La contestazione covava da lungo tempo. Era sufficiente leggere alcuni forum di tifosi granata per accorgersi che l’onda della protesta andava salendo sempre più.

Interprete della protesta era una parte di tifoseria, attualmente divisa fra chi era a favore e chi contro il Presidente del Torino, Urbano Cairo.

Come spesso accade, in questo contesto si è manifestata la natura faziosa caratteristica della società italiana, in cui difficilmente si realizza uno schieramento comune. Infatti si è venuta a creare una contrapposizione: “Guelfi - a favore di Urbano Cairo“ (sempre-content) contro “Ghibellini - a favore di un ignoto cambiamento” (mai-content). Questi ultimi, per ignoto cambiamento, intendono una neo-Presidenza assunta da un soggetto ideale, non identificato, ma comunque e sicuramente migliore dell’attuale Presidente del Torino.

Le due fazioni hanno iniziato a contrapporsi significativamente circa tre anni fa, con l’esonero del Sig. Ventura. Attualmente la contrapposizione si è fatta più profonda. Si discute non solo per la sostituzione del Presidente, ma anche dell’attuale allenatore Sig. Walter Mazzarri. Questa combinazione, contemporaneo cambio di Presidente e Allenatore, sarebbe oltremodo esplosiva e metterebbe in allarme qualunque società di calcio in quanto ne minerebbe solidità e credibilità, con risultati facilmente prevedibili.

Il periodo di crisi di gioco e di comunicazione all’interno della squadra, verificatosi da più di un mese a questa parte, a partie dal caso N’coulou, non ha fatto altro che fornire ossigeno alla brace covante della contestazione.

Tutto ciò potrebbe essere stato causato da eventuali aspettative alimentate da risultati positivi alla fine dello scorso campionato e all’inizio di quello attuale. Possono anche aver contribuito certe lusinghiere affermazioni del Presidente, come “squadra difficilmente migliorabile” e “calciomercato su modello del Grande Torino”.

Viene attribuita al Presidente la responsabilità di errori nella conduzione della campagna acquisti, come l’arrivo tardivo di Verdi, senza l’auspicato risparmio. Si rimprovera anche al Presidente di essersi attorniato di uno staff societario troppo accentrato su sé stesso ed ancora di utilizzare la società per i propri fini personali (visibilità ed altro). Tutte queste concause, o presunte tali, avrebbero portato ai risultati deludenti di questi ultimi tempi e a nessuna vittoria in 14 anni di Presidenza.

A questa catena di cause ed effetto è derivata una contestazione senza alternativa, cioè più precisamente senza nessun reale acquirente in prospettiva, senza considerare la storia martoriata di questa società. Com’è noto negli anni prima di Cairo si sono visti alla Presidenza una serie di personaggi “discutibili” che hanno portato al fallimento economico del 2005.

In onor del vero occorre riconosce a Cairo l’aver creato dal nulla una società che gode di ottima salute finanziaria. Ha partecipato a due competizioni europee grazie non solo ai risultati sportivi, ma anche ad un bilancio aderente alla politica del Fair Play Finanziario, “ottimo giocatore sceso in campo in fase di qualificazione”. L’utile di bilancio permetteva anche il riscatto, all’inizio dell’estate, di tutti i giocatori in prestito, che diventavano di proprietà del Torino FC.

Questo è lo stato di fatto come appare oggi a chi scrive.

Ora stiamo assistendo ad un’escalation iniziata con qualche coro ostile in curva Filadelfia verso Cairo e l’Allenatore Mazzarri in occasione della partita Torino – Cagliari. Recentemente sono apparsi degli striscioni “anti- Cairo” in città al Lingotto e sui cavalcavia, dopo una parentesi “tranquilla” all’Olimpico Grande Torino in occasione del Derby di sabato scorso.

Questa situazione ha precedenti simili a quanto accadde al Presidente del Torino Cav. Sergio Rossi, noto imprenditore. Sfogliando i giornali del Tempo (La Repubblica 31/05/1987) e articoli in tempi successivi di Toro News che parlano di queste vicende, ripercorriamo quanto accadde allora.

Chi era il Cav. Sergio Rossi? Era un galantuomo Torinese, imprenditore molto facoltoso. Subentrato nel 1982 al Cav. Orfeo Pianelli, il Presidente dell’ultimo Scudetto Granata, Rossi gestì economicamente molto bene la società. Ricordiamo Nizzola, amministratore delegato del Torino di allora, affermare più volte nel corso della contestazione, come "Grazie alla gestione portata avanti dal cavalier Rossi, il Torino è una delle società più solide del calcio italiano”, una situazione esattamente paragonabile a quella attuale.

Come testimonia “Lo psicologo Granata” Riccardo Agnello (Toro News del 23/07/2013), all’inizio della gestione Rossi i risultati furono importanti, con un secondo posto nell’84-85 alle spalle del Verona di Tricella, Brigel ed Elkjaer allenato da Osvaldo Bagnoli. A quei tempi ricordiamo Rossi felice sulla poltrona della Presidenza e quando il Torino vinse un derby al 90° con goal di Serena, esclamò esultante da vero tifoso granata: ”E’ il massimo, vincere il derby all’ultimo minuto è il massimo!!”.

Nella campagna acquisti dopo quel derby, lo scontento incominciò a svilupparsi, quando il Torino non riuscì a confermare Aldo Serena a causa di un accordo tra Inter e Juventus, ciò rese impossibile la riconferma del forte giocatore al Torino, pur avendo messo a disposizione la disponibilità economica richiesta, come ebbe ad affermare la società in un comunicato ufficiale.

Quando i risultati sportivi incominciarono a non essere più soddisfacenti[1], a quel punto la contestazione si fece durissima, inaudita, persino intimidatoria. I muri di Torino furono imbrattati da scritte indicibili ed il clima si fece rovente. Dopo questa contestazione, lunghissima, una sera di fine maggio del 1987, Rossi, esasperato, svendette il Torino ad un prezzo pari ad un terzo del capitale da lui investito (sei miliardi – esattamente il prezzo di Francini - contro i ventun miliardi investiti).

Dopo Sergio Rossi… praticamente il nulla!

Rossi si meritava forse l’onta della contestazione che fu messa in atto allora? Indubbiamente se le persone coinvolte negli episodi di contestazione di quei tempi avessero potuto prevedere cosa sarebbe successo dopo, il Torino avrebbe trascorso un’altra storia. Per esempio, con Rossi, sicuramente il Vecchio Filadelfia non sarebbe stato abbattuto.

Ma inutile rimpiangere quanto è stato “… sospirando il Rossi che poteva essere e non fu” (G.P. Ormezzano – Toro 1906 – 2006 Un secolo per sempre). La storia del Cavalier Rossi può servire oggi, come termine di paragone, per suscitare delle riflessioni.

Si potrebbe essere prudenti ai nostri giorni, consapevoli della nostra storia e dei nostri valori?

Proprio adesso, quando sono in agguato avvoltoi internazionali che fiutano affari e che rovinano squadre, essendo digiuni di calcio e tanto più digiuni di Toro?

Per non correre ulteriori rischi, ora che si è consapevoli di quel che può avvenire, si potrebbero meditare passi opportuni?

La storia la conosciamo, quella storia che talvolta si ripresenta e ci consente di comprendere gli errori del passato per non ripeterli. Tuttavia dare risposte a queste domande non è affatto semplice. Allora come uscire da questa situazione?

Una via di uscita forse l’ha suggerita Cereser in un’intervista recente a Toro News: “Si dovrebbe essere sportivi e solidali nei confronti della propria squadra del cuore nei momenti belli, ma anche in quelli difficili. La reazione del Toro passerà necessariamente dalla compattezza dello spogliatoio, della società e dei tifosi”.

Certamente i tifosi del Torino sanno essere solidali con il Toro nei momenti difficili, quando ad esempio il destino ha messo in dubbio la sua stessa esistenza o ha colpito un suo giocatore, ma di fronte a momenti critici analoghi alla situazione attuale spesso i tifosi si sono disuniti. Ecco allora come forse sia possibile una reazione che porti ad un abbassamento dei toni della polemica fra i tifosi. Questo potrebbe contribuire a rasserenare il clima ed a realizzare quella compattezza negli intenti che auspica Cereser.

Quanto affermato da “Trincea” dovrebbe essere meditato e portato avanti, secondo chi scrive, con costanza e determinazione, pensando a qual è l’intento che si prefigge un tifoso.

In fondo il nostro scopo è semplice: vedere delle belle partite, in un ambiente che può dare il massimo, con quel fascino di poesia caratteristico dell’atmosfera del Torino, che sa di sapori antichi e insegna la voglia di prendere a calci il destino. Lo dimostrano le vicende a partire dalla Leggenda Granata, dal Grande Torino, da Gigi Meroni, da Ferrini, da Pulici, Graziani e Claudio Sala, da Leo Junior e via via fino alle rovesciate di Belotti.

Ecco il Torino, quando funziona: una culla di sentimenti e di poesia. Perché il goal è anche poesia: “Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del “goal”. (Pier Paolo Pasolini, da Il giorno, 3 gennaio 1971) Quando il meccanismo si inceppa, occorre pensare a come rimetterlo in moto….

Questi i tifosi che possono superare le divisioni, trasformando una civile contestazione in un momento di positive proposte e disponibilità verso il Torino.

 

[1] Nonostante gli acquisti di Leo Junior, di Pato Hernandez, il rientro di Radice -l’allenatore dello scudetto del 76 - e fu anche ventilata la cessione al Napoli di un giocatore molto valido, cresciuto in casa Toro, come Francini, per reperire sul mercato la liquidità necessaria per l’acquisto di un forte giocatore - l’obiettivo era la punta del Kaiserslautern Vuttke.