Alessandro Del Piero “il Grande” ha recentemente dichiarato che la Juve di quest’anno è costruita per fare un goal in più dell’avversario. Questa sarebbe, a suo parere, la spiegazione dei tanti goal subiti durante questo controverso inizio di stagione, ai quali fanno da contraltare, almeno in campionato, le numerose segnature realizzate.

Ritengo che la tesi del nostro eterno capitano non sia del tutto esauriente, in quanto non fotografa con sufficiente nitidezza il momento attuale in casa bianconera.

Le ultime uscite stagionali rimandano l’immagine di una squadra disorganizzata e tatticamente in confusione, proprio come è accaduto negli anni precedenti, durante il periodo che va tendenzialmente da settembre fino a dicembre/gennaio. Pare ormai un tratto caratteristico della gestione Allegri quello di navigare a vista per lunghi tatti della prima parte della stagione, fino a quando, all’improvviso, non si trova la quadra e si inizia a marciare spediti verso gli obiettivi prestabiliti. Non dimentichiamo, tanto per citare il caso più eclatante, il secondo anno a Torino del tecnico livornese, allorché ad un certo punto ci trovammo in campionato con un distacco dalla vetta di ben dodici punti.

Si ritiene da parte dei più che il principale motivo di tale situazione sia legato alla tenuta atletica e dunque al tipo di preparazione impostata dallo staff tecnico.

Eppure, a mio modo di vedere, l’aspetto atletico rischia di diventare una foglia di fico rispetto a problemi ben più complessi.

Innanzitutto c’è una questione di tenuta psicologica che, mai come quest’anno, è palesemente a rischio, sia per ragioni legate al normale affievolirsi delle motivazioni di squadra dopo un lunghissimo periodo di vittorie e sia perché alcuni dei nostri paiono concentrati su altro.

Penso a Dybala e alle sue ultime dichiarazioni, rilasciate inopportunamente proprio alla vigilia di un incontro di coppa contro quella che viene pronosticata come la sua prossima squadra.

Nessuno esige da un ragazzo di soli ventitré anni, che potrebbe tranquillamente guadagnare altrove uno stipendio triplo rispetto a quello attuale, di dichiarare amore eterno alla Juve (semmai è la nostra società che  dovrebbe spiegarci come intende continuare a vincere e aumentare il fatturato, rimanendo nel calcio che conta, se ogni anno vende indiscriminatamente da uno a due fuoriclasse), ma almeno i nostri dirigenti dovrebbero pretendere un po’ più di attenzione da parte dei giocatori nella comunicazione con i media.

Rimangano in silenzio e ci lascino almeno l’illusione, santa miseria!! Poi, come per Pogba, Vidal, Alves e Bonucci, ce ne faremo una ragione e andremo avanti anche senza di lui.

Passando ancora per Alex Sandro, troppo al di sotto delle sue reali potenzialità per non dare adito a pensieri non proprio lusinghieri sulla sua presunta volontà –  come ci avevano assicurato questa estate i nostri dirigenti – di rimanere a Torino piuttosto che rispondere alle sirene inglesi, annunciatrici di lautissimi ingaggi.

Finendo con Sami Khedira. Il turco naturalizzato tedesco, ormai da tempo, con la sola eccezione della tripletta in campionato di qualche settimana fa, ci sta deliziando con prestazioni incolori, al confine dell’inutilità. Forse sta vivendo quest’annata con l’inconsapevole intenzione di volersi preservare fisicamente (conscio della fragilità muscolare che lo accompagna da sempre) sia per il mondiale che per il prossimo, cospicuo e ultimo ingaggio, presumibilmente lontano dalla Mole.

Il secondo aspetto problematico riguarda certamente l'organizzazione tattica della squadra.

E' vero che il calcio è una scienza semplice, checché ne pensino gli Arrighe e i Guardiola, e ciò che conta di più sono i piedi buoni e la correttezza del gesto tecnico, come sostiene il nostro mister, ma se colui che i passaggi deve riceverli non si trova al posto giusto, al momento giusto, o un centrocampo di soli due elementi è costretto a contrastare avversarsi sempre in superiorità numerica, si perde anche quel minimo di organizzazione che è altrettanto fondamentale per esaltare le capacità del singolo.

Il nostro mister, sotto questo punto di vista, è in palese difficoltà. Al momento non sembra aver imbroccato la strada giusta, anche perché il problema nasce a monte, fin da questa estate, durante il (marottiano) mercato delle "buone occasioni".

Omettendo ulteriori considerazioni sul mancato acquisto di un terzino degno di questo nome, dopo aver perso il migliore al mondo, la campagna acquisti delle famigerate occasioni, alla luce delle scelte tecniche dell’allenatore in questi primi mesi di calcio giocato, sembra non sia stata ispirata da un'idea tattica basilare.

Se il modulo di partenza che avevano in mente i nostri era quello che ci ha accompagnati fino alla dannata finale di Cardiff, caratterizzato da due soli centrocampisti e ben quattro uomini offensivi, tra i quali due esterni con spiccato senso di sacrificio in fase difensiva, perché comprare due ali pure come Costa e Bernardeschi, assolutamente incapaci – il primo ex rerum naturae, il secondo, almeno si spera, per immaturità tattica – di interdire?

Oltre a ciò, l’acquisto di Matuidì che senso aveva se non quello di supportare una mediana a due, nella quale, dato Pjanic per titolare inamovibile (sigh!),  l’altro avrebbe dovuto correre come Vidal ai bei tempi e far legna come il miglior Benetti? Ed invece, sia a Genova che contro il Barca, abbiamo dovuto vedere il francese in panchina.

La difesa prende più goal dello scorso anno non solo perché hanno lasciato partire un grande centrale, tra i pochi in circolazione, capace di fare ripartire l’azione in modo razionale, rompendo così un’alchimia perfetta riconosciuta tale in tutto il mondo, ma soprattutto perché al centro della mediana i titolari non fanno muro. E se il buon Marione non si spende fino a scoppiare in fase di contenimento e Cuadrado non fa avanti e indietro come beep beep, il centrocampo rimane praticamente terra di nessuno.

Mi chiedo se non sarebbe il caso di passare, come io auspicherei, al modulo di tutte le grandi d’Europa, il 433.

Così facendo, da un lato si darebbe più senso al mercato, incluso anche l’acquisto dell’ottimo ventenne Bentacurt, e dall’altro, mentre i tre davanti potrebbero occuparsi prevalentemente della fase offensiva, in mediana si lascerebbe il compito di coprire la difesa alle due mezz’ali, consentendo a Pjanic – che, nonostante le speranze di Allegri, non è e non sarà mai Pirlo –  la possibilità di imposta con maggior spensieratezza.

Ad oggi, nel momento del bisogno, l’unica accortezza del nostro tecnico, dopo aver imbarcato una valanga di goal, è stata la riproposizione del sempreverde 352, con Barza che fa il falso terzino. Modulo fra l’altro già deflagrato durate la finale di super coppa Italia.

Invece di provare a vincere una partita che ci avrebbe assicurato il passaggio matematico agli ottavi di Champions, senza dover passare per la bolgia greca, ci siamo schierati contro un Barca privo di Messi e altri titolari con una formazione conservativa, e con l’unico obiettivo di non prendere goal. Obiettivo palesato negli ultimi 20 minuti di partita, allorché piuttosto che provare a vincerla, abbiamo schierato tutta la batteria dei centrocampisti in panca per tutelare un ameno quanto inutile 0 a 0. 

E non mi si venga a dire che grazie al pareggio di Torino abbiamo un risultato in più a disposizione per qualificarci. La filosofia del Barca di quest’anno è molto più vicina a quella di Allegri che a quella di Guardiola. In una partita inutile contro lo Sporting si presenteranno in campo con la squadra B, e con ogni probabilità i portoghesi riusciranno a vincere al New Camp. Per questo motivo dovremo presentarci nel catino di Atene con l’unico scopo di vincere la gara. Obiettivo che non sarà affatto semplice da raggiungere.

Le preoccupazioni legate a questo inizio di stagione sono tante. Se poi aggiungiamo che la dea bendata, alleata indispensabile nel gioco del calcio, negli ultimi tempi non ci ha baciati con particolare trasporto, c’è poco da stare tranquilli.

Nelle prossime settimane avremo quattro partite dalle quali potrebbe passare un’intera stagione. Oltre che la gara di Champions contro l’Olimpiakos, anche i due scontri diretti contro Napoli e Inter ci diranno molto sul futuro di questa squadra.

Spero vivamente che i ragazzi recuperino presto le motivazioni giuste e soprattutto che il tecnico, con ormai tutti gli effettivi a disposizione, non si faccia prendere dal solito braccino corto, pensando solamente a “non prenderle”, ma inizi a dare un senso tattico a una squadra al momento in grave difetto di idee e di lucidità.

È vero che le partite che contano si giocano a marzo, ma è altrettanto vero che per arrivare a competere su tutti i fronti in primavera sia più che mai necessario accendere il motore già oggi.