Sapete, esiste un detto veneto che recita così: “co i nasse i xé tuti bei, co i se sposa i xé tutti siori, co i more i xé tuti santi”. 
È un modo di dire azzeccato, perché a sentir dire in giro, sono tutti belli quando nascono, sono tutti signori quando si sposano e, soprattutto, sono tutti santi quando muoiono.  Già, perché le persone hanno un vizio davvero fastidioso: tendono a riabilitare i morti, attribuendo loro doti che non hanno mai posseduto in vita. Ora, se non infierire sugli eventi nefasti, attaccando chi ormai non può più difendersi, è questione di buon gusto, è altrettanto vero che non si dovrebbe cancellare con un colpo di spugna il passato dei defunti. Soprattutto, non dovrebbero farlo i giornalisti.
Invece, da quando Diego Armando Maradona è passato a miglior vita, gli articoli che lo magnificano in quanto uomo, oltre che calciatore, fioccano. Addirittura, si potrebbe dire che è in atto una vera e propria campagna di beatificazione del Maradona essere umano. Lo ammetto, io non ho mai conosciuto, incontrato o anche solo ammirato Diego giocare dal vivo, perciò non posso dire con certezza come si comportasse al riparo dai riflettori, alcuni episodi, però, mi fanno dubitare che fosse davvero il grande uomo buono, onesto e generoso che tutti descrivono. Pur tralasciando le vicende di doping e la dipendenza da sostanze stupefacenti, c'è un evento sportivo (o dovremmo dire antisportivo?) che mi induce a pensare l'esatto contrario (ed il video nel quale Maradona stesso racconta di quello e di un analogo episodio accaduto in Argentina - Unione Sovietica, funge da ulteriore conferma alle mie speculazioni). Ve la ricordate la “mano de Dios”? No? Non vi preoccupate, vi rinfresco la memoria.
Torniamo indietro di trentaquattro anni e qualche mese e spostiamoci all'interno dell'Azteca, il maestoso impianto di città del Messico. È il 22 giugno del 1986 e sul terreno di gioco Argentina ed Inghilterra si affrontano per garantirsi l'accesso alla semifinale del campionato mondiale di calcio per nazioni. Non è solo una semplice partita di calcio, è un match molto sentito da parte dei sostenitori di entrambe le fazioni, perché rivestito di un forte significato politico: è un'occasione di sfogo, da parte delle due popolazioni, del sentimento di ostilità reciproca venutosi a creare a seguito della guerra delle Falkland, un conflitto scatenato appena quattro anni prima dalla giunta militare argentina, eppur vinto dalla “perfida” Albione. Se fosse per gli argentini, l'albiceleste dovrebbe entrare in campo imbracciando i fucili d'assalto, sicura tolta e colpo in canna, per vendicare i propri morti.
Questa volta, però, non si combatte con navi militari e caccia di ultima generazione, e il campo di battaglia non si compone delle acque dell'oceano atlantico o dei cieli soprastanti le isole Falkland, la Georgia del sud o le Isole Sandwich meridionali: il teatro dello scontro è il manto erboso dello stadio in cui è andata in scena, nel 1970, la partita del secolo, e al massimo, oltre che ai piedi, si possono impiegare i "barriletes cosmicos", gli aquiloni cosmici.  E fortunatamente per loro, perché in questo modo le forze in campo sono più equilibrate, anzi, è l'albiceleste ad essere un pochino avvantaggiata, dato che in rosa può disporre del calciatore che, di lì a poco (e non a torto), si sarebbe guadagnato la fama di più talentuoso al mondo: proprio lui, Diego Armando Maradona, in quel particolare momento storico il condottiero dell'armata argentina. Nel corso del quinto minuto della seconda frazione di gioco, Diego si accentra, dribbla un paio di avversari in scioltezza e, giunto in prossimità del limite dell'area di rigore avversaria, scarica sulla destra, in direzione del compagno di squadra, Jorge Valdano.  A quel punto è colto da una sensazione, un “flash”. Nell'arco di una frazione di secondo, Diego ricostruisce l'imminente futuro: si immagina che l'inglese Steve Hodge, un giovane centrocampista mancino, riesca ad anticipare il compagno di squadra e che il pallone possa finire all'estremo difensore, perciò prosegue la propria corsa in direzione della porta avversaria, convinto di poter intercettare l'eventuale retropassaggio. Hodge, in effetti, interviene su Valdano, ma svirgola e il pallone si impenna. Maradona si ritrova, così, al di sotto del “globo”, tra il difensore inglese e il portiere Peter Shilton. Avviene tutto in pochi attimi. “El pibe de oro”, dall' “alto” dei suoi 166 centimetri, intuisce di non avere alcuna possibilità di anticipare l'avversario regolarmente, quindi prende una decisione epocale: stacca dal terreno col pugno sinistro alzato e, di mano, indirizza la sfera nello specchio di porta, consegnando così il provvisorio gol di vantaggio alla nazionale Argentina.

Ecco, in quel preciso istante in cui, impunito, viola le regole dello sport più bello del mondo, Maradona getta la maschera: il fantasista che scende in campo per ubriacare i suoi avversari a suon di tunnel, dribbling e sombreri, si spoglia degli abiti di calciatore lasciando spazio a Diego, un uomo disposto a tutto per vincere. Scompare all'improvviso (sempre che sia davvero esistito) lo sportivo paladino dei deboli e degli oppressi, l'individuo che si batte per realizzare il sogno mondiale biancoceleste, ed entra in scena l'altro Maradona, quello che comprende e cavalca il fortissimo desiderio di rivalsa del popolo del “sol de mayo” nei confronti dei britannici; l'uomo scaltro che sfrutta questo sentimento a suo favore, utilizzandolo per auto-assolversi dal reato di antisportività, come se avesse agito esclusivamente per altruismo, senza alcun pizzico di ambizione personale; l'ipocrita che vendica i suoi connazionali della sconfitta subita in una guerra fortemente voluta ed iniziata da un regime militare, questo sì, nemico delle libertà e oppressore del popolo argentino; il mariuolo colmo di furbizia; Il commediante (forse anche per questo così amato dalla gente di Napoli), che subito dopo aver segnato invita i suoi compagni ad abbracciarlo per far sì che l'azione appaia regolare agli occhi dell'arbitro.

E dunque, vi domando, può essere celebrato, idolatrato e portato ad esempio di grande uomo un individuo che si è macchiato del reato di antisportività con pieno dolo? Oltretutto, dalle stesse persone che vogliono che i calciatori si stringano la mano nel pre-partita, facendo finta di rispettarsi e volersi bene. Dai giornalisti che, sulla carta, si battono affinché prevelgano sopra ogni altra cosa il rispetto per le regole e per i valori fondanti dello sport. Credo proprio di no.
Perciò, lasciamo riposare in pace Diego Armando Maradona senza elevarlo ad esempio di grande uomo. Una tale responsabilità non l'ha chiesta e non la merita.
Ricordiamocelo come grande e geniale calciatore e lasciamo che l'essere umano, con i suoi vizi (tanti) e le sue ben poche virtù, rimanga confinato nella memoria dei suoi affetti.