Se l’Europa fosse una squadra di calcio sarebbe composta da dodici stelle (undici più l’allenatore), le stesse che, su sfondo blu, compongono la bandiera dell’UE. Sarebbe una squadra imperfetta, con tante individualità diverse fra loro, forse incompatibili, ma che nonostante alcune incomprensioni stanno benissimo insieme, si divertono, divertono e vincono. Chiedo umilmente perdono alle città che non sono state inserite, ma la mia personalissima immaginazione le ha ritenute meno adatte di altre all’espressione di un gioco corale che meglio rappresenti le relazioni culturali, sociali, politiche, economiche e sentimentali che definiscono la madre dell’Occidente, la giovane ma attempata dea Europa.

Modulo 4-2-3-1
Non sono numeri che hanno un significato nascosto, semplicemente è il modulo che si sposa al meglio con i nostri interpreti.

Allenatore – Atene – Johan Cruijff

Atene è dove la cultura occidentale ha inizio, dove mette le sue radici più profonde, un po’ come il calcio contemporaneo europeo è radicato nella figura semi-divina di Johan Cruijff. L’olandese, da giocatore prima, da allenatore poi, da dirigente infine, ha ispirato praticamente qualunque sistema di gioco gli sia succeduto, escluso ovviamente il catenaccio all’italiana. Le sue idee si sono reincarnate in tutti i più grandi innovatori del gioco del calcio moderno, da Sacchi a Guardiola, a Klopp, a Gasperini. Madre della democrazia e della cultura europee, dell’architettura e di tutte le arti, compreso lo sport, se l’Europa fosse una squadra di calcio, Atene non potrebbe che essere l’allenatore, un allenatore eterno, destinato a lasciare una traccia indelebile nella storia dell’uomo. Se Atene fosse un allenatore sarebbe Johan Cruijff.

Portiere – Londra – Manuel Neuer

Il portiere è il ruolo più delicato di tutti. È l’ultimo baluardo della difesa, quello che non può sbagliare mai e che se sbaglia è finita, non c’è nessuno dietro a rimediare. Così è Londra, la città più importante politicamente ed economicamente dell’Europa moderna (anche se ufficialmente non fa più parte dell’UE), garante dei valori fondanti della cultura occidentale: libertà, democrazia, inclusione, tolleranza. Ne è stato l’ultimo baluardo durante la Seconda Guerra Mondiale (Parigi è stata occupata), difendendoli dal nazifascismo e facendoli definitivamente trionfare. Oggi Londra è la città che proietta l’Europa nel futuro, pur mantenendo solide le sue tradizioni. È il ponte fra il vecchio continente e il nuovo, ultramoderno, mondo. Se l’Europa fosse una squadra di calcio, Londra sarebbe il portiere: lontano, solitario, ma sul quale si può sempre contare, un portiere fortissimo, quasi imbattibile, e moderno, quasi avanguardista. Se Londra fosse un portiere sarebbe Manuel Neuer.

Terzino destro – Amsterdam – Joao Cancelo

Amsterdam è una città bellissima, non solo perché i sensi sono alterati, e soprattutto divertentissima: bellissima per il suo centro storico circondato da canali; non c’è bisogno di ricordare gli svariati motivi per cui è divertentissima. Non ha certo la rilevanza politica di Londra, Parigi e Berlino ma nel calcio moderno il terzino sta diventando un ruolo tutt’altro che marginale nell’economia del gioco: talvolta diventa una sorta di regista arretrato e decentrato, spessissimo si trasforma in ala aggiunta finendo addirittura in fuorigioco (impensabile fino qualche decina d’anni fa). Se l’Europa fosse una squadra di calcio, Amsterdam sarebbe un terzino di quelli belli esteticamente, offensivo, un po’ fumoso, anche antipaticamente anarchico, con qualche lacuna difensiva, ma delizioso, inebriante. Se Amsterdam fosse un terzino destro sarebbe Joao Cancelo.

Terzino sinistro – Milano – Théo Hernandez

Abbiamo già parlato dell’importanza dei terzini nel calcio moderno e moderno è proprio l’aggettivo che meglio si addice alla città di Milano. Milano non è nemmeno la capitale dell’Italia ma a livello economico e in alcuni settori della cultura di massa contemporanea (calcio e moda su tutti) è una delle più influenti metropoli europee, e anche una delle più piccole. Città verticale, slanciata, aperta, intelligente, viva, fremente, Milano è sempre proiettata verso il futuro. Se l’Europa fosse una squadra di calcio, Milano sarebbe un giovane, instancabile, veloce, possente e soprattutto moderno terzino sinistro e quale terzino sinistro moderno può rappresentare Milano meglio del dinamitico Théo Hernandez?

Difensore centrale – Berlino – Fabio Cannavaro

Berlino ha sofferto tanto durante la sua storia contemporanea, ne ha viste di tutti i colori ed è stata probabilmente la città simbolo di tutto ciò che di brutto è successo nell’Europa del Novecento. Ha perso la Prima guerra mondiale. Si è lasciata persuadere, ammaestrare, conquistare e spodestare da Hitler. Ha perso la Seconda Guerra Mondiale. Ha dovuto subire l’umiliazione di essere divisa prima fra i quattro vincitori della guerra, poi in due blocchi (est e ovest), e la tortura di vedersi irrimediabilmente divisa in due parti incomunicabili. Ha (per metà) sopportato in silenzio la miseria del comunismo. Poi però è stata il simbolo della rinascita della fenice europea ed ora è lì in testa a trascinarla, a volte un po’ bruscamente, fuori dalle sabbie mobili. Berlino ha sofferto tanto, ha avuto le sue colpe, ma si è rialzata ed ora è un punto fermo imprescindibile, non solo dell’Unione Europea, ma di tutto il mondo occidentale. Se l’Europa fosse una squadra di calcio, Berlino sarebbe quel difensore centrale infaticabile, che non si arrende mai, forse non pulitissimo, sicuramente non elegante, ma efficace e spesso decisivo. Sarebbe proprio quel difensore, simbolo di un’intera nazione, che in uno dei momenti più bui della sua storia, sportiva e non, ha deciso, per un attimo di rialzare la testa. Insomma, ormai dovrebbe essere chiaro, se Berlino fosse un difensore centrale sarebbe Fabio Cannavaro, il muro di Berlino, appunto.

Difensore centrale – Copenaghen – Simon Kjaer

Copenaghen è una città all’avanguardia su tutto, e soprattutto responsabile, in una parola: nordica. Nel 2014 ha vinto il premio “Capitale verde europea” ed entro il 2025 diventerà la prima capitale ad emissioni zero del mondo. Spesso è fonte di ammirazione per noi italiani, ma di un’ammirazione astratta, distratta e distaccata. Non l’ammiriamo per cercare di raggiungerla, o almeno vanamente inseguirla: la guardiamo, la pensiamo, ne parliamo come se fosse su un altro pianeta, come se fosse qualcosa di distante, irraggiungibile, dai contorni indefiniti. Se l’Europa fosse una squadra di calcio, Copenaghen sarebbe quel giocatore che piace tanto al mister, quello a cui non rinuncia mai perché sa che può fidarsi di lui, che sa sempre quello che deve fare e infonde tranquillità anche ai compagni. Più precisamente sarebbe un difensore centrale nordico, freddo, apatico, dallo sguardo glaciale, ordinato, preciso, pulito e puntuale negli interventi. Più precisamente, se Copenaghen fosse un difensore centrale sarebbe Simon Kjaer, ancor più precisamente quel Simon Kjaer che stiamo ammirando al Milan da quasi un anno.

Regista – Parigi – Pepe Schiaffino

Ciò che Parigi consiglia, l’Europa lo medita; ciò che Parigi comincia, l’Europa lo continua, scriveva il padre della letteratura francese Victor Hugo. La capitale francese è stata la culla di praticamente tutte le correnti culturali che si sono susseguite dall’illuminismo al decadentismo, passando il romanticismo. Diversissime epoche l’hanno attraversata: regni, rivoluzioni, controrivoluzioni, imperi, democrazie. Ha ispirato letterati, poeti, pittori, compositori. Balzac ne ha smascherato nei minimi dettagli una società di ipocriti arrivisti. Baudelaire l’ha cantata e vagabondata. Bizet e Debussy l’hanno ritmata. Monet, Manet, Renoir, Toulouse-Lautrec ne hanno dipinto la belle époque. Van Gogh l’ha sofferta. Tantissimi altri artisti l’hanno vissuta, vi hanno lasciato un pezzo di loro stessi e hanno contribuito a crearne il mito.  Città colta e romantica, malinconica e frizzante, borghese e rivoluzionaria, accademica e avanguardista, se l’Europa fosse una squadra di calcio, Parigi sarebbe certamente il regista, ma non un regista qualunque, uno coi colpi di genio alla Pirlo, saggio come Xavi, ma elegante, raffinato e romantico. Se Parigi fosse un regista sarebbe Pepe Schiaffino.

Mediano – Bruxelles – Sergio Busquets

Se Parigi è il centro culturale dell’Unione Europea e Berlino quello economico, Bruxelles ne è il centro amministrativo. Tanto criticata quanto importante, Bruxelles è dove vengono prese quasi tutte le decisioni politiche, che vengono poi delegate ai singoli stati. Se l’Europa fosse una squadra di calcio, Bruxelles ne sarebbe il mediano metodista, tuttofare. Il suo compito è quello di recuperare palloni o riceverli dai difensori, ripulirli e farli arrivare ai giocatori più fantasiosi, regista in primis. Deve essere bravo in fase difensiva, ma deve anche saper trattare bene la palla e dettare i tempi di gioco. È il vero e proprio centro amministrativo della squadra. Al fianco di Pepe Schiaffino ci starebbe bene Niels Liedholm diranno i milanisti di vecchia data. No, troppo facile, troppo scontato, troppo romantico, troppo perfetto. Se Bruxelles fosse un mediano sarebbe uno di quelli che passano un po’ inosservati, più per meriti dei propri compagni che per demeriti propri, forse un po’ compassato, spesso sottovalutato, talvolta criticato, che ogni tanto eccede in comportamenti lievemente immorali (nulla di grave rispetto ad altri), ma fondamentale, insostituibile. La nostra coppia di centrocampo è tutt’altro che perfetta., ma comunque ben costruita ed efficiace. Se Bruxelles fosse un mediano sarebbe Sergio Busquets.

Trequartista – Vienna – Mesut Özil

A Vienna le strade sono lastricate con la cultura. Nelle altre città le strade sono lastricate con l’asfalto, scriveva lo scrittore austriaco Karl Kraus. Città simbolo della belle époque mitteleuropea e culla della borghesia asburgica, Vienna, nell’Europa ottocentesca, è stata per la musica quello che Parigi è stata per l’arte e la letteratura. Tutti i più importanti compositori vi hanno transitato: Mozart, Beethoven, Haydn, Schubert, Strauss. Oggi i suoi teatri e sale da concerto ospitano oltre 15 mila concerti all’anno. Città silenziosa e melodica, tranquilla e inquieta Vienna dà il meglio di sé in autunno. Se l’Europa fosse una squadra di calcio, Vienna ne sarebbe il trequartista, ma non un trequartista qualunque, uno di quelli che si faticano a vedere in giro, uno di quelli che, che sembrano danzare e che allo stesso tempo, come si suol dire, fanno cantare la palla quando la calciano. Se Vienna fosse un trequartista sarebbe un trequartista d’altri tempi reincarnato nel calcio moderno, un trequartista romantico, estemporaneo: un trequartista silenzioso, malinconico, sornione, ma elegante e incantevole. Se Vienna fosse un trequartista sarebbe Mesut Özil.

Ala destra – Roma – Maradona

Avevo messo Messi inizialmente, ma dopo la notizia che ho appena letto non potevo non rendere omaggio a modo mio a Maradona. Non ci sono parole per descrivere la bellezza, grandezza e lo spessore culturale della città di Roma, così come molto spesso è inutile descrivere quello che Diego Armando Maradona fa con un pallone rotondo su un prato verde. Bisogna soltanto ammirare, contemplare i monumenti, le piazze, i palazzi, le vie della città e le fantascientifiche giocate della pulce: ogni parola è superflua. Risulta difficile anche collocare Roma all’interno del panorama internazionale: qualunque definizione risulterebbe riduttiva. Roma non è fatta per le definizioni e allo stesso modo non lo è Maradona. Ho deciso di metterlo ala destra perché era l’unico rimasto fra quelli offensivi. Tanto Maradona non aveva un ruolo, Maradona faceva quello che voleva, e anche solo l’atto di assegnargliene uno è un insulto al calcio, ma anche all’arte e alla poesia, perché non è solo calcio quello che faceva Maradona. Certo si potrebbe descrivere il suo ruolo con un numero di maglia, il suo, il 10, el diez. Se l’Europa fosse una squadra di calcio, Roma sarebbe il più grande di tutti, el diez, Diego Armando Maradona.

Ala sinistra – Barcellona – Neymar

Barcellona la città del divertimento, famosa in tutta Europa per la sua vita notturna e per le sue discoteche. È una città che all’interno della sua ordinatissima griglia urbana (realizzata nel XIX secolo dall’ingegner Cerdà i Sunyer) nasconde le forme più strane e più disparate, quelle di Casa Batllò e Casa Milà, di Parc Güell e dell’eterna incompiuta Sagrada Familia. Barcellona è anche la città del bel giuoco, quella che ricorda che La pilota ens fa més prima di ogni Clásico, integralista di questa divina e rivoluzionaria tradizione iniziata dal genio di Crujiff, proseguita dall’altrettanto genio di Pep Guardiola e che oggi ha raggiunto il suo tristissimo (ma solo momentaneo) epilogo in cui Quique Setién ha solo la sfortuna di essere capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Tornando ad aspetti extracalcistici, che poi tanto extracalcistici non sono, ogni tanto Barcellona si ricorda che lei in Spagna non ci vuole più stare, che vuole l’autonomia perché non si è mai sentita spagnola fino in fondo, ma probabilmente anche perché si è stancata di trainare l’economia di un paese che in molte zone è ancora molto arretrato. Se l’Europa fosse una squadra di calcio Barcellona sarebbe un’ala sinistra brasiliana, un po’ anarchica ma dalla tecnica sopraffina, da far strabuzzare gli occhi, una di quelle da jogabonito sulle spiagge di Copacabana prima e della Barceloneta poi, sempre col sorriso ma che ogni tanto, regolarmente, ci tiene a piagnucolare al mondo i suoi malumori, forse perché vogliosa di cambiare aria, forse perché eternamente insoddisfatta come Madame Bovary, o forse per ricordare a sé stessa e agli altri di essere una prima donna, la prima donna. Se Barcellona fosse un’ala sinistra sarebbe Neymar da Silva Santos Júnior, per tutti Neymar Jr.

Centravanti – Madrid – Edinson Cavani

Madrid ha un enorme pregio: pur cambiando rapidamente, resta sempre uguale. È una città maestosa, forse perché regale, imponente, brulicante, persino caliente, per usare un termine madrileño nonostante un clima più continentale che mediterraneo. Ma il calore scorre nelle vene dei suoi abitanti e fra le sue maestose vie. È una città che ha avuto, e continua ad avere, dei momenti di difficoltà, delle defaillances, per dirla alla parigina, ma che in fin dei conti resta sempre il più importante centro economico dell’Europa Meridionale e uno dei principali del continente. Se l’Europa fosse una squadra di calcio, Madrid sarebbe un centravanti maestoso, regale, travolgente, caliente ma freddo allo stesso tempo, tradizionale e moderno, un matador insomma, come Edinson Cavani.


Il bello di questo passatempo in cui mi sono dilettato e che spero abbia dilettato a sua volta è che è del tutto soggettivo. Ci sono certamente dei tratti oggettivi che definiscono una città, un ruolo e un calciatore, ma ognuno di questi tre elementi può essere soggettivamente vissuto e pensato in infiniti modi. Questo rende possibili infinite combinazioni. Eppure nel momento in cui uno si mette a pensarle, dotato della sua esperienza e della sua immaginazione del tutto soggettive, queste infinite combinazioni si concretizzano in un’unica possibile, che probabilmente sarà diversa per ognuno.