Quanti di voi hanno un cartone con cui hanno instaurato un particolare legame oltre che un ricordo? Credo chiunque stia leggendo queste righe. Per me e credo per la maggior parte degli aficionados di questo blog, questo cartone è “Holly e Benji”, considerato che è stato proprio quest'ultimo, insieme alla passione di mio padre per il calcio, a farmi affezionare a quel pallone che rotola su un campo verde.
Indubbiamente, diventando “grandi” si cominciano a notare quelle “piccole” note di irrealismo che pervadono l'anime, come per esempio i campi lunghi chilometri, gesti atletici che anche dei circensi avrebbero problemi a compiere e dirette Tv con stadi gremiti per partite con protagonisti bambini delle elementari. Ovviamente, tutto ciò non leva una virgola all'amore che ho nutrito e nutro per quel cartone animato. Sino a pochi giorni fa, soltanto un particolare mi faceva storcere il naso, non riuscendovi a soprassedere, ovvero il fatto che quei campioni in erba e quella nazionale nipponica fatta di fenomeni non avessero un alter ego di pari livello nel calcio reale. Ho sempre cercato nel calcio dei grandi un Oliver Hutton, un Benjamin Price e una nazionale del Giappone che potesse farmi rivivere nella realtà i sogni dell'anime.

A livello di singoli giocatori, credo di aver rinunciato da subito a trovare un vero Benji Price nipponico, troppe alte le aspettative, troppo difficile trovare un pari ruolo di quel livello, in un ruolo come quello del portiere, in cui si fatica a trovare degli esponenti di alto livello in tutta l'Asia. Per quanto concerne invece l'Oliver Hutton reale, devo dire che diversi giocatori del Sol Levante hanno stuzzicato la mia immaginazione ed essendo una “ricerca” nata da ragazzino si è soffermata sui campioni del campionato italiano, in particolare su due di essi.
Il primo è stato ovviamente Hidetoshi Nakata, acquisito dal Perugia dell'istrionico presidente Gaucci, probabilmente come trovata mediatica per il mercato dei mass media asiatici, che invece, si è rivelato un ottimo giocatore a livello tecnico; non un classico “10”, ma un buonissimo “7”, tanto è vero che, poco dopo, fu acquistato dalla Roma di Sensi. Acquisto azzeccatissimo dato che, grazie ad un suo goal a Torino contro la Juventus, la Roma si cucì sul petto il tricolore, l'ultimo visto dalle parti del Colosseo.

Il secondo, invece, è quello che ricordo con più affetto, per diversi motivi. Si tratta di Shunsuke Nakamura. Anzitutto, in un periodo in cui per un ragazzino siciliano, era un miraggio vedere delle squadre dell'isola in serie A, la Reggina fu una delle squadre da me seguite con più attenzione, per motivi geografici e quindi Nakamura sbarcato proprio sullo stretto mi incuriosì non poco. Inoltre, si trattava non di un “7” ma di un “10” classico, un regista e rifinitore allo stesso tempo, nonché un mancino che, sappiamo bene nel mondo del calcio, sanno essere i giocatori più discontinui ma anche i più talentuosi. Nakamura era dotato di un sinistro magico su punizione. Il suo debutto con la Reggina in A fu fantastico, tre reti segnate nelle prime tre partite. Trascinò gli amaranto ad una storica salvezza e seppe mettersi in mostra. A causa di diversi infortuni il suo feeling con la piazza calò, e lì seppe compiere una scelta che ammirai molto, cioè andò a giocare per il Celtic Glasgow, in un campionato molto duro fisicamente, a maggior ragione per un giocatore reduce da numerosi infortuni e dalla struttura fisica esile. Invece, il Samurai Nipponico è ancora ricordato con affetto dalle parti di Glasgow. Ho negli occhi vivide le immagini di alcune delle sue punizioni, segnate in Champions League a Glasgow contro avversari del calibro del Manchester United o Juventus. Arrivò addirittura ad essere inserito nella lista finale dei candidati al Pallone d'Oro durante la sua permanenza in Scozia. Come non amarlo?

Ciò che invece fino a poco tempo fa è totalmente mancato era una Nazionale Nipponica in grado di far rivivere le gesta di Hutton, Price, Lenders e co.; seppur qualcuno potrà obiettare giustamente che il Giappone, negli anni, si è reso protagonista con i successi in Coppa di Asia, anche sotto la guida del nostro connazionale Alberto Zaccheroni, a mio avviso è ben lontana da quella squadra che seppe sconfiggere nel cartone, nazionali come Italia, Francia, Argentina e Brasile.

Come ho scritto ciò è stato vero sino a poco tempo fa, in quanto siamo reduci dai Giochi Olimpici di Tokyo 2020. In questa ultima edizione delle Olimpiadi di Calcio, il Giappone “sfortunato” padrone di casa, in quanto non ha potuto usufruire del tifo del pubblico, ha compiuto un' impresa riuscendo ad arrivare sino alla finale per la medaglia di bronzo, poi persa contro il Messico. Ripercorrendo il cammino dei Samurai, hanno stabilito il record di vittorie consecutive nelle prime quattro partite disputate, sconfiggendo proprio il Messico, a cui ha ceduto il terzo posto sul podio, il Sudafrica, e soprattutto la Francia, favorita per la vittoria finale; successo nettissimo con un roboante quattro a zero. Un'impresa degna di Holly e Benji, che nel torneo mondiale batterono proprio i transalpini ai rigori. Rigori che hanno visto il Giappone battere ai quarti di questa olimpiade, la Nuova Zelanda, mentre in semifinale i giapponesi hanno costretto la Spagna (altra favoritissima per la finale), ai supplementari dove solo un goal in extremis ha eliminato i padroni di casa. Una spedizione olimpica nipponica che, ha visto in Kubo, il suo Oliver Hutton.

Takefusa Kubo è senza dubbio il giovane nipponico più promettente, infatti come il suo alterego nell'anime, il giapponese è stato acquisito in giovane età, dal Barcellona. Questo ha portato due conseguenze: la prima il soprannome di “Messi Nipponico” per Kubo; la seconda meno piacevole, la sospensione del calciomercato per gli spagnoli, rei di aver violato delle normative FIFA nell'acquisto di Kubo ed altri giovani calciatori. Adesso, il suo cartellino è stato acquistato dall' altra grandissima del calcio spagnolo, il Real Madrid, anche se a dire il vero, nella girandola di prestiti che ne hanno contraddistinto la carriera, Kubo non è riuscito a esprimere il suo talento, sino a questa rassegna olimpica dove è stato grande protagonista, stabilendo il record di marcature consecutive, nelle prime tre partite della competizione.

Sicuramente, sono tante le obiezioni che possono essere sollevate a queste mie considerazioni, si tratta di giovani che ancora non hanno espresso il loro talento; il torneo di calcio delle Olimpiadi probabilmente non ha lo spessore delle altre grandi manifestazioni sportive che coinvolgono le nazionali e volendo essere oggettivo sono considerazioni dal fondo di verità indubbio; ma ciò non toglie una virgola al fatto che vent'anni dopo ho rivisto una nazionale giapponese all'altezza di quella del cartone animato, battere e confrontarsi alla pari con le big europee, facendomi tornare a rivivere il mio cartone animato preferito quindi per questo, Kubo e co. non mi resta che dirvi...

ありがとう ARIGATŌ