Io vorrei essere in un altro tempo, in un altro spazio, in un’altra dimensione. Per non essere costretto a vedere questo, per non essere costretto a sentirmi così stupido. Ma pensa te, è tutto qua, in una conferenza stampa di un’estate torrida, asfissiante non tanto quanto i pensieri soffocanti delle ultime ore. 

Io che l’ho sempre saputo che l’infinito non esiste, io che mi prendevo in giro ignorando le mie consapevolezze. Perchè l’amore è molto simile al calcio: anzi, se l’amore ti mette i prosciutti sugli occhi… il calcio ti manda direttamente ad un corso accelerato di salumeria avanzata. Perchè arriva sempre un momento nella vita di un tifoso in cui idealizza qualcuno che ha un numero sulle spalle e lo rende intimamente personale. Non è retorica, è pragmatica: ci si autoconvince che l’universo te lo ha portato lì, come un pacco regalo, solo perchè tu ne usufruisca. E nel frattempo pensi che lui senza di te non avrebbe ragione d’essere perchè non potrebbe riempire la vita di nessuno come lo fa con te. Capite? Si riduce tutto al me stesso. Non è romantico instaurare dei rapporti di potere emotivo con qualcuno che non sa neanche che esisti. Anzi, detta così è anche un po’ patetico. 

Io, il tifoso di calcio medio, sono un solipsista. Un po’ come Cartesio. Ogni azione che si esplica all’esterno è ricondotta all’interesse personale di un unico e solo Io, che stabilisce quali leggi morali rispettare e quali no. Avere chiaro questo significa accettare il proprio ruolo da tifoso nel mondo del calcio: un rapporto emotivo unidirezionale, mutabile dalle circostanze e influenzato da fattori esterni non dominabili. Cosa puoi dominare? Solo te stesso, facendo in modo di prepararti al peggio e godendoti il meglio con quella scia di sorpresa che contribuisce all’illusione di potere qualcosa. 

Tu. Tu quanto vali? Poco, all’inizio. 

"Io, Charly Rexach, in presenza di Horacio Gaggioli e Josep Maria Minguella, sono d’accordo all’assunzione di Lionel Messi alle condizioni concordate nonostante il disaccordo interno del club".

Questo il testo del tuo primo contratto, scritto su un tovagliolo di un ristorante anonimo, senza troppe pretese. Potrebbe andare bene ma probabilmente andrà male. Avrai pensato questo, quel giorno. Lo avrei pensato io per te, fossi stato là. É andata benissimo. Non stiamo qui a parlare di quanto è andata bene ma di quanto è finita male. Ti sei perso la fine del viaggio, la chiusura del cerchio: un cerchio non chiuso è una curva. E le curve sono fredde. Sia chiaro, io non ti reputo una curva moscia, di quelle che magari in TV fanno vedere per proiettare i contagi o i decessi da Covid. Ti immagino più che altro una curva ascendente, sfavillante, incontrollabile: un ascensore verso il Paradiso che ipotizzo pieno delle tue sterzate, dei tuoi lob, dei tuoi passaggi impossibili. O forse quelle curve più simili a quelle di una donna, di una mamma che ci dona il suo amore a noi piccoli esseri ignari di tutto. Perchè c’è stato un prima e un dopo di te, e Tu ci hai svezzato dalla tattica e dalle idee di sport contemplate nella fisicità scultorea degli antichi greci. Non serve più tutto ciò, le curve delle tue traiettorie partorite da una mente geniale come solo la tua può essere ci ha elevato ad una dimensione superiore e noi abbiamo goduto di ciò, legati come ad una fontana in un deserto arido. 

Lui lo sa. Ne è uno dei più consapevoli. Ed è abbastanza paradossale che a chiudere la porta del Barcellona a Messi sia uno che di cognome faccia “Laporta”, di cui è stato e continua ad essere il pres. Lo fa intendere in conferenza stampa, quella più deprimente della storia blaugrana, ostentando una sicurezza che invece che rassicurare fa rabbrividire. Quindi la colpa di questo divorzio è la sua? No. Almeno non secondo lui. La giunta precedente, a sua detta, ha gestito in maniera calamitosa il monte ingaggi e il tetto trasferimenti, andando a rendere oggi impossibile un accordo doveroso. 8 zeri a testa tra Coutinho, Dembélé, Griezmann. 50 milioni per Malcom, 90 per de Jong, 60 per Pjanic. Questo è il vero motivo per il quale Messi non farà parte del Barcellona: quest’ultimo non è all’altezza di Messi. Ha fallito su tutti i fronti: gestionale, economico, umano (sebbene di umano nello spendere senza garanzie e senza criterio per una manciata di calciatori il PIL dell’Eritrea ce n’è veramente poco).

Poi i tempi, come si fa ad essere così impreparati sui tempi. “Ho parlato con Jorge Messi ieri, avevamo parlato anche l’altro ieri. Leo l’ho sentito per messaggio e avevamo previsto di firmare il contratto ieri con una conferenza stampa congiunta.” E poi ancora: "Il financial fair play della Liga non ci permette di rinnovare il contratto di Leo Messi". Già, come se il FFP della Liga fosse nato ieri e la situazione debitoria del Barcellona fosse incrinata di qualche spicciolo. 

Un addio di questo tipo va ponderato, calcolato, programmato per tempo. Per dare la possibilità di salutare con onore uno che ha preso il libro di storia del tuo club e lo ha riscritto. E ci ha messo delle illustrazioni fantastiche.

Noi. Cosa rimane a noi e di noi? Rimane la consapevolezza del tempo che sfugge al nostro controllo, rimane la possibilità che le favole non sempre hanno il lieto fine e la certezza che dai sogni prima o poi ci si sveglia.

A noi sarebbe servito, il lieto fine. Eccome. Perchè a noi, tutto sommato, non entusiasmano più di tanto le storie dei professionisti. Quei professionisti che conducono una doppia vita separata tra privato e professione, che ribadiscono continuamente che fanno quello che fanno solo perchè vengono pagati profumatamente per farlo. 

A noi, che viviamo per lei, quella parte di professionalità... beh come direbbe Renè Ferretti “c’ha rotto er cazzo”. Per una volta vorremmo sentirci dire che la loro professionalità non invade minimamente la loro fedeltà a qualcuno o qualcosa. Vorremmo vederne alcuni di loro che le favole le compiono e che riescono ad uscire dalle fauci del Pesce-Cane. Per poi diventare bambini veri e rendere orgogliosi noi, piccoli Mastro Geppetto che li abbiamo visti crescere ed evolversi.

Voi. Voi che, mentre sto scrivendo queste parole, avete già prenotato la Tour Eiffel per presentarlo alla vostra gente. Una cerimonia in grande, fuochi d’artificio, luci stroboscopiche, la folla in delirio. 1 Mld e 400 mln spesi nelle ultime 11 stagioni, solo di cartellini. Bellissimi, fortissimi, affiatatissimi. Oserei dire glamour in alcune situazioni. A voi non posso che dire grazie. Grazie perchè ci dimostrate ogni anno che passa, ogni stagione che giocate ed ogni cartellino che stra-pagate, che lo sport per il quale Noi ci siamo innamorati non è questo. Grazie perchè tutto il luccichìo che emanano le vostre strutture all’avanguardia, le vostre maglie con partnership commerciali inarrivabili e ovviamente il vostro fondo sovrano qatariota non è un trofeo. Non ha valore in questo sistema. E questo sistema ve lo ricorda spessissimo, a suon di sconfitte nazionali e internazionali. 

Loro, non hanno colpe. I vostri tifosi, intendo, non hanno colpe di tifarvi. Come potrebbero averne dal momento che si impara prima a tifare una squadra di calcio e poi a camminare? Voi provate a manipolare il calcio solo dal 2011, loro ci sono da sempre. E tifare non significa (solo) spingere per questo o quel trasferimento. Loro, come tutti noi, tifano il campo, tifano le storie, tifano lo sport. Non i bonifici, lo sport. “Parte l’IBAN, prende la classica rincorsa BIC/SWIFT, deve solo scegliere se calciare dentro l’Area Sepa o a rientrare”: avete mai sentito Pardo raccontare una punizione in questo modo? Io mai.

Ora, con tutta probabilità, si godranno il (forse) miglior calciatore della storia di questo sport e io sono felice per loro, forse un po’ invidioso: godranno solo loro di un patrimonio sportivo dell’Umanità. 

Lo sapete? Alcune favole mentono. Pinocchio ad esempio non diventa bambino, non si riconcilia col mondo e non renderà mai orgoglioso Mastro Geppetto. Secondo il finale originale di Carlo Collodi, il protagonista di legno muore impiccato ad un albero, per opera del Gatto e la Volpe. Un epilogo macabro per lo scopo per cui era stato pensato, tant’è che l’autore deciderà, solo in un secondo momento, di continuare a sviluppare il personaggio e rendere ai suoi giovani lettori una morale e soprattutto un lieto fine: quello che oggi tutti noi conosciamo.

Non posso dirlo con certezza ma mi piace pensare che, fosse nato ai nostri tempi, Collodi non tiferebbe PSG.

@sognidicuoio