Partiamo dai numeri. Possesso palla inter: 66 %; 20 tiri per l'inter contro i 14 della juve; 9 calci d'angolo per l'inter, 3 per la Juve. Potremmo continuare ad elencarne molte altre ma credo di aver già reso l'idea. La statistiche che però più infastidisce il mondo interista è l'unica che conta veramente, quella dei gol segnati: 2 per la Juve e 1 per l'inter. Eppure per i primi 40 minuti di gioco la partita sembrava seguire un'altra direzione: la Juve sembrava essere scesa in campo solo per onorare il calendario e i nerazzurri dopo avere trovato abbastanza facilmente il gol del vantaggio con un tiro di Brozovic deviato da Icardi sembravano essere padroni assoluti del campo. Poi quel maledetto retropassaggio di Medel e l'arrancare di Vidic dietro Matri (mica Bolt, ma neanche Morata a dirla tutta). Ancora una volta un errore, ancora una volta un calo di concentrazione, questa volta addirittura da chi meno te lo aspetti, quel Gary Medel che a detta di molti è una delle poche note positive della stagione interista, una costante, un giocatore affidabile. Ma il calcio di oggi parla chiaro: in campo non puoi permetterti errori e anche la più piccola sbavatura ha le più disastrose conseguenze, accade con la Juve ma accade anche col Parma. Il secondo tempo poi ha una trama scontata dal finale visto e rivisto chissà quante volte in un solo anno: l'inter ci prova, ha la mentalità per poter fare la partita con qualsiasi squadra in Italia (l'ha già dimostrato) ma paga la mancanza di concentrazione con un gol di Morata e la mancanza di cattiveria con gli errori sotto porta di Palacio e Icardi ipnotizzati da uno Storari che sembra tutto tranne che una riserva. Il gol annullato a Brozovic e la mancata espulsione di Morata poi sono un'altra storia. Sono quegli episodi che vorresti ti facciano aggiungere un 'nonostante' dopo un 'abbiamo vinto' e non un 'perché' dopo un 'abbiamo perso'. Sono parole che in questa stagione noi tifosi interisti mai abbiamo pronunciato ma che ci auguriamo di poter pronunciare l'anno prossimo orgogliosi dei colori che ci rappresentano perché la storia del calcio insegna che a volte basta poco per fare un salto in avanti: bastano un po' di attenzione, un po' di cattiveria e, perché no, anche un Yaya Touré in più.