Negli anni il gioco del calcio è mutato, si è evoluto. E’ cambiato il modo di giocare, di leggere ed interpretare le partite; sono cambiati i giocatori, i loro metodi di allenamento, il loro stile di vita e le loro stesse ambizioni. Molto spesso, ormai, si gioca più per lavoro che per passione. Gli interessi economici hanno, infatti, sopraffatto l’aspetto sentimentale e questo ha portato ad una drastica riduzione delle cosiddette “bandiere”. Queste sono solo le più evidenti conseguenze dell’evoluzione del mondo calcio. C’è da dire, però, che non esistono più neanche i ruoli ben definiti di una volta: in passato ogni giocatore era un esperto del suo ruolo e dominatore, solamente, del suo settore di campo. Era l’epoca in cui i numeri in campo erano 11, proprio come i giocatori. Non esistevano i 45 alla Balotelli o i 99 alla Cassano. E’ in quel periodo che è nato il mito del “numero 9”.

Chi è il numero 9?

Facile rispondere a questa domanda. Tutti gli appassionati di questo sport non possono non saperla. Da tifoso accanito risponderei dicendo che il numero 9 è colui che ti può far urlare di gioia o di disperazione, colui che puoi amare alla follia o odiare a morte, colui che tiferesti anche in altre squadre o che non vorresti vedere nemmeno nelle tribune degli stadi della terza categoria. Da un punto di vista oggettivo ed analitico, invece, possiamo descriverlo come il bomber di razza, l’attaccante che ha il compito di trascinare la squadra a suon di gol, il rapace d’aria che non si fa sfuggire neanche un cross: insomma, colui che la mette dentro in qualsiasi momento e da qualsiasi posizione. O almeno dovrebbe.

“O almeno dovrebbe”… Beh, con questa ultima espressione possiamo sintetizzare la figura del numero 9 del recente passato milanista. Per individuare la stessa dobbiamo ritornare alla stagione dell’ultimo scudetto. Fino a quel momento il numero 9 è stato indossato in maniera egregia, non si poteva desiderare di meglio. “Superpippo” Inzaghi ha, infatti, ricoperto tale ruolo sino al 2012, affiancato, peraltro, in quegli anni, dal “Dio” Zlatan Ibrahimovic (numero 11). E sino a qui tutto bene. Il calvario ha avuto inizio con la partenza di questi ultimi. Il 9 italiano e l’11 svedese, sono stati sostituiti dal 45 di Mario Balotelli (che avrebbe dovuto rappresentare il 9 per le responsabilità sotto porta) e dall’11 (quello “sottomarca” potremmo dire, senza offesa per il pazzo naturalmente) di Pazzini. La coppia ha funzionato a tratti e neanche troppo bene, tanto che due anni dopo è stata divisa. Da qui in avanti non voglio neanche citare i nomi dei vari sostituti del già inefficace Balotelli prima e di Pazzini dopo: sarebbe solo una tortura sia per me, che per voi lettori. Potremmo dire che un leggero vento di novità, dopo gli ultimi anni terribili, si è avuto l’anno scorso. L’arrivo di Andrè Silva prima (proprio indossando la maglia nr. 9) e di Kalinic dopo, oltre allo “scoppio” di Cutrone, aveva dato una piccola speranza. E’ vero, anche questa è stata delusa, ma aveva, almeno, fatto presagire (questa è stata la mia impressione) quello che sarebbe successo l’anno successivo: il ritorno di un vero “Bomber con la B maiuscola”, Gonzalo Higuaìn.

Sulla carta era il giocatore che ci serviva e, fortunatamente, lo sta dimostrando anche in campo. E’ arrivato tra lo scetticismo di alcuni e gli sfottò di altri, ma sta trascinando la squadra, caricandosi responsabilità che a volte eccedono anche dai suoi compiti. Era il 9 di cui il mister Gattuso aveva bisogno, il 9 che noi tutti desideravamo rivedere al Milan, e finalmente pare essere arrivato. Un nove annunciato che ha superato la “prova del nove”!