Una piccola cittadina in provincia di Catania ospita un malridotto impianto sportivo dedicato al polo. La sua storia mi ha talmente affascinato, che ho pensato di ricamarci sopra un piccolo racconto inventato. Ovviamente, si tratta di un esperimento, perciò siate clementi.

dicono che il calcio abbia la memoria corta. Che dire, allora, della politica?”

-Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale-

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Quando il Comitato Olimpico Nazionale finanziò la costruzione dello stadio dell'atletica e del polo di Giarre, correvano i mitici anni '80.
Gli anni ottanta, nell'immaginario collettivo mondiale, sono sinonimo di new wave e guerra fredda, dell'eterna sfida Boston Celtics - Los Angeles Lakers, di John Rambo e dei telefilm di Miami Vice.
In Italia, invece, durante il decennio dell'effimero, la popolazione viveva al di sopra delle proprie possibilità, la spesa pubblica cresceva a dismisura ed il CONI voleva promuovere il polo.
Ebbene sì, avete capito bene. L'intenzione del CONI, a Giarre, era quella di favorire la diffusione di uno sport ben poco praticato come il polo. Ed il progetto, tra l'altro, era quello di farlo in grande stile, costruendo un imponente complesso sportivo alle pendici dell'Etna; un impianto che doveva essere dotato di un prato d'erba verde e rigoglioso, rasato all'inglese, e di una moderna pista d'atletica, una di quelle in grado di competere persino con quelle realizzate per le Olimpiadi di Los Angeles del 1984.
Inutile a dirsi, alla fine non si è visto niente di tutto ciò. La pista d'atletica, pur venuta alla luce, non ha mai ospitato alcuna competizione ufficiale, ed il brullo terreno imprigionato al suo interno è stato calcato soltanto da alcuni destrieri di cartapesta, condotti da altrettanti, improbabili cavalieri, armati di manici di scopa.
La simpatica iniziativa, orchestrata dai volontari dell'associazione Effetto Domino e da quelli di Incompiuto Siciliano nel 2011, avrebbe dovuto attirare l'attenzione del governo sullo stato di conservazione dell'impianto, ma niente di quel che è stato fatto ha davvero funzionato. Dopo quella provocazione nulla è cambiato. Lo stadio non è mai entrato in funzione ed anzi, se vogliamo dirla tutta, la casa del polo non è mai stata neppure completata, visto che sono state realizzate soltanto due delle tribune che avrebbero dovuto effettivamente comporla: la tribuna centrale ed una struttura ad essa molto simile, situata pochi metri alla sua destra.
Insomma, del progetto originale, che prevedeva la realizzazione di 20000 posti a sedere, sono venuti alla luce soltanto la pista d'atletica, ormai logora ed annerita dal sole, e i due ecomostri da 6000 posti che la adombrano. E tutto questo perché la procura, ravvisata la completa inagibilità degli spalti, ha ordinato il prematuro stop dei lavori, nel 1985. Troppo alta la pendenza di quelle gradinate. Troppo pericoloso salirle, per gli spettatori. C'era il rischio concreto che qualcuno si facesse male, e così, il comune, qualche anno dopo averle costruite, le ha proibite alla cittadinanza, murando per sempre le rampe che portavano al loro accesso.

L'intera vicenda avrebbe un che di fantozziano, se solo non fossero stati sperperati parecchi soldi pubblici.
Il 10 maggio 2023, tuttavia, il passato dello strano complesso sportivo abbandonato in provincia di Catania è ormai alle spalle.
A Giarre pare già luglio inoltrato e nel più grande, abbandonato stadio del polo al mondo, non c'è traccia d'anima viva. Nessuno si è avventurato sul campo. Neanche i ragazzini che ogni giorno si alternano sul manto erboso a giocare. Giovanni, il figlio del creatore di Effetto Domino, e Francesco, il ragazzo nato dall'unione segreta tra l'insegnante della scuola elementare e l'architetto che ha fondato Incompiuto Siciliano, non hanno ancora varcato la soglia dell'impianto. Paolo, il nipote del sindaco, non sta correndo tra le corsie bruciacchiate della pista d'atletica e nemmeno Giuseppe, il più sfegatato tifoso del Milan che Giarre abbia mai conosciuto, si trova con loro. Mancano all'appello anche Nicola, Laura e Giulia, la ragazzina che si è innamorata di Giovanni, ma è troppo timida per affrontarlo vis a vis. In poche parole, la più bella gioventù di Giarre non si è recata allo stadio, come è solita fare, ed il motivo non è legato al caldo torrido che opprime l'impianto, bensì è legato al calcio.

Giulia, Giovanni, Paolo, Francesco, Laura e Nicola sono nelle loro case, incollati ai teleschermi, per assistere alla finale di Coppa Italia più attesa e assurda della storia: Milan-Giarre. La squadra detentrice dello scudetto vs. la cenerentola di un paesino di 30000 anime che nessuno credeva potesse raggiungere l'ultimo atto di una competizione ufficiale per club. Giuseppe, invece, siede direttamente sui seggiolini dello stadio Olimpico di Roma, il posto più adatto per godersi veramente lo spettacolo.
Del resto, dalla tribuna Monte Mario si vede tutto, anche quello che i telespettatori a casa non vedono, e a Giuseppe non è sfuggito proprio niente. Il quindicenne supporter del “diavolo” ha scorto Giroud mangiarsi le mani dopo essere andato ad un passo dal gol, ha visto Kessié rimproverarlo per non essere stato sufficientemente altruista ed ha osservato Tonali colpire l'incrocio dei pali su calcio di punizione, al 40' minuto di gioco. Normalmente, Giuseppe si dispera quando i rossoneri colpiscono un montante, ma oggi è diverso.
Oggi Giuseppe non riesce a tifare Milan. Non se la sente. Il club che sta inorgogliendo la sua città ha temporaneamente spezzato il rapporto affettivo decennale che fin da piccolo lo aveva avvicinato al diavolo. Ora Giuseppe vorrebbe essere pochi metri più in là, nel vivo dell'azione, sul prato dello Stadio Olimpico di Roma, ad aiutare Pietro Dinocolo, Gianni Casarella, Luca Dorivò, Emanuele Ginosa, Salvatore Catricano, Stefano Marella, Candido Cantilone, Carlo Malvò, Giulio Patteri, Silvio Gonnella e Antonio Pegolone a respingere le prorompenti folate di Rafael Leao, le inarrestabili progressioni palla al piede di Theo Hernandez e le sgasate di Tonali. Giuseppe vorrebbe essere di supporto, perché il Giarre sta dando l'anima in campo e, così facendo, ha pian piano conquistato il suo cuore. I ragazzi vestiti di gialloblù cercano disperatamente di difendere il risultato e Giuseppe soffre per loro e con loro. Specialmente quando mancano una manciata di minuti al termine dell'incontro e la partita sembra incanalata sui binari dello 0 a 0, grazie alle incredibili parate di Pietro Dinocolo ed ai prodigiosi recuperi difensivi di Dorivò.
Frattanto, il guardalinee segnala all'arbitro che il pallone ha varcato la linea di fondo prima che un centrocampista del Giarre potesse evitare il corner: è il 92' ed il Milan usufruirà dell'ennesimo calcio d'angolo della propria partita. Gonnella, la punta centrale del Giarre, rientra nella propria area, intimorito. Calabria si dirige verso la bandierina, mentre Pioli ed Ibra si sbracciano all'altezza dell'area tecnica nel tentativo di richiamare l'attenzione del guardalinee e del direttore di gara. Zlatan vuole entrare. Zlatan DEVE entrare, ma i suoi ripetuti cenni in direzione dell'arbitro non sembrano sortire alcun effetto, almeno finché i moderni sistemi di comunicazione non sbrogliano la faccenda nel senso a lui favorevole. Richiamato tramite gli auricolari, infatti, l'arbitro Tancredi Marasca, da Genova, si accorge finalmente delle intenzioni della panchina del Milan e fa cenno al collega posizionato a bordo campo di autorizzare il cambio. Il quarto uomo solleva la lavagnatta luminosa. Su di essa compaiono due numeri, un nove ed un undici. Giroud esce, Ibra entra.
All'Olimpico scrosciano gli applausi. Tutto lo stadio si alza in piedi per festeggiare l'ingresso in campo di Ibrahimovic, tranne Giuseppe. Il ragazzino convertitosi alla fede gialloblù osserva l'azione da lontano, con il viso raccolto tra le proprie mani. Sta pregando Dio per fare in modo che il Giarre riceva un aiuto dall'alto, ma le sue suppliche vengono interrotte dal fischio del direttore di gara: è tutto pronto. L'ultimo assalto del Milan, prima che comincino i tempi supplementari, può finalmente avere luogo.

Succede tutto in un attimo: Calabria calcia rasoterra, in direzione opposta all'area di rigore; la retroguardia del Giarre non capisce le sue intenzioni e ciò permette a Bennacer di godere del tempo e dello spazio necessari per battere a rete indisturbato. Il Milan ha messo in atto uno schema. La sfera passa rapida attraverso una fitta selva di gambe, poi incontra un paio di deviazioni. La prima è di Marella, ed è involontaria. Il difensore del Giarre neanche si accorge di aver colpito il pallone. La seconda deviazione, invece, è di Ibra, e questa sì che è volontaria. Ibra, con un movimento rapido ed istintivo, quasi felino, colpisce il tracciante di Bennacer in controtempo, di tacco, ed imprime al pallone una parabola beffarda. La sfera si impenna, sorvola lo stesso Ibra, poi rovina in rete, alle spalle di Pietro Dinocolo. La rete si gonfia. Il Milan è in vantaggio.
All'olimpico è l'apoteosi. Il pubblico scoppia in un tripudio di gioia. Nel momento in cui l'arbitro emette il triplice fischio finale, Ibra viene sommerso dagli abbracci dei compagni, poi viene condotto da questi ultimi al cospetto dei supporters rossoneri, in gesto di trionfo. All'interno della tribuna Monte Mario, invece, un bambino piange a dirotto. Giuseppe è scoppiato in lacrime assieme ai pochissimi altri tifosi del Giarre presenti. Il diavolo ha impedito alla meravigliosa favola di compiersi.

Intervistato pochi minuti dopo la chiusura del match, il premier Mario Draghi dichiara: “Il Giarre forse ha perso questa finale, ma i cittadini di Giarre non devono disperare. L'impresa sportiva che ha compiuto la loro squadra, giungendo fin qui, ha attirato l'attenzione del governo sulle condizioni dell'impiantistica sportiva siciliana. Vi faccio una promessa. Vedrete che presto si sistemerà tutto. Il polo, il calcio e l'atletica leggera avranno presto una nuova casa. La casa che, a Giarre, questi sport avrebbero sempre meritato. Anzi, una casa anche migliore”.

Incollati alla televisione, i palazzinari di mezz'Italia si fregano le mani. Stanno già pensando a come aggiudicarsi gli appalti che il governo sarà costretto a indire. Alcuni di loro si arricchiranno, molti altri, ovviamente, non riusciranno ad inserirsi nell'affare. Tuttavia, vent'anni dopo, niente sarà cambiato. I lavori di rigenerazione dello stadio alle pendici dell'Etna consegneranno alla città di Giarre un nuovo ecomostro. E Giuseppe, Giulia, Laura, Giovanni, Paolo, Francesco e Nicola, che nel frattempo saranno cresciuti, dovranno accontentarsi di riesumare i cavalli di cartapesta abbandonati nei ripostigli dai loro genitori.

In poche parole, in provincia di Catania si terrà una nuova partita molto speciale, ma non sarà un incontro di calcio, bensì una bizzarra partita di polo. Una partita che verrà giocata nella più totale indifferenza delle istituzioni, esattamente come la precedente.