Il calcio moderno è sempre stato uno sport populista, là dove con questo termine si può anche intendere la sua diffusione popolare globalizzata e infra-classe, non solo nella sua concezione più negativa e visibile alla massa di quanti non urlano sui social network e non credono che la ragione risieda nel sapere usare un tono di voce prevaricante rispetto al proprio interlocutore (in alcuni casi un vero e proprio avversario). Ma non fa niente, questo non è un problema, è solo uno spostarsi dal bar al web, senza birra e grappe, senza la possibilità di poter guardare negli occhi chi ci parla e magari prenderla con un po' di ironia, divertirsi, parlare di sport.
Questo sport sta perdendo lentamente di poesia, sta perdendo sempre di più il contatto con la parte infantile e ludica che animava persone come mio padre, persone che riuscivano a cogliere la bellezza di essere uomini là dove si fermava la palla, che fosse in una rete, su di un palo o in tribuna come il rigore del Divin Codino a Usa '94.
C'erano eroi come Maradona che vinceva un mondiale con la squadra più scarsa che abbia mai vinto un mondiale. Ma lui era El Cid, era Simòn Bolivar, era Martin Fierro, ed era infinitamente di più e poteva permettersi il lusso di fare la storia semplicemente calciando una palla. Vedete cosa è in grado di fare la bellezza degli uomini?
C'erano anche i piccoli uomini, quelli che nella storia del calcio sono stati solo comparse e comparse non lo furono mai davvero, perché erano nel meccanismo di una storia che sapeva emozionarci, che sapeva emozionarmi quando da bambino vedevo Miccoli che era alto quanto me giocare nella Juventus e allora era il mio eroe. Solo per questo, solo perché c'era qualcuno più piccolo degli altri che li affrontava, li batteva e non si dava mai per vinto e quel giocatore si è portato via un pezzo della mia piccola infanzia.
Siamo perduti. Il calcio è soldi, sponsor, pubblicità, merchandaising, CDA e tutta una serie di incomprensibili nomi che non hanno più niente a che fare col rumore di una rete che si muove per la prima volta quando giochi su un campo di cui non hai mai respirato il profumo dell'erba. Ma queste parole sono il calcio, indubbiamente, perché sono parte della vita degli uomini, perché altrimenti Cruijff non avrebbe mai lasciato l'Ajax del calcio totale e Il Fenomeno e il suo omonimo portoghese non sarebbero mai andati al Real. Sono uomini, contano tante, troppe, cose. E' sempre stato così in fin dei conti, lo sappiamo, ma allora perché fa così male?
L'argomento è troppo vasto da poter trattare qui, avrei bisogno di un libro, di storie oltre alle mie, le storie di chi ama questo gioco come quando era bambino. Ecco, come quando eravamo bambini, vediamo il calcio con l'occhio degli adulti che non si commuovono ma vogliono risultati, vogliono prevalere e non sanno più vedere la bellezza e la grandiosità di squadre come Borussia, Atletico e Juventus che sono arrivate in finale contro ogni pronostico per poi perderle quelle finali e io mi sono commosso per ognuna di loro. Mi ricordo di Godìn, un leone, mi ricordo facilmente di Pirlo, che sembrava un bimbo, mi ricordo a sprazzi del Dortmund, che speravo ardentemente vincesse, perché sarà banale ma tra Davide e Golia farò sempre il tifo per Davide. Andrei avanti per ore a parlare e a ripescare ricordi che non sono fisicamente miei (perché sono del '91) ma che mi trascino dietro senza saperlo e ogni tanto ripesco dal passato, perché l'amore per il gioco è senza tempo.
Ma è solo una storia, un racconto perduto, una lista infinita delle armi e della caduta degli eroi.
Perché lo sport era l'epica del ventesimo secolo e dobbiamo tornare un po' bambini per far sì che quello spirito si tramandi al nostro tempo.
Perché in un mercoledì 17 giugno del 1970 allo Stadio Azteca di Città del Messico l'Italia batteva 4-3 la Germania e ancora oggi quella squadra viene esaltata, ma la stessa cosa non potrebbe succedere ai giorni nostri. Oggi quella squadra di eroi verrebbe vilipesa e accusata di aver perso ingloriosamente 4-1 in finale contro Sua Maestà Edson Arantes do Nascimento. Rispetto a questi uomini e a queste storie io sono nato da poco e a volte ho paura di non poter vivere nulla di tutto ciò. Poi mi guardo una partita di calcio e per una briciola d'istante, fortunatamente, torno bambino. Ancora una volta.
P.S. casomai qualcuno approdi a questo ultimo limbo del web e volesse raccontare una storia, lo faccia. Sarebbe bello ascoltare un'altra voce.
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