Noi juventini dall’epoca post farsa attendavamo da tempo, diciamo dall’inizio del campionato, che gli opinionisti, i commentatori, tifosi e tifosastri, adoratori indefessi della VAR a corrente alternata, tutti rigorosamente antijuventini professionali, sparsi tra giornali e tv, social e “contesti sociali” dei più svariati, si svegliassero da un lungo letargo, durato quasi tutto il girone di andata, per riprendere con vigore assassino il loro sport preferito: “infanga la Juve”.

L’episodio del presunto fallo da rigore di Bernardeschi, nel corso della partita contro il Cagliari, è stato per costoro come una sorta di assunzione di probiotici dopo settimane di cure antibiotiche.
Le loro difese immunitarie antibianconere si stavano affievolendo.

Nel corso dell’intero girone di andata, la Juve è stata ripetutamente penalizzata dalla nuova panacea di tutti i mali del calcio nostrano, il o la Var. Neanche uno straccio di episodio favorevole.

Lor signori erano in depressione, non sapevano più con chi prendersela.
Inneggiavano alla tecnologia, diventata anch’essa tra le poche, credibili antagoniste allo strapotere bianconero. Soprattutto dopo che le presunte concorrenti - già campioni d’Italia ad ottobre – in poche settimane, hanno smesso improvvisamente di funzionare, come un giocattolo cinese made inTibet.
Rimasti orfani del triste mantra della loro esistenza da perdenti: io non vinco perché gli altri rubano. Privati del fango che usano da decenni per ringiovanire lo spirito malevolente e accidioso.

Molti sono tifosi del calcio minore milanese, che ormai gioca nel girone Barnum del campionato delle barzellette. Altri sono adoratori del calcio più bello dell’Europa... League (il termine di paragone muta in base dei tornei italiani e internazionali nei quali subiscono umiliazioni e estromissioni). Last but not least, rimangono quelli che invadono le televisioni, private e pubbliche, nonché i giornali, e che ancora sgranano il rosario fasullo (vedi dichiarazioni di Sassi su moviole ritoccate e dintorni) der go de Turone.

Insomma, gli zombi che guardano da più di sei anni gli altri vincere, hanno finalmente sfondato le tombe dell’ipocrisia, alzato la mano grondante di terra e fango e ricominciato a gridare al complotto.

Eppure le statistiche sono lì a dimostrare che proprio i bianconeri sono stati tra i più penalizzati dall’uso errato del/lla Var. Rigori e off side clamorosi non visti né dall’arbitro di gara e né dagli arbitri in tv.
Mi esprimo volutamente in questi termini perché ritengo che la Var, utilizzata come “volatili per cinofili”, come sta avvenendo in questa prima parte di stagione, senza regole certe e fattispecie definite, non fa altro che aggiungere alla discrezionalità del campo, riconosciuta in capo a tre soggetti, la discrezionalità delle immagini televisive visionate da altri due individui.

È vero che alla fine è sempre il direttore di gara a decidere sulle immagini, ma è altresì vero che, come accaduto nel caso del fuorigioco non visto a Genova antecedentemente al rigore di Rugani, spesso, se il Var non richiama l’attenzione dell’arbitro, o peggio, consulta arbitrariamente alcune immagini e non altre, l’episodio può passare in sordina, e a quel punto l’ingiustizia è doppia.
All’interpretazione degli episodi dal vivo si aggiunge l’interpretazione degli episodi in tv, non sempre univoca e chiarificatrice proprio come non lo è mai stata la moviola (strumento sul quale si sono accapigliati generazioni di commentatori, arbitri e moviolisti di ogni risma).

Tutto ciò sa un po’ di Kafkiano o no?? E soprattutto, come diamine è venuto in mente ai genialoidi di introdurla da subito in un campionato complesso come il nostro, senza nessuna sperimentazione in serie e leghe minori?

Ovviamente, noi juventini, facciamo finta di non conoscere la risposta a quest’ultima domanda.
Vi prego, e mi rivolgo ai fratelli del calcio che conta, andate a vedere sui social il confronto tra i giudizi dei soggettoni di Sky e Rai chiamati a giudicare i rigori di Mertens e, dopo una settimana, quello di Bernardeschi. Situazioni uguali giudicate in senso diametralmente opposto.

Al paese mio si chiama faziosità o malafede, o forse, visti i soggetti, è semplice dabbenagine.
Capirete in quale atmosfera e contro quali forze contrarie riusciamo a vincere da sempre, e continueremo a vincere fino al settimo.