" Aspettiamo un' offerta adeguata altrimenti Locatelli rimane al Sassuolo, il nostro mercato chiude ai primi di Agosto".

Suonano come un perentorio ultimatum, le parole di Carnevali che, in queste ore stanno spopolando sul web, obiettivo chiaro è quello di stanare la Juventus, rea di tirare troppo sul prezzo per l' acquisto del centrocampista neroverde.

Nelle logiche odierne di mercato è un modo di contrattare più che giusto quello del ad del Sassuolo, ma volendo fare un' analisi a 360 gradi, le dichiarazioni di Carnevali sono uno specchio del fatto che nel calciomercato odierno, non siano più le grandi squadre a dettare condizioni alle medio-piccole ma bensì accade l' esatto opposto, spesso è Davide a fare la parte del Golia nelle contrattazioni odierne. Da quasi un mese va avanti questo tira e molla tra bianconeri e neroverdi, l' ultima offerta della Juventus prevederebbe un prestito biennale oneroso sui circa 10 milioni di euro complessivi, più altri 20 per un riscatto obbligatorio a condizioni di facile realizzazione, più un bonus e una possibile percentuale sulla futura rivendita del giocatore. Sicuramente, una formula cervellotica ma che diluendo il pagamento arriverebbe comunque abbastanza agilmente sui 35 milioni; dal loro canto gli emiliani invece non vogliono scendere troppo sotto i 40 milioni e soprattutto non vogliono rateizzare troppo la somma. Ovviamente, ogni parte ha le sue ragioni di bilancio che la fanno da padrona ma credo che anni fa, una squadra come il Sassuolo non avrebbe fatto eccessivo ostracismo alla proposta bianconera, giungendo persino a porre un limite temporale netto e perentorio. Del resto, spesso si è accusato le squadre di provincia di essere un serbatoio di innesti per le big della Serie A, mentre adesso ciò avviene nei confronti delle big estere, difatti si parla di Arsenal e Dortmund molto interessate a Locatelli. Questo ha comportato un impoverimento di valori tecnici del campionato italiano, per esempio anche l' Inter sta faticando a chiudere la trattativa Nandez.

I tempi di Facchetti, Galliani, Moggi che riuscivano a chiudere quasi di prepotenza le negoziazioni di mercato, sono finiti. Con il Covid che, ha definitivamente messo in crisi i bilanci delle grandi squadre, le big del campionato devono cercare da una parte di concludere trattative anche in maniera fantasiosa con prestiti biennali, obblighi di riscatto ecc..... , dall' altra di non farsi prendere per la gola dai propri calciatori che in alcuni casi, forti di contratti troppo alti, preferiscono far panchina, andar in tribuna o giocare a golf, citando Gareth Bale. Una naturale conseguenza di questo, è stata la ricerca di fondi e di un calcio nuovo, per mettersi a pari con le grandi squadre europee; il caso SuperLega è stato anche frutto di questa necessità di cambiamento del nostro amato pallone che, le grandi squadre invocano da tempo. 

Ovviamente, è giusto che le piccole, con bilanci sicuramente inferiori e spesso più in ordine delle grandi, debbano puntare sui loro talenti e farli pagare a peso d'oro, ma concedetemi che vedere squadre blasonate faticare oltremodo per acquistare buoni giocatori ma non ancora fenomeni, mi provoca nostalgia di quando con lo stesso esborso si acquistavano campionissimi, ed il nostro campionato era ai livelli di Premier e Liga, e probabilmente sopra a Ligue 1 e Bundesliga.

Sicuramente il calcio è cambiato, sopratutto da quando un solo giocatore seppur un campione, è stato valutato 240 milioni di euro, Neymar ai tempi del suo passaggio dal Barcellona al PSG; da allora i prezzi di acquisto dei giocatori hanno avuto un aumento spropositato e spesso non giustificato dal reale valore di gioco. 

Si parla ultimamente di playoff, di voler rinnovare il calcio, ma se proprio vogliamo puntare ai cosiddetti modelli di sport americani, uno dei loro fondamenti è il tetto degli ingaggi,  a cui  potrebbe benissimo aggiungersi un tetto massimo di spesa, dato che il fair play finanziaro è stata una mera chimera, valida per alcuni, insignificante per altri.