Alla fine di questa avventura europea dell'U21 di Gigi Di Biagio è opportuno chiedersi cosa resti di questa spedizione azzurra terminata con il risultato (minimo) del superamento del girone, e andatasi a fermare contro un avversario, la Spagna, semplicemente troppo forte.
Le risposte si avranno dopo il mercato estivo, quando i talenti emergenti di questa Nazionale avranno sciolto le riserve sul loro futuro e si saranno accasati tutti, da Bernardeschi a Berardi, da Donnarumma a Conti, dando così un valore economico al loro cartellino e un'idea in prospettiva del loro percorso calcistico.

Fino ad allora rimane la parola del campo che ha espresso almeno tre verdetti incontrovertibili: 
Primo, in italia le giovanili sono costruite spesso sul fisico piuttosto che sulla qualità e la capacità di palleggio, la corsa, la forza, il gioco aereo sono sicuramente elementi importanti in una squadra che punta al risultato, ma la tecnica di base, la velocità e la facilità di fraseggio esibite dagli spagnoli è di un altro livello, roba da accademia, appena il pressing azzurro è sceso, anche per la scellerata inferiorità numerica, le "mini" furie rosse sono salite in cattedra.

Secondo, spesso i giocatori che da noi sono considerati dei giovani talenti all'estero non sarebbero considerati né giovani né talenti. A 23 anni un atleta professionista deve già esprimere quasi la totalità del suo potenziale che, verosimilmente, raggiungerà l'apice tra i 25 e i 29.
Molti 23enni dell'Under non sono ancora in top club - nessuno se si considera che Rugani alla Juve ancora fa da comprimario - spesso hanno limiti caratteriali o di gestione della tensione, che li rendono fragili nei confronti secchi a livello europeo; Berardi che si fa ammonire 2 volte in 3 partite così come Conti, Gagliardini che riesce a prendere 2 gialli in mezz'ora e, a corollario di tutto, anche quando mostrano doti tecniche sopra la media, lo fanno a sprazzi e senza continuità né nelle partite né nella partita.

Terzo, dopo vent'anni di buio si ricomincia a vedere un po' di luce con una generazione di giocatori leggermente sopra la media, ma che nulla ha a che vedere con le Under di Del Piero, Pirlo, Cannavaro, Mancini, Vialli, Corini che a 21 anni erano già giocatori completi titolari in serie A in squadre che - come minimo - giocavano la coppa UEFA.

La programmazione e la gestione delle squadre giovanili dovrebbe essere rivista a questo punto, magari inserendo le squadre B, perché giocare e allenarsi con il proprio team di appartenenza non è come andare in prestito in Serie B e prendere calcioni sugli stinchi da un 35enne navigato che è andato a finire la carriera in serie cadetta.
Adesso aspettiamo il mercato, le mirabolanti quotazioni di giocatori "normali" che imporranno a tutti riflessioni sul quanto convenga acquistare un talento nostrano e quanto invece possa pagare puntare su profili sudamericani o africani nettamente più economici, sperando che, questa generazione, al di là dei costi, possa andare a crescere in top team italiani ed esteri, consolidando la base per una futura nazionale che se la giochi ad ogni livello nelle competizioni a venire.