Per qualche strano meccanismo della mente umana, la nostra psiche tende a memorizzare più un evento negativo che un evento positivo. Non a caso infatti i bambini dimenticano in fretta i tanti regali fatti dai propri genitori, a fronte di un unico divieto. Se di fronte alle negatività la nostra memoria e dunque corta, nel mondo del calcio diventa cortissima, a tratti inesistente. Tra tutti i tifosi serpeggia infatti una patologia molto comune e quasi cronica, quella dell’amnesia che a tratti sembra avere più i tratti della demenza senile. Come nel caso di chi stamattina si è preso la briga di attaccare ai cancelli dell’Alleanz Stadium due cartelloni di nefasta ignoranza, dimenticando evidentemente il lavoro fatto da Agnelli nell’ultimo decennio.

Una sorta di equazione inversa in cui una sola stagiona sbagliata (che registra comunque due trofei nazionali come la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana) vale evidentemente più delle nove che ci siamo appena messi alle spalle. Questi stessi pseudo tifosi, oltre ai 18 trofei vinti negli ultimi dieci anni (quasi due a stagione oltre alle due finali di Champions), hanno dimenticato in che acque navigava la Juventus prima dell’arrivo dell’attuale presidente. Calciopoli e la gestione sotto la presidenza di Cobolli Gigli, aveva relegato ormai questa Società perennemente fuori dalla zona Champions, salvo il biennio Ranieri. Quando nel 2010 Andrea Agnelli sotto decisione del cugino John Elkann assume il comando della Società, avvia una rivoluzione manageriale che coinvolge tutte le principali aree manager sportive ed economiche e che portano all’ingresso dei noti Marotta, Paratici e Nedved. Al primo anno arriva un settimo posto e una perdita di bilancio record per la Società, ma si intuisce subito che sarà un semplice anno di transizione. Il resto è già storia, con il record di titoli nazionali vinti mai raggiunto nella storia dei 5 principali campionati europei e che possibilmente non potrà mai ripetersi.
Ecco, questo è Andrea Agnelli, un vincente che ricordo a bordo campo ancora minorenne ai fianchi del padre Umberto e che continua a tenere unita storia e tradizione di un cognome che da più di un secolo rappresenta l’intero club. Se devo attribuirgli un unico ma imbarazzante autogoal, è stato quello di lasciare andar via il miglior D.G. italiano, ovvero Marotta, lasciandolo tra l’altro accasare in quella pinetina dei rivali storici. Tuttavia solo chi non opera non sbaglia, ed immagino ci saranno comunque state delle logiche ragionevoli alla base di questo divorzio che aldilà dei rumors sull’operazione Ronaldo, in realtà rimangono sconosciute. Chi ricopre determinate posizioni è chiamato a prendere decisioni determinanti ogni giorno, e purtroppo non sempre queste risultano azzeccate, ma è fuor di dubbio che l’ago della bilancia pende pesantemente a favore dell’attuale gestione, non solo in merito ai risultati sportivi ma soprattutto alla gestione economica (fino all’avvento del Covid) e all’incredibile crescita del brand.

Per tutti questi motivi, nonostante sia conscio della delusione per l’ultima campagna acquisti, ma ben consapevole dei motivi di questa condotta, rimango sconcertato a leggere determinati commenti o striscioni. Poi mi fermo un attimo e mi ricordo che in realtà chi critica in questi termini la Società e il suo presidente sono solo degli amanti delle bombolette spray, poco inclini al vero inchiostro, quello che esce da una china per fare vera informazione ed emozionare i veri tifosi, quell’emozionante inchiostro che ci racconta Caparezza nel suo “Chinatown”.