E' storia recente. Il  "gotha" del calcio Continentale si è stretto a coorte ed è nata la SuperLega. Evviva la Superlega. 
Con i quattrini di JP MORGAN nel motore. Il che, renderebbe tutto più facile: tre miliardi e mezzo di euro di introiti e le nobili e ricche del calcio Europeo avranno il loro torneo (espandibile dalle "fab twelve" a 15 membri fissi). Più altre 5 ad invito annuale, bontà loro. Insomma, come cantava Frankie Hi-NRG nella sua "quelli che benpensano" (secondo miglior brano rap italiano dopo Aspettando il Sole di Neffa) "gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili". 
Non entrerò nel merito né cercherò di elargire valutazioni frettolose. Come dice Dilts, capostipite della moderna programmazione neuro-linguistica, sospendo il giudizio. 
C'è il rischio (concreto, inevitabile) di dividersi tra coloro che pensano sia ineluttabile: la storia della globalizzazione è anche questa. Si è passati dalla romantica Coppa dei Campioni alla Champions's League, alla sentenza Bosman, alla libera circolazione dei calciatori, a 6 aribitri in campo, alla/al VAR, ai diritti TV, ai calciatori-società, ai procuratori-azienda. Il passo, da qui, è breve. Con una pandemia di mezzo. Che ha portato la distanza (inevitabile) dalla gente e dagli stadi inasprendo una lotta per i diritti televisivi che è storia di questi giorni, Come lo sono il branding, il merchandising, la ricercatezza di nuove divise e nuovi loghi. Le cosiddette "skin"di moderni videogiochi che popolano l'intrattenimento per teenagers ormai ovunque. Icone in sostanza del "ready to buy" e dell'economia di spreco e lineare, che si contrappone all'economia "virtuosa" circolare (cioè con rigenerazione di risorse, beni e servizi).

Le grandi società di calcio Europee (ormai trasformate in holdings o società per azioni) possono addirittura vendere diritit per i videogiochi (e da Juventus a Piemonte Calcio il passo è breve e redditizio) a loro piacimento. 
L'avvento della "SuperLega" era stato predetto già nei primi anni della Champions, allorquando Silvio Berlusconi sognava (ma non solo lui) un moderno campionato per club. Chi con me ha goduto di Sensible Soccer, miglior videogioco di calcio degli anni '90/00 non può non ricordare come uno dei torneri da scegliere fosse la famigerata "Euroepan SuperLEague". Negli stessi coin-op dei bar spopolavano giochi di calcio in cui la selezione delle squadre era limitato a Juventus-Inter-Milan, Real-Barca-Atletico, Manchester United-Liverpool, Bayern Monaco con Benfica-Porto-PSV a fare da comparse. 

Questa "assemblea costituente" della Superlega rappresenta in un certo senso un step diverso. Rappresenterebbe un primo, reale macro-tentativo di parcellizzare, mercantizzare e controllare il fenomeno sportivo calcio (come avviene negli USA per baseball, basket e football), incanalandolo su binari predefiniti e che si piegano più alle logiche di spettacolarizzazione "tout court" che al gesto tecnico o atletico. Due fulgidi esempi in tal senso possono essere ricavati dalla fantascienza moderna: in Rollerball (capolavoro distopico del 1975 di un futuro sport ultra-violento) i network televisivi decideva insieme alle società sportive non solo chi doveva vincere o perdere, ma anche quale giocatore doveva morire, vivere, se sposarsi (e con chi, non è vero, influencers?) o quando ritirarsi. Si ribella a tutto ciò un immortale James Caan. A proposito, il film è ambientato in un ipotetico 2018. Visione similare è descritta in "L'implacabile - The Running Man" (una sorta di caccia all'uomo da parte di avversari iper-tecnologici) in cui chi controlla i Networks controlla il potere. 
Si tratta ovviamente di forzature e caricaturizzature cinematografiche, ma il rischio di prodotto pre-confezionato in cui molto sia deciso e in cui la variabile "caso" sia ridotta al minimo per non perdere audience potrebbe essere concreta. 
Evoluzione, Morpheus, evoluzione.
Questo ripete l'agente Smith (terrificante cattivo di Matrix, un inarrivabile Hugo Weaving) al pirata cibernetico. Se il calcio non si adegua al progresso, adegueremo il progresso al calcio, sostengono taluni. Per proiettarlo nella spettacolarizzazione e nel multimedia tipico delle franchige NBA.

Dall'altro c'è chi pensa che il vero calcio rientri (come diceva Brera) nell'epica. Sia un insieme di emozioni, miti, destini in quella linea che l'uomo chiama storia. Che sia solo il pretesto per raccontare altre storie, come dice Federico Buffa, ultimo dei Cantastorie Medievali. Che sia nato e che cresca nelle strade o in campetti come il nostro "Nervesa" nella città dove vivo. Che bastino due giacche per fare una porta. Che sono cresciuti calciando il Tango o il SuperTele. Che sono diventati Juventini (come chi vi scrive) per la punizione al 90' di Roberto Baggio contro il Paris Saint-Germain di Jorge Weah, in semifinale di QUELLA coppa Uefa di tanti anni fa (quando la Juve non vincenva niente e ti prendevano in giro a scuola). Oppure sono Interisti perchè Nicolino Berti ha fatto 60 metri di campo per segnare contro il Bayern Monaco. O Milanisti perchè si ricordano di due tulipani neri e di un cigno che veniva da Utrecht. O tifano Real, perchè prima di Ronaldo ci sono stati El Buitre e Hugol. Che si ricordano dell'Atalanta in semifinale di Coppa delle Coppe contro il Malines di Michel Preud-Homme (il miglior portiere del mondo) o della sedia alzata al cielo di Amsterdam da Mondonico, quando il Torino era in finale Uefa contro l'Ajax. 

All'inizio ho detto che avrei sospeso il giudizio. Non ce la faccio. Non riesco a capire perchè ci sia qualcuno che decida (al di là delle inevitabili logiche di mercato, di branding e di crescita aziendale) chi deve giocare e chi no. Che -come si faceva in quei campetti- si porta via il pallone. 
Preferisco il pallone SuperTele alla Superlega. 

E' notizia di queste ultime ore del probabile/possibile "dietrofront" di alcuni club in merito al progetto Superlega. Mi piace pensare che qualcuno di loro abbia rivisto "Fuga per la Vittoria", specie la scena in cui il gerarca nazista Max von Sydow si alza ad applaudire il gol in rovesciata di Pelè, scalcinato centravanti di una scalcinata formazione di prigionieri di guerra già data per spacciata contro la fortissima Germania. Oppure che abbiamo dato retta, come Kevin Costner ne "l'uomo dei Sogni" quando costruisce un campo da Baseball nei campi dell'Iowa per far tornare a giocare a baseball il fantasma di Shoeless Joe Jackson e riavvicinare la gente ai valori dello sport di un tempo. "Verrà un sacco di gente", diceva Costner, "verranno e pagheranno per ridiventare bambini". 
Ne è venuta sempre un sacco. Nelle strade, nei campetti di periferia, in qualsiasi paese e in qualsiasi divisione, dall'Interregionale alla Serie A. In India come in Australia con nel campo di allenamento del Real Kiremba a 'Ngozi, nord del Burundi. 

Concludo, chiudendo la (lunga) parentesi romantica: se SuperLega dovrà essere, che sia.
Ho sopportato di peggio. Ho visto l'Italia perdere un Europeo al famigerato "golden goal", l'Irlanda del Trap defraudata di una qualificazione Mondiale per una clamorosa svista, persino la scomparsa della Coppa delle Coppe. Mi sono persino piegato a pensare che chi arriva quarto in campionato l'anno dopo può vincere la Champions.
Ma - per favore - che il futuro di questo sport meraviglioso sia deciso da chi lo pratica e dai tanti tifosi che lo amano e che non (ci) venga semplicemente imposto.