Parigi e Vienna, simboli della belle époque della borghesia europea, culle della cultura occidentale moderna (della filosofia, della musica, della letteratura e delle arti) sono due città in qualche modo molto simili ma anche profondamente diverse. Custodi, forse più di qualunque altra città, dei valori della democrazia europea e della cultura centenaria su cui si fondano, oggi sono due città ferite e stanche, stanche, come l’Europa intera, di essere tenute in scacco dal terrorismo islamico. Non potevano colpire miglior bersaglio: l’occidente è stato ripetutamente colpito nel suo vecchio e malfunzionante cuore.

Parigi, un regista romantico

Parigi, con circa 2,2 milioni di abitanti è il quarto comune più popolato dell’Unione Europea. Oltre che capitale della Francia è anche sede dell’UNESCO. Non è un caso che la sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, sia proprio la città che più di tutte rappresenta la cultura occidentale moderna, vero e proprio laboratorio politico, filosofico, artistico, musicale, letterario, architettonico dell’occidente dal Settecento in poi. Ciò che Parigi consiglia, l’Europa lo medita; ciò che Parigi comincia, l’Europa lo continua, scriveva il padre della letteratura francese Victor Hugo.

La capitale francese è stata la culla di praticamente tutte le correnti culturali che si sono susseguite dall’illuminismo al decadentismo, passando il romanticismo. Diversissime epoche l’hanno attraversata: regni, rivoluzioni, controrivoluzioni, imperi, democrazie. Ha ispirato letterati, poeti, pittori, compositori. Balzac ne ha smascherato nei minimi dettagli una società di ipocriti arrivisti. Baudelaire l’ha cantata e vagabondata. Bizet e Debussy l’hanno ritmata. Monet, Manet, Renoir, Toulouse-Lautrec ne hanno dipinto la belle époque. Van Gogh l’ha sofferta. Tantissimi altri artisti l’hanno vissuta, vi hanno lasciato un pezzo di loro stessi e hanno contribuito a crearne il mito. Come artista, un uomo non ha altra patria in Europa che Parigi, scriveva Nietzsche.

Città colta e romantica, malinconica e frizzante, borghese e rivoluzionaria, accademica e avanguardista, se l’Europa fosse un melodramma, Parigi ne sarebbe il libretto. Se l’Europa fosse una squadra di calcio, Parigi sarebbe certamente il regista, ma non un regista qualunque, uno coi colpi di genio alla Pirlo, saggio come Xavi, ma elegante, raffinato e romantico. Se Parigi fosse un regista sarebbe Pepe Schiaffino.

Vienna, un trequartista malinconico

Vienna, con circa 1,9 milioni di abitanti, è il settimo comune più popolato dell’Unione Europea. Oltre che capitale dell’Austria è anche una delle sedi dell’ONU. Per tre anni (2009, 2012 e 2014) è stata eletta città con la miglior qualità della vita al mondo. Il suo centro storico è stato nominato, proprio da Parigi, patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO. È spesso definita come la città-museo in virtù dei circa 150 fra musei e gallerie d’arte che oggi sono visitabili anche virtualmente.

A Vienna le strade sono lastricate con la cultura. Nelle altre città le strade sono lastricate con l’asfalto, scriveva lo scrittore austriaco Karl Kraus. Città simbolo della belle époque mitteleuropea e culla della borghesia asburgica, Vienna, nell’Europa ottocentesca, è stata per la musica quello che Parigi è stata per l’arte e la letteratura. Tutti i più importanti compositori vi hanno transitato: Mozart, Beethoven, Haydn, Schubert, Strauss. Oggi i suoi teatri e sale da concerto ospitano oltre 15 mila concerti all’anno. Vienna però non è solo musica. A inizio Novecento è stata il laboratorio dell’importante avanguardia artistica, chiamata appunto Secessione viennese, di cui Klimt è stato il massimo esponente. Inoltre, fra le sue vie, o meglio, fra i palazzi della sua borghesia, con le scuole di Freud e Jung è nata la psicologia moderna.

Città silenziosa e melodica, tranquilla e inquieta Vienna dà il meglio di sé in autunno. Se l’Europa fosse un melodramma, Vienna ne sarebbe certamente lo spartito. Se l’Europa fosse una squadra di calcio, Vienna ne sarebbe il trequartista, ma non un trequartista qualunque, uno di quelli che si faticano a vedere in giro, uno di quelli che, come si suol dire, fanno cantare la palla quando la calciano. Se Vienna fosse un trequartista sarebbe un trequartista d’altri tempi reincarnato nel calcio moderno, un trequartista romantico, estemporaneo: un trequartista silenzioso, malinconico, sornione, ma elegante e incantevole. Se Vienna fosse un trequartista sarebbe Mesut Özil.

Hanno privato il vecchio continente del suo geniale regista e del suo elegante trequartista, con un colpo basso, meschino. Mai come oggi dobbiamo fare catenaccio e ripartire.
Mai come oggi c’è bisogno di tutta l’Europa e c’è bisogno che stia unita, arroccata in difesa dei suoi valori, della sua cultura e anche delle sue debolezze.