexata quaestio sui danni procurati dagli allenatori alle loro squadre finisce per sormontare buona parte degli elementi che ho per valutare la partita.
Già, perché rimane netta l’impressione di partenza, cioè che la rosa dell’Inter – oltre ad essere la più forte e completa della serie A – rappresenti pure in Europa un competitor solido e con concrete possibilità di arrivare lontano.
Anche la gara di ieri ha confermato la stessa percezione.
Una squadra superiore all’avversario. Con esperienza e mezzi tecnici fuori discussione. Con un parco riserve di livello, nel quale pescare senza timore di abbassare il peso specifico dell’undici iniziale.
Quante squadre in Europa possono permettersi d’intercambiare ciclicamente due mostri come Dzeko e Lukako, di tener fuori gente come Brozovic, De Vrij, Gosens?
Eppure a questa Inter, discretamente vicina alla finale Champions, è riuscita l’impresa di perdere gli ultimi due campionati.
Dal suicidio che ha lanciato proprio il Milan verso il trionfo lo scorso anno, alla recente abdicazione d’inizio 2023 che ha scavato un divario di punti a doppia cifra col Napoli: negli ultimi due anni lo scudetto è stato un traguardo mancato, per il quale l’Inter non era solo ben attrezzata; era quasi indiscutibilmente la favorita.
Il buon Simone Inzaghi ha fin qui fondato le fortune della sua carriera sui redditizi percorsi nelle coppe.
In nerazzurro ha consolidato la tendenza già evidenziata con la Lazio, aggiungendo un paio di Supercoppe italiane e una Coppa Italia. E in questa stagione, con inquadrato lo storico obiettivo della Champions, è già in attesa dell’ennesima finale di Coppa Italia. Il tutto in meno di due anni.
Se ne ricava l’impressione che Inzaghi sia un formidabile tecnico da singola battaglia.
Terreno dove concentra le sue doti di motivatore e pure qualche apprezzabile lampo strategico.

Viceversa nelle prove di durata (il campionato) emergono altri limiti. Tende a sfuggirgli il polso della squadra, e non riesce a trovare soluzioni valide per tamponare i cali di rendimento. Quando prova a cambiare qualcosa nei momenti critici, gli capita di ingarbugliarsi in pasticci tattici che peggiorano le cose.
Il dirimpettaio Pioli che pure esce con le ossa rotte dal confronto di andata, il suo lo ha ampiamente già fatto vincendo il penultimo scudetto con un organico che per valori, può al massimo mirare al podio in serie A.
Anche l’ennesima dimostrazione di superiorità dei nerazzurri nella semifinale di andata mi conferma il sospetto che la massima sui “danni degli allenatori” sia una scontata ovvietà che sottende consistenti fondamenti di verità, soprattutto riguardo all’ultimo biennio dell’Inter.
Negli ultimi 3 derby il Milan ha rimediato 3 sconfitte in fila, senza goal all’attivo e subendone ben 6 dall’Inter.
Tra l’altro anche in Supercoppa i nerazzurri avevano subito orientato il match con 2 goal nei primissimi minuti.

Nulla di nuovo: la stranezza semmai è che tale superiorità si traduca nell’attuale modesto vantaggio di 2 punti in classifica (a campionato quasi terminato) e contempli addirittura il trionfo tricolore del Milan lo scorso anno.
Ancora qualche giorno e sapremo se Pioli confezionerà un impronosticabile miracolo, o se il solito Inzaghi si confermerà re di coppe.
Intanto io un’idea su chi dei due abbia fatto meno danni ce l’ho, vediamo in estate quale sarà quella che si son fatti i vari dirigenti rosso-nera-zzurri.