Fra i ragazzi nati fra il 2000 e il 2002, precisamente quelli che non hanno mai visto la Seleçao vincere un Mondiale, il Brasile sembra avere un’abbondanza disarmante nel ruolo di attaccanti esterni. Si parla soprattutto dei due gioiellini del Real Madrid Vinícius (classe 2000) e Rodrygo (classe 2001), gli unici due ad aver già esordito in nazionale maggiore, come possibili eredi di Neymar, ma ci sono almeno una decina di talenti degni di nota in quel ruolo: da Kaio Jorge e Gabriel Verón, che domani sera si affronteranno nella finale di Copa Libertadores fra Santos e Palmeiras, a Reinier e Paulinho, futuri protagonisti di uno dei tanti derby della Ruhr, fra Borussia Dortmund e Bayer Leverkusen, passando per una delle poche note liete in casa Arsenal degli ultimi anni, Gabriel Martinelli, che ci auguriamo, vista l’abbondanza, scelga di rappresentare la sua seconda nazionalità, che coincide quella di chi scrive e, presumibilmente, anche di chi legge. Si parla poco invece, forse anche perché gioca in un campionato poco seguito, di Antony, esterno destro dell’Ajax.

Antony Matheus dos Santos è nato ad Osasco, un comune di circa 700 mila abitanti situato nell’area metropolitana di San Paolo, il 24 febbraio 2000. Dopo aver mosso i primi passi nel Gremio Esportivo de Osasco, all’età di 10 anni viene prelevato dal Sao Paulo, di cui era da sempre tifoso. Nel 2018 casualmente esordisce con i grandi del Tricolor proprio contro il Grêmio, quello vero, di Porto Alegre. La stagione successiva si afferma come titolare fisso e nel Brasielirao gioca 29 partite, segna 4 gol e fornisce 6 assist. Viene subito notato dall’Ajax che, come al solito brucia la concorrenza e lo porta in Olanda nell’estate del 2020, al prezzo di circa 16 milioni di euro. Sorprendentemente Antony si adatta subito al calcio europeo e si impone prendendosi la fascia destra dell’attacco dei lancieri, con i quali, in questa stagione ha già giocato 17 partite (di cui 15 da titolare), partecipando a 15 reti della sua squadra (7 le ha fatte lui, le altre 8 le ha fatte fare). All’Europa delle grandi si è presentato con uno splendido gol contro il Midtjylland e una prestazione straripante contro l’Atalanta. Non ha ancora esordito con la nazionale maggiore ma con l’U23 ha già segnato 5 gol in 11 partite disputate e Rogério Ceni, attuale allenatore del Flamengo ed ex leggendario portiere del San Paolo lo ha definito il talento più brillante della sua generazione.

Il doppio passo ondeggiato e altre specialità del suo futebol bailado

Le sue principali doti tecniche sono la rapidità, un brasilianissimo dribbling ubriacante, esuberante, sbruffone, ma sempre imprevedibile ed un piede sinistro telecomandato, con il quale alterna traiettorie morbide, vellutate che mettono i compagni nelle condizioni di segnare, a conclusioni secche, precisissime sul primo o sul secondo palo, come quella realizzata contro il Midtjylland. Il suo baricentro basso e le sue gambe corte, leggermente ma visibilmente sproporzionate rispetto al resto del corpo (è alto 1.72, quindi non bassissimo), gli consentono di avere grande esplosività, velocità di reazione ed esecuzione impressionanti e di opporre una discreta resistenza agli urti dei difensori avversari. Sempre da quelle due gambe, che ricordano vagamente quelle dei ragazzi che portavano i jeans a cavallo basso, con elastico delle mutande in bella vista di moda ormai quasi un decennio fa, nasce la specialità della casa.
Fra tutti i numeri che mette in mostra ogni partita (li trovate nel video a fine articolo), il modo caratteristico con cui fa il doppio passo è quello che sicuramente rimane più a lungo negli occhi di chi guarda. Il suo è praticamente l’esatto contrario di quello secco, quasi impercettibile, spesso anche fine a se stesso di Cristiano Ronaldo. Assomiglia di più a Ronaldo il Fenomeno (la cui efficacia ovviamente resta irraggiungibile) per il modo in cui riesce a sbilanciare l’avversario. Antony fa ondeggiare le anche in un modo unico, con un movimento morbido, elegante, sciolto, non ansiogeno ed illeggibile come i due appena citati, ma al contrario quasi prevedibile per la mitezza apparente con cui lo fa. Eppure, non lo prendono quasi mai. Più che voler saltare, lasciare sul posto o deridere l’avversario, Antony sembra volervi danzare, come se fosse una menina appena incontrata al Sambodromo durante il Carnevale paulista, per poi ovviamente sfuggirgli furtivo e svanire dietro di lui con passo felpato.

Determinazione, consapevolezza e incoscienza

Antony ha anche dei difetti, certamente, o meglio, degli aspetti in cui può ancora più o meno migliorare, come la robustezza fisica, la concretezza nelle giocate e la velocità con cui si libera del pallone. Quello che però colpisce di questo ventenne sono la maturità, l’umiltà, la determinazione e la lucidità, nonostante sia ancora giovanissimo, che traspaiono da alcune sue dichiarazioni alla stampa spagnola.
Ce n’è una poi, tratta da un’intervista rilasciata durante il programma televisivo brasiliano Globoesporte lo scorso novembre e riportata dal quotidiano sportivo spagnolo AS, che lascia comprendere il suo profilo psicologico come meglio non si potrebbe. Ad una domanda relativa alla pressione che potesse sentire sulle sue spalle in quanto sostituto designato di Zyech, ha spiegato di non sentirne alcuna, aggiungendo che “la maggior pressione che abbia mai sentito era quando vivevo nella favela”. Ne viene fuori il ritratto di un ragazzo enormemente maturo e consapevole (per via del suo passato di estrema miseria), ma allo stesso tempo con quella buona dose di incoscienza tipica della sua età, che gli consente di affrontare la vita e il calcio con leggerezza e di non farsi sfiorare dalla pressione che potrebbe derivare dal giocare in uno dei club tradizionalmente più importanti al mondo: quasi una contraddizione.

D’altronde non poteva che essere così per un ragazzo che ha la classica faccia da criminale delle favelas pauliste, ma quando entra in campo si trasforma nel più leggiadro, armonioso e delicato dei ballerini di samba.