Siamo al quattro di ottobre, in piena pausa per le nazionali, e la nostra amata Juventus è prima sia in Campionato che nel girone Champions. Eppure i nostri “espertoni” del calcio parlato, nelle ultime settimane, ci hanno raccontato di una squadra in ambasce. Claudicante sul piano del gioco e affaticata fisicamente. Invece, pur giocando malissimo, come e più della stagione passata, ci godiamo la vetta in ogni competizione. Al contrario, dopo l’epica sfida dell’olimpico fra i cartoni (-7 dalla Juve)e quelli che da sei/sette anni, ai nastri di partenza, sono tra i maggiori accreditati alla vittoria finale dello scudetto (sig!; - 5 dalla Juve), su Rai radio televisione romana, sono stati celebrati i fasti di un match che per bellezza tecnica ed emozioni sportive sembrava paragonabile solo ad Italia Germania del 1970. Ora, capisco che bisogna tenere alto l’interesse per un torneo già segnato, tuttavia l’esaltazione scriteriata per una partitaccia come quella vista domenica sera all’olimpico, mi sembra veramente un’esagerazione degna del più roboante pernacchio. Comprendo, altresì, che nell’ambiente Rai, lavorando quasi solo esclusivamente soggetti provenienti dalla capitale (chissà perché!?), l’attenzione per gli amichetti der “pupone” sia endemica, nondimeno, continuo a non capire come diavolo si possa definire lo spettacolo indegno andato in scena nel serale della domenica come una partita di alto livello? Squadre lunghe; difese ridicole; attacchi imprecisi. Se fare il ping pong da una parte all’altra del campo rappresenta l'ideale del bel calcio – tutti all’attacco, e tutti in difesa: una specie di elastico che in pochi minuti si è allargato all’inverosimile – allora vuol dire che in questo Paese abbiamo perso completamente il senso di una partita giocata bene. Spalletti ha realizzato un perfetto mix tra il peggior contropiede italiano e il più becero calcio inglese, ossia ripartenze e palle lunghe sullo spilungone della squadra. Rischiando per di più di pareggiare una partita che, se i suoi attaccanti non avessero sbagliato goal incredibilmente semplici, poteva chiudersi già al primo tempo sul cinque a zero. De Burro, invece, pur mantenendo un possesso palla addirittura schiacciante, da buon olandese, si è completamente dimenticato – anzi, a dire il vero credo che ne sia totalmente allo scuro – che giocando nel campionato più tattico d’Europa, difesa di ferro e squadra corta sono le uniche cose che dovrebbe insegnare alla sua masnada di prescritti. Per fortuna, fermo restando che la Juve, in ogni caso, gioca molto peggio dei presunti competitor del calcio minore di cui sopra, c’è sempre il calcio champagne (col dittongo gne) del Napulé di Sarri. Già, quello che il presidente mi ha speso solo più di cento milioni ma la mia rosa non è comunque all’altezza di vincere lo scudetto, nonostante tutto fa giocare la sua squadra neanche fosse il Barca di Guardiola. Poi, vanno a Bergamo, perdono, ma erano stanchi. Troppo pochi 100 ml per comprare gente (per di più tenuta in panca) che ti possa permettere un turn over decente. Insomma, una storia vecchia come i campionati che senza pietà, da cinque anni a questa parte vince sempre la squadra padrona d’Italia. Noi vinciamo, ma gli altri giocano bene, hanno rose più competitive e meriterebbero ai punti la vittoria finale. Per fortuna il calcio è ben altra cosa dalla playstation. Lo scorso anno è andata in scena una partita di champions tra il “non” gioco di Simeone e l’assenza di gioco di Zidane, ma non per questo non ci siamo divertiti durante la finale della massima competizione europea. Purtroppo, oltre all’ antjuventinismo dominante nei media che discettano di pallone, nel caso italiano, in verità, il danno grosso è stato arrecato dalla teoretica meccanicistica di Arrighe e dei suoi epigoni: si vince soltanto con l'organizzazione e il bel gioco!! Siamo arrivati al punto che se una squadra non fa un partitone in stile Guardiola, con tutti che si muovono come soldatini, ognuno con il suo compitino scritto da rispettare fino al novantesimo e oltre, anche se vince è come se avesse rubato qualcosa. Questa logica nefasta, è la morte del calcio. Uno sport meraviglioso proprio perché pieno di situazioni imprevedibili e difficilmente omologabili. Forse l’unico al mondo in cui una squadra nei suoi interpreti nettamente inferire sulla carta può vincere contro una molto più titolata e piena di campioni. Uno sport nel quale non sempre il più forte vince, se ci pensate bene è qualcosa di meraviglioso. L’assioma che il bel gioco porta al risultato certo è una castroneria confutabile con migliaia di esempi; uno su tutti le squadre del saltimbanco di Setubal. Attendo con ansia il giorno in cui qualcuno chiederà al guro di Fusignano o al suo fido Pistocchi per quale dannatissimo motivo faceva sfracelli col Milan dei mostri (quasi i migliori al mondo in ogni ruolo) mentre ha fatto ridere nelle sue successive esperienze, quando costringeva Signori a fare il Cabrini e senza Baggio avrebbe rimediato una delle più grandi figure barbine della nostra storia calcistica. Ovviamente i miei ragionamenti hanno un sostrato volutamente parossistico. Purtuttavia, ora, se vinco giocando male, non me ne dolgo, anzi godo invece di inveire come un interista qualsiasi contro il mio allenatore e la società. Nel tempo, peraltro, sono certo che arriverà anche una maggiore organizzazione tattica e precisione tecnica e, soprattutto, Marchisio e un altro buon centrocampista a gennaio. Immaginate cosa combineremo....ma tranquilli, anche allora, continueranno a dirci che gli altri giocano meglio.