Anno nuovo, vecchie abitudini. La stagione 2021/2022 è appena iniziata ma a giudicare dall'andamento del VAR, sembra che la vecchia non sia mai finita. In un paese restio alle rivoluzioni o semplici integrazioni regolamentari, non fa eccezione il mondo dello sport e del calcio in particolar modo, che dopo aver superato lo scoglio dell'introduzione del VAR, stenta oggi ad apportare le oppurtune modifiche, sempre più necessarie alla luce dell'esperienze passate. Lasciando per un attimo da parte il capitolo sul tocco di mano, la cui nuova norma sembra apportare più confusione che ulteriore certezza, vorrei soffermarmi oggi sul tema del fuorigioco. Apparentemente lontano da ogni forma di discrezionalità arbitrale, ma con una sottile insidia nella fase di elaborazione. A scanso di equivoci, premetto subito che non amo parlare delle decisioni arbitrali e dei favori o torti subiti da una squadra piuttosto che da un'altra, anzi preferisco analizzare vittorie e sconfitte meramente da un punto di vista tecnico-tattico. Il principio del mio discorso vuole fermarsi unicamente ad una interpretazione onesta e trasparente di questo strumento, applicato al calcolo del fuorigioco.

Ad oggi infatti, tale applicazione, al pari della goal line technology, viene ritenuta unica ed inequivocabile, in quanto epurata dal principio di discrezionalità arbitrale. Ebbene se non vi sono dubbi nel caso della seconda ipotesi, ne rimangono invece - e non pochi - laddove vengano rivisti i casi di offside segnalati o meno dai guardalinee. In questi casi infatti subentra un elemento così sottile quanto determinante, ai fini della giusta risoluzione decisionale (soprattutto nei casi di fuorigioco millimetrico, di cui ne sono esempi i recenti match di Roma-Fiorentina e Udinese-Juventus), ovvero il frame. La valutazione finale è spesso condizionata in maniera propedeutica dal frame di riferimento, lasciando ampio spazio all’interpretazione in cui l’arbitro var stabilisce il fermo immagine. Non vi è discrezionalità nel fermare l'immagine un secondo prima, anziché uno dopo, se la palla non è ancora stata lanciata dal calciatore? In Roma-Fiorentina ad esempio in occasione del secondo goal è stato dimostrato che nel lasso di tempo in cui la palla è ancora attaccata al piede del calciatore che sta per passarla, ci sono almeno due potenziali frame, uno che lo tiene in gioco e uno che lo manda offside.
Alla luce di ciò credo risulti indispensabile, già da subito, inserire un limite di tolleranza in queste situazioni al limite, affinché sia impossibile che due differenti frame distanziati di pochi millesimi di secondo, possano partorire risultati differenti. Ricordo che prima dell’introduzione del VAR la linea guida per gli assistenti dell’arbitro era quella di non alzare la bandierina in caso di dubbio. Seguendo la stessa ratio appare indispensabile l’introduzione di una tolleranza espressa in termine percentuali all’interno del calcolo dei centimetri, che possa determinare la regolarità o meno dell’azione di gioco. D'altronde il perdurare dell'attesa di oltre 50/60 secondi prima che l'arbitro di campo riceva la decisione finale dalla sala VAR, può essere già un indice indicativo del dubbio, e dunque della tolleranza di cui sopra.

Di una riforma simile ne beneficerebbe anche lo spettacolo, la regolarità del gioco e soprattutto l'esultanza dei tifosi, troppo spesso strozzata o andata a vuoto per un frame sbagliato, in fondo è solo questione di millesimi di secondo... quelli che sanciscono la differenza tra chi vince e chi perde.