Ci sono due segni meno che spiegano meglio di ogni altra cosa l’involuzione della Lazio in questo campionato. Sono quelli relativi ai punti in classifica (meno 8) e quelli dei gol segnati (meno 10). L’anno scorso dopo 11 giornate la formazione biancoceleste aveva 24 punti in classifica, oggi è ferma a quota 16. Sempre all’11° turno i gol realizzati erano stati 23, ben dieci in più di quelli segnati in questo campionato (13). Sono numeri che inchiodano Sarri e i suoi uomini. Al di là degli alti e bassi avuti tra una partita e l’altra (e spesso anche all’interno dello stesso match) è il rendimento complessivo della squadra romana che è molto al di sotto delle attese. 

CALO EVIDENTE—  I due segni meno sono ovviamente collegati, anche se il primo (quello dei punti in classifica) non si spiega unicamente con i pochi gol realizzati. Certo, il fatto che la squadra faccia fatica a segnare condiziona tantissimo i risultati (la conferma viene dalla gara di ieri a Bologna: non essere riusciti a tradurre in gol la evidente supremazia avuta nel primo tempo è risultato poi fatale per la sconfitta finale). Ma c’è anche altro. A pesare sul rendimento dei biancocelesti sono tornati quei black out di concentrazione che sono stati una costante degli ultimi anni e che nella scorsa stagione Sarri era riuscito a neutralizzare (almeno in campionato, perché nelle coppe si erano comunque manifestati). Il gol preso a Bologna dopo neppure trenta secondi dall’inizio del secondo tempo ne è la prova lampante. I collegamenti tra i reparti, poi, non sono così fluidi come nello scorso campionato. Anche se quando la squadra funziona (nel primo tempo del Dall’Ara, nel match col Sassuolo ed in larga parte di quello con l’Atalanta) il calcio di Sarri si vede ed è anche bello da ammirare. Si tratta dunque di trovare quella continuità che fin qui è mancata perché la squadra - dopo lo straordinario cammino avuto un anno fa - ha perso, inconsciamente, la fame che l’aveva accompagnata nell’ultima stagione

IL PROBLEMA DEL GOL—  Detto tutto ciò, è chiaro che il problema numero uno resta quello del gol. Una situazione decisamente anomala, visto che nei cinque anni di Inzaghi e nei primi due di Sarri i biancocelesti sono sempre stati uno degli attacchi più forti della Serie A. Mancano innanzitutto i gol di Immobile, fermo a quota 3 reti e sempre più ostaggio di una crisi dalla quale fa fatica ad uscire. Ma già l’anno scorso il contributo di Ciro non era stato lo stesso degli anni precedenti a causa dei numerosi infortuni che lo hanno frenato. Alla fine i suoi gol in campionato sono stati 12, un numero molto inferiore rispetto alle sue straordinarie medie realizzative. Ma ciò non ha impedito alla Lazio di segnare con puntualità. A pesare di più nel saldo negativo sono invece le poche reti dei due esterni. L’anno scorso Felipe Anderson e Zaccagni sono andati entrambi in doppia cifra, ora sono fermi a 1 gol a testa. Senza trascurare l’assenza di Milinkovic (che la sua dote di reti la portava sempre). I nuovi centrocampisti non stanno sfigurando, ma devono finalizzare maggiormente. Più che trovare correttivi ad un gioco che l’anno scorso garantiva gol a grappoli, Sarri deve quindi individuare il modo di sbloccare i suoi giocatori offensivi. Compreso il nuovo acquisto Castellanos, che sta fornendo prestazioni molto positive, ma che sta dimostrando una certa difficoltà ad inquadrare la porta avversaria (una sola rete per lui finora). Un problema da risolvere al più presto, peraltro. Perché martedì c’è la decisiva sfida di Champions con il Feyenoord e la domenica successiva il derby

Marco, 11 anni