La frustrazione è quella particolare sensazione che serpeggia nell’animo umano allorché la vita non va come vorremmo che andasse; o quando non riusciamo ad appagare i nostri desideri più profondi, o, ancora, se viviamo con la consapevolezza che il nostro agire sia vano: perché vorremmo vincere ma non ci riusciamo. Non è bello vivere con questo tipo di sentimento che ti accompagna, nascosto nelle pieghe più profonde dell’essere, ogni giorno e in ogni momento. Purtroppo, il nostro movimento calcistico si sta riempiendo di soggetti sommersi in una costante e drammatica frustrazione. Le vicende societarie di alcune squadre del campionato italiano, in alcuni casi ai confini della palese presa in giro di media e tifosi (il closing ne è l’esempio massimo), stanno diffondendo un senso di frustrazione profonda non soltanto tra i supporters, ma anche fra gli addetti ai lavori – e sono la gran parte – che da anni sono costretti a subire i trionfi e il predominio assoluto della squadra che più odiano. In una ipotetica classifica degli ambienti calcistici nostrani più frustrati, il primato non può essere che riconosciuto al Milan. Squadra uscita quasi indenne dalle secche di Farsopoli grazie allo strapotere mediatico, politico e di influenze dei suoi dirigenti e della proprietà (il Berlusca nel 2006 era indubbiamente l’uomo più influente dello stivale con ben tre televisioni sotto completo controllo), il Milan è quasi un decennio che non vince una amata cippa, e l’ultima volta che hanno sentito l’inno della Champions, lo cantava Nilla Pizza. In questo arco temporale hanno dovuto subire la cessione di grandi campioni, nonostante i dirigenti, anche pochi giorni prima della vendita, negavano platealmente che gli avrebbero venduti (Ibra e Thiago Silva); fallimenti calcistici clamorosi, con distacchi dal primo posto in classifica ai limiti del suicidio sportivo; cambi continui e, spesso, ingiustificati di allenatori, come nella peggiore delle tradizioni di casa Moratti. Tutto ciò ha causato non solo tanta frustrazione ma anche lo scivolamento impietoso a seconda squadra di Milano. Il colpo di grazia è arrivato con la storiaccia della vendita della società. Credo che anche gli addetti ai lavori, e non solo un soggetto a digiuno di economia e finanza come lo scrivente, non abbiano ancora ben chiaro cosa stia succedendo, quali siano i soggetti acquirenti e quando si chiuderà l’operazione. Io, da ignorante del campo, un’idea ce l’avrei. Qualche giornale antiberlusconiano già sta avanzando ipotesi in questo senso. Chissà!! Certo, diventare di proprietà di una serie di investitori, fondi o personaggi di dubbia provenienza o, peggio, con qualche storia alle spalle non proprio edificante, deve provocare una frustrazione e paura sportiva veramente devastante. Questo è l’unica ragione che può spiegare, ma non giustificare, l’ennesima commedia napoletana consumatasi venerdì allo Stadium. L’unico che ne è uscito bene, ad onor del vero, è Montella, ironia della sorta veramente napoletano. Per il resto, dal solito Galliani in giù, abbiamo assistito ad uno spettacolo indegno, che non fa onore alla storia dei rossoneri. Fino alla notizia allucinante, della devastazione degli spogliatoi da parte dei giocatori milanisti, senza che, fino ad ora, nessuno in società abbia preso una posizione netta. Al di là del fatto sportivo – che sarebbe comunque interessante analizzare perché, così come accaduto contro il Napoli, gli episodi surrettiziamente contestati non dovevano portare, a norma di regolamento, a dubbi sull’operato dell’arbitro – purtroppo, dobbiamo prendere atto che c’è anche un problema di immagine, ormai seriamente compromessa; così deteriorata da far diventare il club rossonero uno sorta di nuova inter del calcio nostrano. Qualcuno diceva…chi vive di ricordi non ha futuro!!!