Vi siete mai chiesti se riuscireste a ricordare per filo e per segno l’intera cronologia delle vostre azioni se domani vi risvegliaste in uno qualsiasi dei giorni già vissuti nella vostra vita?
Avete mai provato nostalgia per un momento condito da particolari che, se non fossero relativi a quell’evento preciso, verrebbero rimossi nel più classico dei meccanismi freudiani? Io sì.

Personalmente non credo troppo a chi accusa di vivere nel passato perché il nostro passato vive nelle nostre personalità, condizionate da momenti già vissuti e plasmate dalle conseguenze di tali momenti.
Vite dirottate dal caso come i personaggi dei film di Woodyalleniana memoria o vite algoritmate e predeterminate come quella del The Truman Show? Non lo sappiamo o non ci è dato saperlo ma noi, che viviamo per lei, possiamo solo arrenderci alla nostra memoria storica e rimembrare frammenti di esistenza collegati inesorabilmente al pallone e a quei sogni di cuoio che ci cullano fin da tenera età. Motivo per il quale, imbastirò in quest’articolo la mia personalissima Top 11 incastonata nelle meningi, quella che per un motivo o per un altro mi rimanda a degli improbabili asterischi a metà tra la nostalgia e la psichiatria (una mente lucida non avrebbe mica redatto una rubrica del genere, ndr).

In porta Vincenzo Sicignano. Magico portiere del Lecce di Zeman, che il 22 Settembre 2004 decide di entrare nella mia testa parando un rigore a niente popò di meno che Francesco Totti. Cucchiaio? Azzannato con la forchetta. Che idolo. Le tedesche (gioco di strada che prevede infiniti partecipanti contro un solo portiere) da quel giorno in poi avranno sempre lo stesso nome tra la porta e la finestra che facevano da pali nella stradina usata come campo di battaglia. Si scrive Sicignano, si legge-nda. #1.

Terzino dx. Cèsar Prates. Ben 3 presenze nel Chievo 2006/2007. Sono bastate per entrare nel mio cuore. All’epoca si aspettava tutta la settimana per il consueto appuntamento con la Gialappa’s su Italia 1. Mai dire gol, ma da quell’anno diventò mai dire Cèsar Prates. E’ ancora virale il video dell’esterno clivense che si accinge a raccogliere una palla in volo per spararla fuori dall’orbita terrestre. Sono passati 15 anni, ma ogni volta che nei miei calcetti qualcuno si affida alla bontà di tale gesto tecnico, l’ugola carica da sola l’urlo squarciante che recita la storia. CESAAAAAR PRATEEEEEES

Centrale dx. Nicola Legrottaglie. Alzi la mano chi, almeno una volta nella sua infanzia, non è stato costretto dalle volontà materne a fare qualcosa che non gli era particolarmente gradito. Io non volevo andarci, alla messa della domenica mattina. Divenne decisamente più interessante quando mi fu permesso di sudare l’anima al campetto della parrocchia, ma solo dopo l’immancabile messa. E così, dopo il primo tentativo (fallito) di fingere di dormire, una volta sveglio e tirato a lucido (come lucida era la pettinatura impallata dal quintale di gel Megastrong) si andava a conquistare un posto in paradiso, consolato dal fatto improbabile che anche il centralone di Gioia del Colle subisse lo stesso calvario. I belong(ed) to Jesus, come le magliette di Nicolino.

Centrale sx. Marco Capuano. Ci fosse ancora Maurizio Mosca tra noi oserebbe uno scontato quanto banale “Chiiiiiii?????”. Nel 2011, tornavo da scuola il sabato con l’unica grande ambizione di sintonizzarmi su Diretta Serie B per ammirare il Pescara di Zeman. Ora, chi osserva sa che il boemo tutto era fuorchè un difensivista e con queste premesse anche il Nesta nelle migliori condizioni avrebbe fatto fatica nella giungla della Serie B. Ma Marco Capuano, no. Lui, ha retto più che egregiamente l’appuntamento con la gloria. Sono 8 anni che mi riferisco a lui come modello di comportamento nella vita. Lui era da solo, i terzini giocavano da ali e le ali da attaccanti. Nella solitudine, ha trovato il modo di sopravvivere con gli anticipi e un’intelligenza tattica rara. “Siamo soli” cantava Vasco, Capuano era solo da solo, senza compagnìa. Non ha avuto la carriera che meritava, ma merita per sempre il posto in questa speciale classifica.

Terzino sx. Fabio Grosso. Non spenderò più parole del dovuto per descrivere chi già è stato descritto da libri, film e sentimenti condivisi. Ricorderò per sempre mia sorella che sentenzia all’ultimo rigore della lotteria: “Chi è questo Grosso?”. Fabio impartisce lezioni di sangue freddo al mondo e lezioni di vita a mia sorella, con un rigore che sublima una carriera intera. 

Mediano dx. Geoffrey Kondogbia. Estate 2015. Da sbarbato sognatore qual ero mi ero invaghito di una tipa, non la più bella nè la più simpatica. Semplicemente la più interessante. Così, durante una festa per i 18 anni, mi faccio avanti e le chiedo di seguirmi. Io che non sono esattamente il prototipo del maschio latino con la battuta pronta, mi blocco e di colpo non so più che dire. Mi esce un flebile “Kondogbia al Milan, hai visto?” e lei risponde con un ancor più timido “Ah”. No, domani non ci sposiamo e no, Kondogbia alla fine non è andato al Milan. Dopo quella sera le ho masterizzato un disco e ci ho scritto su col pennarello “Belle&Tristi Kondogbia Edition” ma questa piccola grande storia d’amore è durata quanto Kondo al Milan, cioè niente. C’est la vie.

Mediano sx. Piermario Morosini. Quel 14 aprile del 2012 avevo litigato pesantemente con tutta la famiglia. Stupidate rese macigni a causa delle circostanze. Esco, sborbotto e sbatto la porta. Cammino, non mi do pace. Ancora minorenne, entro in un centro scommesse sordido, di quelli che “la schedina te la gioco ma mettila in tasca”. Sullo schermo a destra c’è Pescara-Livorno. Piermario si accascia, perde i sensi. Morirà poco dopo. In un attimo la “tv del dolore” recupera la biografia integrale del numero 25, rimasto orfano della madre a 15 anni, del padre a 17. Il fratello morto suicida l’anno dopo. La sorella, disabile. Quel 14 aprile non è stata l’ultima volta che ho avuto un litigio in famiglia, ma l’ultima che ho desiderato di non averla più dopo averci litigato.

Trequartista. Antonio Cadreva. No, non Candreva, proprio Cadreva. Particolare che mi rimase impresso quando il giovane Antonio sfoggiò ai tempi di Livorno una maglia che venne stampata senza la “N”. “Ma com’è possibile che una squadra di serie A sia così poco professionale?” pensai. Poi, nella stessa partita, mi accorsi che anche Perticone aveva sulla schiena un altro nome. “Petricone”. Oggi, a distanza di un decennio, per tirarmi su di morale, penso ai magazzinieri del Livorno stagione 2009/2010. Aspirare ad una vita tranquilla e senza pensieri è niente se paragonato a loro. Eroi senza macchia e... senza maglia.

Ala sx. Simone Pepe. Tu chiedi alle persone normali i numeri 7 più forti della storia e loro ti diranno in sequenza Cristiano, Figo e Beckham. Chiedilo a me e ti dirò Simone “Speedy” Pepe. Mi fa vincere il primo fantacalcio della mia vita. Lo prenderò alle successive 5 aste ma farà meno partite ufficiali di me, che il massimo dell’ufficialità l’ho raggiunto nel Torneo Interparrocchiale di Calcetto del paese. Non importa. SP7 > CR7.

Ala dx. Francesco Valiani. 31 Agosto 2008. Prima stagionale a San Siro, il Milan presenta Ronaldinho ai suoi tifosi. Io accendo per la prima volta il nuovo decoder del digitale terrestre, ricordo ancora il suono della tessera che raggiunge l’apposito slot. Flip. 2 ore dopo sono ancora sul divano a pormi delle domande. Com’è possibile che il Milan che quell’estate ha speso più soldi di quanti ne abbia speso il Bologna nella sua storia, ha perso contro una squadra neopromossa in Serie A? Dura la vita delle squadre di calcio. Tu spendi, e non hai nemmeno la certezza di aver fatto la cosa giusta. Francesco Valiani, stipendio irrisorio e carriera mai ai vertici, mi fece capire con un “destro arcobaleno” quello che celebreranno fino allo sfinimento il vate Caressa & lo zio Bergomi. Il calcio è veramente strano.

Attaccante. Gionatha Spinesi. Anno Domini 2007. Una volta ho provato a calcolare i soldi spesi per quella collezione di Calciatori Panini. Il numero che ne è venuto fuori bastava per ovviare alla fame nel mondo. Decine e decine di blitz in cartoleria. Centinaia di ricreazioni spese per trattare i doppioni. Bacio della buonanotte prenotato alla figurina del “TirSimone Tiribocchi, attaccante del Lecce dei miracoli. Ma...in questo quadro idilliaco di cuore e adesivi, una drammatica conclusione squarcia questo ricordo da quasi 12 anni. Me ne manca una per completare l’album. Gionatha Spinesi, maledetto il giorno che (non) ti ho incontrato. “Eh ma potevi richiedere la figurina mancante” direte voi. “Eh, ma non è la stessa cosa!” risponderò io. E’ l’antica legge delle figurine. L’album lo si completa in edicola, solo ed esclusivamente in edicola.

Non so voi, ma forse è meglio così. Meglio avere questa metafora della vita, meglio sperare sempre in qualcosa di migliore, in qualcosa che ti completi ma solo in parte. Perché poi, a prescindere da quello che ti completerà, mancherà sempre una figurina.

E forse è meglio così.

 

Renato De Filippi