Se il Torino fosse una squadra di ciclisti, probabilmente in questo momento sarebbe sulla strada per lo Stelvio, da sempre una delle più difficili salite del Giro d’Italia, con molti giocatori “sui pedali”.

Povero Toro, arranca, cerca di scattare, cade, si rialza, cade nuovamente. Prima della salita era nel gruppo di mezzo, ora sta scivolando verso le retrovie. Ma qualcuno può ancora alzarsi sui pedali, qualcuno più fresco, che si è risparmiato in coda al gruppetto, e che ora potrebbe scalare le posizioni mettendosi a “tirare” davanti a tutti i compagni; queste nuove forze potrebbero fornire linfa vitale al gruppetto.

Fuor di metafora, la situazione del Torino si trascina da troppo tempo, ormai, e dopo qualche effimero sintomo di ripresa, la squadra sarebbe potuta precipitare in un baratro senza fondo. Di qui l’avvicendamento alla guida della squadra, indubbiamente una scossa a tutto l’ambiente. Moreno Longo, granata tutto di un pezzo, ha fornito stimoli e motivazioni in abbondanza, cercando di imperniarsi sulla tradizione granata, sul senso di appartenenza e sull’amor proprio dei giocatori a sua disposizione.

Longo ha spronato tutti affinchè il Toro, fin da subito, trovasse le particelle elementari della “garra”, cioè l’impegno fisico, lo sforzo caratteriale e il coinvolgimento emotivo. Per intenderci quello spirito indomito che consentì al Torino di vincere epiche battaglie come l’ultima Coppa Italia nel 1993 in cui, nonostante 3 rigori assegnati alla Roma, riuscì a segnare 2 goal con Silenzi e a portare a casa la coppa. Oppure, ricordiamo tutti quella maledetta partita di Amsterdam nella quale tre legni ci impedirono una vittoria voluta con tutte le forze. Chi ricorda il volto dei calciatori di quelle partite, chi si ricorda la sedia di Mondonico levata al cielo, comprende bene cos’è la “garra”.

Longo ha accettato una sfida, per la quale, al fine di cercare di ricostruire lo spirito guerriero del Toro, ha chiamato accanto a sé degli autentici testimonial granata, amici fedelissimi, come il suo collega Dario Migliaccio, il Capitano Antonino Asta ed il Vicecapitano Giuseppe Vives, (anche se quest’ultimo ha declinato l’invito per motivi personali).

In quattro giorni il Sig. Longo, animo granata dalla schiena diritta, non avrebbe potuto fare di più, anche perché, contro la Sampdoria, ha dovuto constatare come i problemi della squadra fossero, probabilmente, ancor più seri di quanto previsto e la “garra” non si è vista molto.

Del resto l’attuale compagine granata non aveva mai eccelso in grinta e tenacia. Giusta la sollecitazione di Longo, ma la condizione psico – fisica della maggior parte dei calciatori è apparsa insufficiente.

Moreno sa bene come la romantica poesia dei colori granata non sia sufficiente a fare fronte a questa sfida molto impegnativa, bensì come sia indispensabile un sano realismo, un duro lavoro e tanta sofferenza, cercando di conquistare punti giornata dopo giornata ovunque il Toro vada a giocare, a cominciare da lunedì prossimo a S. Siro contro il Milan. La sicurezza con cui Moreno Longo ha esposto questi concetti è indicativa sulla consapevolezza con cui l’allenatore granata ha preso atto della prestazione del Torino contro la Sampdoria.

Capire come si è giunti qui ed ora forse non è così importante. Credo non lo sia in quanto non è utile cercare colpevoli e complicate combinazioni cause ed effetti. Potrebbero essere fattori deleteri, trasformabili in alibi a cui qualcuno potrebbe aggrapparsi. Ad esempio inutile biasimare il dubbio lavoro di chi se ne è andato da Torino.

Quello importante è il futuro del Torino in termini immediati e di prospettiva. Potremmo immaginare di occuparci dei termini immediati esprimendo semplici opinioni, lasciando quelli di prospettiva a tempi migliori.

Il dato di fatto, espresso anche dai maggiori organi di stampa, sembra essere dato dalla modesta forma fisica di quasi tutti i giocatori che, verso la fine del match, trapela spesso in errori banali cause di goal. Al primo goal subito, tranne che a Milano in Coppa, il Toro si sfalda e cade, senza riuscire a reagire, denotando forse una certa fragilità psicologica . Salvo poi, a risultato acquisito per gli avversari, come nella partita col Lecce, trovare sprazzi di tardiva reazione. Questa è l’attuale realtà del Torino, davanti agli occhi di tutti, a partire da Verona, dove si è lasciato rimontare dal 3 – 0 fino al 3 -3.

Per incominciare a porre rimedio a questa grave situazione, è mia convinzione che, attualmente, Moreno Longo voglia concentrarsi sulle condizioni di ciascuno dei suoi giocatori, senza interferenze né disturbo alcuno da eventuali “esperti” se non richiesti da lui. A mio avviso, non c’è tempo per esperimenti al Toro. Questi forse potranno essere parte dei termini di prospettiva, non di quelli immediati, anche perché i loro risultati penso che non possano concretizzarsi a breve termine.

Subito credo serva trovare qualche “catalizzatore di ottimismo e di tenacia”.

I senatori? Senz’altro Sirigu. Berenguer, straniero, che ha compreso bene le difficoltà del momento. Il capitano Belotti cui però va ridato il sorriso con il goal.

I rinforzi freschi potrebbero forse essere Lyanco, uno dei migliori contro la Samp, con Ansaldi e Baselli, due pilastri insostituibili, senza scordare Verdi, le cui potenzialità, forse, si incominciano ad intravvedere anche nel Torino.

A tutti questi occorre aggiungere la freschezza giovanile di Millico, Edera, Singo e qualcun altro, forse, dalla Primavera, posta in osservazione ieri da Longo e Bava.

Da quanto si può capire dall’ esterno, Longo si è posto alla ricerca di ogni lembo di forza, di ogni granata autentico rimasto nell’attuale Torino, cercando, se possibile, qualche innesto. Giunti a questo punto non c’è molto da perdere e forse, senza colpi di testa, è giunto il momento di rischiare qualcosa?

Dallo spogliatoio, finora, non è trapelato nulla di certo, se non voci di contrasti accesi soprattutto nel dopo partita di Lecce. Sono convinto che gli sforzi di Longo sono volti a comprendere, aiutato da Emiliano Moretti, se qualcuno non crede più in quello che fa e, nel caso, dercare di farlo ricredere o prenderne atto.

Probabilmente Longo sarà costretto a rivedere lo schema adottato. E’ pur vero che l’attuale 3-5-2 è quello con cui la squadra è stata costruita. Ma i suoi limiti, con i giocatori attuali del Torino, sono quelli visti da tutti. Sembrerebbe imporsi un cambiamento di modulo, anche per i diversi obiettivi che attualmente il Torino può porsi. In qualche modo l’allenatore del Torino cercherà di fermare l’emorragia di goal (20 in 5 partite con solo 3 goals all’attivo). Allora occorre un modulo che ne faccia segnare di più per prenderne di meno? Il 4-3-3? Non sta a me dirlo, eppure una squadra che può vantare un attacco con Belotti, Verdi e Berenguer, ma come può far giocare le due ali come due mezzali e far fare il mediano o l’ala a Belotti? Lasciamo sia Longo a fare le sue prove e a decidere.

Non conosco l’animo dei calciatori, ma, a buon senso, se è vero che molti di loro hanno giocato fuori ruolo, può essere che non credano più in a questo modo di giocare: troppi errori personali e di squadra hanno vanificato sforzi ed energie. E' forse necessario operare alcune scelte radicali e curare la serenità e l’autostima dei giocatori, intaccate dalle ultime cinque sconfitte consecutive?

Scrivendo penso a S.Siro, la prossima partita che ci aspetta, e mi appello a tutti i granata che hanno a cuore le sorti del Torino. Penso sia necessario essere molto vicini alla squadra, incitiamoli dall’ inizio alla fine, sicuri che ce la metteranno tutta, lasciando che ritrovino leggerezza e sicurezza in se stessi. Quindici giorni fa per pochi minuti non abbiamo battuto Il Milan: lunedì può essere la rivincita, anche perché si gioca 90’. Forse il profumo di S.Siro esalterà di nuovo Bremer, o forse no, ma noi dovremo essere pronti a urlare sempre Forza Toro. Non sarebbe meglio rimandare qualsiasi contestazione a tempi più opportuni?

Longo ed il suo staff stanno osservando il Toro, il loro Toro. Hanno constatato i sintomi del malato, piano piano troveranno la cura per questo terribile virus per il quale non è reperibile nessun farmaco preconfezionato. Sono convinto che non si ratti di una malattia incurabile, ma solo potente, e con i cataplasmi il Dottor Longo saprà rimettere in buona salute questo Toro.

 

Quando ciò avverrà, quando i calciatori ritroveranno lo spirito di appartenenza in questa squadra, chi più chi meno, allora tutti vedremo il Toro trovare nei propri valori quelle energie con cui avversare il destino, “dando il meglio di sé in situazioni vivi-o-muori, non indietreggiando mai, lottando con le unghie e con i denti, sputando il sangue, lottando fino all’ultimo respiro. Quella garra charrúa che è tenacia & coraggio, non come valori assoluti di per sé, ma come rimedio alle avversità.”[1].

 

Occorre superare il famoso Tremendismo o la proverbiale grinta granata, poiché si tratta di riuscire a vincere oltre le avversità, sfruttando la “garra, quel propellente che rende possibile l’impossibile1”, quella garra che Longo cerca di risvegliare nel Torino.

 

[1] L’ultimo Uomo 19/09/2018