Il padre di tutti gli dei dell’Olimpo era Cronos (noto ai Romani come Saturno), il quale aveva l’empia abitudine di divorare i figli appena nati; Giove riuscì a sfuggire a questa macabra sorte grazie alla madre e, divenuto adulto, sconfisse il padre facendogli poi rigurgitare tutti i fratelli che, in quanto dei, non erano morti ma solo in stand-by. Il nome che i Greci avevano dato a questa divinità è emblematico: Cronos significa tempo, infatti il tempo divora tutto ciò che crea.

Sarebbe bello per i tifosi del Napoli se anche il presidente De Laurentiis potesse rigurgitare tutto quanto di buono ha distrutto dopo averlo pazientemente creato. Gli va riconosciuto l’indubbio merito di aver risuscitato il club da un fallimento e di averlo portato in pochi anni ai vertici della Serie A, amministrandone saggiamente le finanze.
E poi? Ha lasciato andare un allenatore, da lui valorizzato dopo averlo visto all’opera ad Empoli, che aveva diretto il Napoli per tre anni contrassegnati da una crescita costante: 82 punti il primo anno, 86 il secondo, 91 il terzo, il tutto senza comprargli non dico i fuoriclasse, ma neanche quei giocatori di seconda fascia europea che pure aveva messo a disposizione degli allenatori precedenti Benitez e Mazzarri. Sarri congedato ed etichettato come perdente, dopo che gli aveva confezionato un gioiello che suscitava ammirazione in tutta Europa e soprattutto, senza andare lontano, nelle stanze della acerrima rivale di campionato che, appena ha potuto farlo, lo ha ghermito.

Dunque a Sarri il benservito, in favore di un tecnico storicamente vincente, Ancelotti. Vincente sì, ma con squadre che hanno sempre vinto nei rispettivi campionati e comunque con ben altri budget (Milan, Juve, Real Madrid, Paris Saint Germain, Chelsea, Bayern); un tecnico forse anche superato nella visione del calcio.

Oggi il Napoli è di nuovo una squadra normale, che può arrivare soltanto là dove i singoli giocatori gli consentono, ossia non molto lontano. Mentre prima aveva un valore aggiunto: una ferrea organizzazione di gioco che mandava sottosopra le gerarchie di budget, che lo metteva in condizione di comandare il gioco su ogni campo della serie A e di vincere, spesso e volentieri, sia pure non sempre perché per vincere certe partite ci vogliono anche le prodezze individuali.

Dei risultati deludenti di questo primo terzo di campionato si dà la colpa a destra e a manca, come un alzo a zero, ma il nome che si sente o si legge più frequentemente da sedicenti giornalisti è quello di Koulibaly, reo di non essere più infallibile. C’è qualcuno che addirittura suggerisce ad Ancelotti di avvicendarlo, proprio lui, l’unico top-player del Napoli. Per sostituirlo con chi, con Luperto o Maksimovic? E quanti disimpegni sbaglierebbero? Anche dopo la gara interna col Salisburgo molti hanno additato il suo errore che ha causato il rigore, ma pochi hanno sottolineato che da quel momento non ha sbagliato più nulla, reggendo il peso che grava sulla difesa di una squadra che non ha più equilibrio. Una partita che senza di lui probabilmente il Napoli avrebbe perso. Kalidou, li hai abituati proprio al meglio! Intanto i grandi club europei sono lì, compresa la Juventus, con le fauci spalancate come il coccodrillo di Peter Pan, in attesa che Cronos De Laurentiis si privi del fuoriclasse senegalese, come ha già fatto in passato per Higuain, per Cavani, per Lavezzi, per il Comandante Sarri.

Tutti stanno giocando al di sotto del proprio standard, con la lodevole eccezione del terzino Di Lorenzo. Perché? Non hanno più i riferimenti di prima. Il Napoli di Sarri aveva un possesso palla di alto livello, cresciuto progressivamente nei tre anni di lavoro. Il portatore di palla aveva sempre un compagno libero per lo scarico e poteva fare la giocata semplice. Se il compagno è lontano il giocatore è costretto alla giocata difficile, i suoi limiti diventano critici ed è più probabile che sbagli. Una delle modifiche tattiche di Ancelotti con le ricadute più negative è stata l’abolizione del perno centrale di centrocampo, per passare al tradizionale 4-4-2. Il ruolo che prima era svolto da Jorginho, non che l’italo-brasiliano sia un fuoriclasse ma un buon giocatore, è stato sacrificato per avere due punte centrali e due esterni di centrocampo. L’auspicata maggiore fluidità in attacco non è arrivata, mentre le certezze di centrocampo si stanno dissolvendo come un bel sogno che dilegua al mattino. La riforma sembra oltretutto mal pianificata in quanto nessuno degli attaccanti è adatto a rivestire il ruolo della seconda punta centrale. E’ piuttosto un 4-4-2 che somiglia in maniera preoccupante allo sgangherato 4-2-4 della Nazionale di Ventura, specie quando l’esterno sinistro di centrocampo è interpretato da Insigne, che è tutto meno che centrocampista.

La rosa che alla fine della lunga campagna trasferimenti sembrava ridondante si è rivelata presto insufficiente ai primi infortuni o squalifiche; e resta avvolta di mistero l’esclusione di Ghoulam.

La cattiva sorte ha aggiunto il suo contributo nel togliere punti e certezze: il conto dei legni colpiti è salito (fin qui) a quindici e qualche angheria arbitrale non è mancata.

L’ammutinamento di martedì fa supporre che i giocatori siano non solo contro la decisione del presidente di portarli in ritiro, ma anche contro l’allenatore, che non credano in lui. Sarebbe anche comprensibile da parte loro, considerata l’involuzione rispetto a quanto erano in grado di esprimere come collettivo.

Qualcuno dei giornalisti prima ricordati ha già parlato di un vasto ricambio a fine stagione. La situazione è quanto mai propizia per i coccodrilli, che aspettano pazienti, pregustando i brani di questa magnifica preda.

Aurelio, pensaci, non fare ancora come Cronos.

 

Timeodanaos 8-11-2019