Ben prima che la Sheriff prendesse il controllo del Paese. Un bislacco amante dei superalcolici portava un altro club di Tiraspol in Europa, finanziandolo a fondo perduto. Poi è finito tutto. Con l’avvento dello “sceriffo”, la fine del calcio romantico non ha risparmiato neanche la Transnistria.

Nei dintorni di Tiraspol, nel sobborgo di Ternovka (o Tirnauca, se preferite. Tutto dipende se aderite alla causa moldava, o se alberga in voi un po’ di sano spirito pridnestroviano) si trova un imponente stabile dalla struttura ottagonale, ma irregolare, caratterizzato da un primato alquanto singolare: quello di racchiudere al suo interno migliaia di bottigliette di superalcolici. La collezione è molto vasta e sorprendentemente varia. Nelle sei stanze che compongono il museo, infatti, dimorano almeno 10000 pezzi unici, ciascuno dei quali si differenzia dall’altro per caratteristiche costruttive e design. Cominciando la visita dal minuscolo involucro di vetro a forma di cartuccia, contenente la miseria di 10 milligrammi di whisky messicano in tutto, e terminandola al cospetto della gigantesca botte da 25 litri di Górilka ucraina, sigillata da un gigantesco tappo a forma di pannocchia di mais, si passa dall’estremamente kitsch al sessualmente osceno. Nel mezzo, tantissimi contenitori dalle forme più disparate e stravaganti, alcune vere e proprie rarità e persino delle bottiglie realizzate ad immagine e somiglianza di illustri personaggi storici, tra le quali spicca, decisamente, quella dedicata allo zar Pietro “Il Grande”, dall’eccezionale capacità di 7 litri.

Insomma, nelle sale della “Butylka" (così è stata ribattezzata l’intera struttura) c’è davvero di tutto. Vi si possono ammirare oggetti di qualsiasi forma, ampiezza e portata, adibiti a recipienti di sostanze alcoliche di qualunque gusto e gradazione. Ed ai visitatori, è pure concesso bere a volontà, a patto che si accontentino di farlo in piccoli gruppi e non disdegnino prendere posto in uno degli ambienti leggermente claustrofobici all’interno dei quali sono state ricavate migliaia di cellette esagonali. Dentro di essi, sembra di essere in un’arnia, ma invece del miele, incastonate alle pareti vi si trovano almeno 4000 sostanze alcoliche diverse, provenienti da ogni parte del globo: un’incredibile concentrazione resa possibile soltanto dalla follia di un uomo, Grigory Korzun

Grigory Korzun: il pridnestroviano capitalista amante dell’alcool e del pallone

Korzun è un personaggio molto conosciuto in Transnistria.  Quando ancora il processo di dissoluzione dell’URSS non era giunto a compimento, fu uno dei primi individui a possedere una propria impresa privata all’interno del Paese, ed è anche per questo che, nonostante sia spirato lo scorso marzo, viene ancora oggi ammirato e venerato dalla maggior parte degli abitanti di Tiraspol. In qualità di pioniere del capitalismo, Korzun, fabbricando e rivendendo abbigliamento tecnico sportivo in Moldavia, accumulò in pochissimi anni una vera e propria fortuna. Una quantità di denaro che gli avrebbe tranquillamente spalancato le porte dell’esecutivo pridnestroviano, se solo non avesse avuto la malsana idea di reinvestirla anche nel calcio. Korzun, infatti, fondò la “Butylka” nel 1988, poi riscattò il Tiligul Tiraspol dall’amministrazione cittadina nel 1991 e cominciò immediatamente ad iniettarlo di soldi; tanti soldi; una valanga di soldi. Foraggiando campagne acquisti a fondo perduto, diventò immediatamente il presidente dei sogni di qualunque allenatore. L’unico suo difetto era quello di interferire un po’ troppo nella gestione della rosa. Spesso, infatti, dirigeva la propria squadra dalla linea di bordo campo, in qualità di manager aggiunto. Altre volte si sedeva in panchina, al fianco dei propri calciatori, dispensando loro consigli e sorseggiando, di tanto in tanto, un gelido sorso di irritante torcibudella. Solo la sua passione per l’alcool, del resto, poteva rivaleggiare col suo grande amore per il calcio.  Esiste un aneddoto molto divertente che, più di ogni altra cosa, dimostra quanto il magnate dell’industria tessile pridnestroviana amasse entrambi. Una volta, prima di un match di Coppa delle Coppe contro gli svizzeri del Sion, in segno d’amicizia e calorosa ospitalità, la presidenza della squadra elvetica offrì al Tiligul una cassa di bottiglie di vino molto pregiato. I giocatori moldavi, increduli, la aprirono immediatamente e cominciarono subito a spartirsi le preziose bottiglie custodite al suo interno. Quando Korzun lo scoprì, andò su tutte le furie. «Siete venuti qui per bere o per giocare a calcio?!» - tuonò negli spogliatoi, salvo poi essere inquadrato dai media, pochi minuti più tardi, mentre si dissetava non da una, ma da addirittura due fiaschette diverse, una contenente del buon cognac, l’altra dell’ottimo brandy.
Il bizzarro imprenditore poteva contare su una disponibilità di superalcolici talmente vasta che, quando i soldi scarseggiavano (circostanza assai frequente, nella Tiraspol post sovietica), vi faceva direttamente ricorso per pagare gli stipendi dei propri calciatori, sempre che, ovviamente, non ritenesse più conveniente od opportuno versare loro le dovute mensilità in marchi tedeschi o persino in dollari americani. «Korzun era molto astuto - racconta Igor Oprea (primo calciatore della storia moldava ad essere andato a segno con la maglia della propria nazionale in una partita ufficiale, nonché ex entrocampista del Tiligul) - una volta ci disse: “oggi il salario è in marchi, pagato al tasso del dollaro”, e noi alla fine gli abbiamo creduto».
Ma Korzun non era soltanto furbo, era anche lungimirante. Quando la Transnistria si autoproclamò indipendente dalla Moldavia, preoccupato che il calcio potesse scomparire dalla faccia del Paese, il grande magnate dell’industria tessile si batté con tutte le proprie forze affinché le autorità pridnestroviane rinunciassero all’idea di fondare una loro autonoma federazione calcistica, ed alla fine, non si può certo dire che non raggiunse il suo scopo.
Grazie alle sue pressioni, infatti, i vertici dell’esecutivo pridnestroviano abbandonarono ben presto l’idea di istituire una propria indipendente federazione, e così, la neonata Federaţia Moldovenească de Fotbal continuò a disciplinare e ad organizzare i campionati di calcio anche oltre i confini del territorio rimasto sotto il controllo di Chisinau. Quello che Korzun non poteva sapere, però, è che ironicamente fu proprio la sua società a pagare le conseguenze più salate delle proprie azioni. La squadra, infatti, giunta al secondo posto in classifica nella seconda serie del campionato sovietico 1990-91 (e quindi guadagnatasi il primo, storico accesso alla massima competizione calcistica sovietica) venne penalizzata per la seconda volta nello spazio di qualche mese. Dapprima perché, a causa della dissoluzione dell’U.R.S.S., non poté partecipare alla Vyssaja Liga (l’equivalente, all’epoca, della nostra Serie A), in secondo luogo perché, non avendo il suo nuovo presidente voluto rinunciare a competere con le formazioni moldave, si trovò a fronteggiare lo Zimbru ed il Constructorul di Chisinau, nonché la società pridnestroviana che, di lì a qualche anno, prendendo tutti in contropiede, avrebbe sconvolto il panorama calcistico locale, lo Sheriff Tiraspol (ed in merito, non si può certo colpevolizzare Korzun per non aver previsto la discesa in campo della più potente ed importante multinazionale del Paese, ma non si può nemmeno omettere di evidenziare che la Sheriff LCC non avrebbe mai acquistato una società di calcio, se i club pridnestroviani non avessero mantenuto il diritto di qualificarsi alle competizioni europee per mezzo della partecipazione a quelle moldave).

1992: guerra in campo, guerra fuori dal campo. È Zimbru vs Tiligul; Moldavia contro Transnistria

Ad ogni modo, ben prima che lo “sceriffo” cominciasse a dettare legge in Transnistria, fu lo Zimbru ad impegnare il Tiligul in una violenta lotta senza esclusione di colpi. Lo scontro tra i due club coincise con la nascita della prima divisione moldava e raggiunse il suo apice pressoché immediatamente, durante gli ultimi strascichi invernali del 1992.  Nella prima edizione di Divizia Națională della storia, infatti, le due squadre si diedero battaglia fino all’ultimo incontro e la vittoria del titolo sfuggì al Tiligul soltanto per un soffio, anzi, per uno sparo. Galeotto fu l'assassinio di un miliziano della Pridnestrovie, evento che fece scoppiare, in tutta la sua furia, un conflitto già latente da qualche mese, tenuto a bada soltanto dall’assoluta mancanza di mire espansionistiche da parte della Repubblica di Tiraspol. Le ostilità tra le due nazioni si aprirono agli inizi di marzo del 1992, proprio quando mancavano due partite al termine (Moldova Boroseni-Bugeac Comrat ed FC Tighina-Dinamo Codru Chișinău) e proseguirono imperterrite fino ad estate inoltrata, rendendo ben presto difficoltoso portare a compimento il campionato.
Dopo attente valutazioni, il governo di Chisinau, non potendo garantire l’incolumità delle formazioni moldave impegnate in Transnistria, proibì alle proprie squadre di oltrepassare il fiume Dnestr sancendo, di fatto, la fine anticipata della manifestazione. Visto che lo Zimbru ed il Tiligul avevano concluso la stagione appaiate in classifica (vantando, tra l’altro, una vittoria a testa negli scontri diretti, entrambi terminati 1 a 0), si pose, quindi, il problema dell’assegnazione del titolo. La federazione moldava propose alle due società di giocarsi il campionato in una partita secca, sul campo neutro di Balti, ma a Korzun quella proposta non piacque affatto, considerato che la cittadina prescelta si trovava in Moldavia e che i giocatori del Tiligul avrebbero corso gli stessi rischi ai quali sarebbero stati esposti i loro colleghi moldavi se avessero dovuto recarsi sulle sponde orientali del Dnestr. Inoltre, Korzun era assolutamente convinto che, in virtù della miglior differenza reti maturata al termine della stagione, il Tiligul dovesse essere già proclamato campione di Moldavia, ed è anche per questa ragione, pertanto, che il magnate pridnestroviano si rifiutò categoricamente di inviare la propria squadra a Balti.
Tuttavia, la federazione calcistica moldava si dimostrò altrettanto insensibile alle sue lamentele e così, quando il Tiligul non si presentò allo stadio fissato nel giorno prestabilito, assegnò il titolo allo Zimbru.

Anni 90’: tanti secondi posti e altrettanti viaggi europei all’insegna della totale disorganizzazione

Per la società di Tiraspol, quel secondo posto fu soltanto il primo di una lunga serie, anche perché, da quel momento in poi, il conflitto coi rivali moldavi non sarebbe più stato combattuto ad armi pari. Lo Zimbru, la squadra presieduta da Nicolae Ciornii, infatti, cominciò ben presto a godere degli ingenti finanziamenti della LUKOIL (una compagnia russa che, in cambio di un costante impegno a finanziare lo sport nel Paese, strinse un’importante accordo politico per la fornitura di gas in tutta la Moldavia), e ciò rese assolutamente complicato per il Tiligul continuare ad impensierirlo. Korzun, ultra-determinato a mantenere (per lo meno) ridotto il divario qualitativo rapidamente formatosi col club capitolino, continuò ad investire ingenti somme di denaro nel club, ma l’agognato successo in Divizia Națională non arrivò mai ed anzi, piano piano, nonostante gli importanti sforzi economici sostenuti dal patron, l’obiettivo si allontanò sempre di più dalla sua portata, finendo progressivamente ed inesorabilmente relegato a poco più che una flebile speranza.

Gli anni novanta, comunque, furono lo stesso ricchi di liete note per la società di Tiraspol. A partire dalla stagione 1992-93, il club conquistò per tre volte consecutive la Coppa di Moldavia. Inoltre, giunse secondo altre cinque volte nei successivi sei campionati di prima divisione, guadagnandosi, così, l’opportunità di misurarsi costantemente col calcio europeo; un calcio completamente diverso, nonché di livello immensamente superiore. Il debutto internazionale avvenne nel 1994, in Coppa delle Coppe, contro l’Omonia Cipro. In entrambe le sfide, il Tiligul uscì sconfitto senza mai riuscire a gonfiare la rete avversaria, ma le due battute d’arresto non infransero il clima d’euforia generale creatosi intorno alla squadra. D’altronde, per la prima volta, tramite il Tiligul, anche la Transnistria poteva fregiarsi di una propria rappresentante in Europa e questa circostanza rappresentò a lungo una fonte di notevole gioia per la popolazione locale. Di conseguenza, tutte le volte che il Tiligul tornava da una trasferta continentale, folle di curiosi in caccia di autografi iniziarono a prendere d’assalto l’aeroporto e la squadra cominciò regolarmente ad essere citata come esempio di successo e modello da seguire anche dal presidente della Repubblica di Pridniestrov, Igor Smirnov in persona: paradossale se si pensa che in quel periodo, a livello internazionale, il Tiligul riusciva solamente ad incappare in una figuraccia dopo l’altra (e con tale affermazione, non si intende fare riferimento esclusivamente alle vicende di campo che lo videro protagonista).  Memorabile, in tal senso, fu proprio la trasferta cipriota. Il Tiligul volò a Nicosia con un set di uniformi dello stesso colore di quelle che i loro avversari dell’Omonia erano soliti indossare in occasione delle loro partite casalinghe, e questo comportò subito una potenziale violazione dei regolamenti UEFA. I delegati dell’Unione delle Associazioni Europee imposero ai pridnestroviani di sostituire le loro divise con altre di un colore diametralmente opposto, ma siccome il Tiligul non aveva portato con sé alcun kit alternativo, fu l’Omonia a doverglielo fornire.  Insomma, al proprio debutto nelle trasferte internazionali, il Tiligul scese in campo indossando i colori dei propri avversari: aneddoto che farebbe già sorridere così, se non fosse che quella non fu affatto la prima ed ultima volta che accadde.  Nel corso della stagione 1998-1999, infatti, le cose si ripeterono. Il Tiligul partì alla volta di Bruxelles tutto speranzoso, ricco di valigie al seguito e col giusto kit di uniformi correttamente impacchettato al loro interno, salvo, questa volta, smarrirlo lungo il tragitto e non ritrovarlo più al momento del proprio sbarco nelle Fiandre. I bagagli, molto probabilmente, furono trafugati da qualche malvivente all’interno dell’aeroporto di Budapest, o forse nell’altro in cui i pridnestroviani avevano successivamente fatto scalo, quello di Parigi, fatto sta che anche l'Anderlecht (come l’Omonia 4 anni prima) si vide costretto a prestare le proprie divise agli sgangherati avversari, con l’analogo risultato che entrambe le squadre scesero in campo indossando le casacche dei padroni di casa, decorate sul petto dallo stemma de “Les Mauves et Blanc".
Alla fine, trionfarono per 5-0 i belgi dalle maglie viola, ma in compenso, al Tiligul spettò in dono l’intero kit dall’aspetto bianco, lindo ed immacolato. Una serie di uniformi che li avrebbe accompagnati ancora per qualche anno, anche in considerazione della profonda crisi economica in cui sprofondò, di lì a poco, il suo proprietario, Grigory Korzun.

1997-2009: la comparsa di un nuovo “sceriffo” in città comporta la fine anticipata del Tiligul

Korzun, infatti, alla fine degli anni 90’, nella speranza di spodestare lo Zimbru dal trono che la LUKOIL gli aveva garantito, fece il passo più lungo della gamba. Chiese un ingente prestito ad alcune banche locali per poter realizzare un nuovo stadio, ma in parte non riuscì ad onorarlo e in parte non volle onorarlo, perché all’orizzonte comparve lo Sheriff.  Quando Korzun vide l’immenso complesso sportivo che la Sheriff LCC, dopo aver acquistato una compagine di terza divisione e averla rapidamente portata in Divizia Naţională, fu in grado di costruire, realizzò che non avrebbe avuto alcun senso continuare a svenarsi per competere invano, e si affrettò, quindi, a cedere il club a Peter Reich, un piccolo imprenditore del luogo dimostratosi interessato ad acquistarlo. Tuttavia, anche il pridnestroviano dal cognome teutonico, subentrato a Korzun a partire dal 2004, non riuscì a riportare il Tiligul ai fasti del passato. 
Per un po', la squadra continuò a militare nella prima divisione moldava, lontano dalle posizioni di vertice, finché anche Reich non si stancò di finanziarla e decise di tagliarle i viveri. 

La storia del club giunse al capolinea nel 2009. Fu un disperato annuncio pubblicato all’interno di un oscuro sito moldavo ad anticiparne la fine: “Vendesi società calcistica: il club è fornito di gas, elettricità e cucinotto”. “Sorprendentemente” nessuno si fece avanti.