Il calcio, ormai da moltissimo tempo, è malato e per farlo guarire c’è bisogno di una cura. Questa cura c’è e si chiama “Progetto Ajax”. Che cos’è questo progetto Ajax?
Nel 2018 abbiamo parlato tanto della squadra Ajax perché nessuno si aspettava che una squadra di soli giovani potesse eliminare Real Madrid e Juventus dalla Champions League.

La scuola dei lancieri è una risposta al calcio moderno che investe solo su giocatori già pronti, invece dalle parti dei lancieri si punta sui giovani. Se escono giocatori importanti entrano soldi che possono essere investiti di nuovo. Le parole d’ordine al centro sportivo per creare nuovi talenti sono: crescita, pazienza, lavoro costante e mentalità. L’Ajax è al primo posto dei settori giovanili più prolifici in circolazione, con moltissimi giocatori cresciuti ad Amsterdam ed ora in giro per tutta l’Europa. All’entrata del centro sportivo dei lancieri c’è un cartello che recita “Welkom op de Toekomst”, ovvero “Benvenuti nel futuro”. Perché è proprio qui che nascono serate di gloria, di calcio spettacolare e di bellezza come quelle del Bernabeu in Champions League.

L’Ajax ha sviluppato il modello “TIPS”: Technique, Insight, Personality, Speed; cioè tecnica, intuizione, personalità e velocità. Questi sono i quattro cardini su cui sviluppare i giovani talenti.

L’academy dei lancieri crea giocatori che sappiano dominare il pallone. Si lavora sulla tecnica di base, sulla visione periferica, sulla percezione spazio-tempo e sulla risoluzione dei problemi; incentrando il lavoro su esercizi di 1 vs 1, 1 vs 2, 3 vs 2 e così via, in modo che l’attaccante sia in grado di saltare l’uomo e il difendente in grado di fermarlo. Questo si nota anche nelle partite della prima squadra: ten Hag sceglie spesso di lasciare tutti i suoi giocatori in 1 contro 1, sapendo che saranno i suoi ad avere la meglio. Ai tecnici dell’Ajax è vietato dire cose come ‘non rischiare’ o ‘gioca semplice’.
I principi tattici dei lancieri si concentrano molto sul recupero palla nel minor tempo possibile, sulla superiorità in zona palla in entrambe le fasi, sulla densità in mezzo al campo, sul dribbling, sull’anticipo e sull’inizio dell’azione dalla difesa.

Perché lo stesso progetto non può essere una cura per questo calcio malato senza spendere soldi per giocatori già pronti?
Se escono giocatori importanti entrano soldi che possono essere investiti di nuovo.

Matteo di Castri (13 anni)