Sappia il viaggiatore che si appresta per la prima volta a varcare i confini di Dublino (Ath Cliath in gaelico) e percorra  Liffey street da nord a sud che giungerà molto preso all'Ha'penny bridge, uno dei tanti ponti che sorgono lungo il corso del fiume Liffey. In particolare deve il suo nome dal fatto che per entrare nel vecchio centro storico di Dublino (il Temple Bar tanto caro ai fans degli U2) era necessario pagare mezzo penny (da qui half a penny bridge).

Questo aneddoto, come anche quello che racconta come Dublino sia l'unica città europea ad aver dato i natali a ben tre premi nobel per la letteratura (Yeats, Beckett e Shaw), me lo ha raccontato Paul, bizzarro taxista che ha avuto la sfortuna di accompagnarmi durante una breve trasferta irlandese. Lo stesso Paul si scopre appassionato dell'Italia e mi dice di esservi stato: a Torino, Genova, Roma, Cagliari e Palermo. Per che cosa? Per seguire il calcio. La serie A? Nossignore. Nel 1990 Paul è partito da Dublino in camper al seguito della nazionale Irlandese e l'ha seguita passo passo durante tutta l'avventura mondiale. In quell'edizione l'Irlanda ottenne il suo miglior risultato di sempre: i ragazzi di Jackie Charlton (Jackie's Army) furono infatti eliminati dall'Italia nei quarti di finale, 1-0 con gol di "Totò Scheeelacci" come lo chiama Paul. Che aggiunge come avrebbero dovuto giocare loro (e avrebbero vinto) con l'Argentina. Ci sta. 

Quello che colpisce, in un periodo di estreme rivalità tra i club del nostro paese (insulti mediatici, operazioni di polizia per gli ultras) e nel quale le soste per le Nazionali siano solo "una noia, una grande seccatura" è la contrapposizione di quello che succede in Irlanda. In questo paese le competizioni del football di club (in realtà molto modesta - vengono seguite e tifate squadre scozzesi come il Celtic o Inglesi) come le coppe europee siano in realtà un intermezzo tra le partite della Nazionale (al contrario di quanto accade da noi). Ovunque vengono vendute maglie, tute, felpe, gagliardetti dei Boys in Green (ragazzi in verde). 

Alla base di ciò, c'è sicuramente l'orgoglio di un popolo che tra tanti in Europa ha riconquistato la libertà dal Regno Unito d'Inghilterra in tempi recenti e che è sopravvissuto, nella metà del Ottocento, alla più grande carestia del mondo occidentale - la cosiddetta "Famine" - che uccise sull'isola un milione di persone ed ha saputo rialzarsi. 

Tra le leggendarie imprese della nazionale Irlandese la prima è senz'altro la vittoria del 1949 contro l'Inghilterra a Goddison Park (lo stadio dell'Everton). Il 2-0 finale sugli Inglesi (seppur privi di Mathews e Mortensen) con reti realizzate da Martin su rigore e da Ferrell (che giocava proprio nell'Everton)  fu registrato come la prima sconfitta interna della nazionale dei tre leoni contro una rivale non considerata Home Country (cioè Scozia, Galles ed Irlanda del Nord). 

L'orgoglio di vestire la maglia verde dell'Irlanda presto coinvolse anche i figli delle famiglie di origine Irlandese emigrate: il primo fu il leggendario difensore del Manchester United  Shay Brennan nel 1965. Negli anni successivi toccò a  Mark Lawrenson, David O'Leary, John Aldridge, Tony Cascarino e David Kelly. Vennero poi coinvolti anche giocatori nati in Scozia da genitori irlandesi, quali Ray Houghton (che qualcuno ricorda per il goal a Pagliuca nei mondiali USA 1994). 

All'inizio degli anni '80 anche la Serie A conosce il calcio irlandese, con l'arrivo tra le file della Juventus di Liam Brady. Nativo di Dublino, narra la leggenda abbia abbandonato la scuola in Irlanda per aver volutamente saltato una partita di "calcio gaelico" per giocare a football. Trasferitosi appena quindicenne nelle file dell'Arsenal, ne divenne uno dei punti di forza. Apprezzato per le doti di regista offensivo, mancino puro, ottimo rigorista, si trasferì alla Juventus ove vinse due scudetti; di cui l'ultimo calciando il rigore decisivo contro il Catanzaro (sebbene sapeva che l'anno successivo non sarebbe rimasto a causa dell'acquisto di Platini). La sua professionalià e carisma dentro e fuori dal campo l'hanno accompagnato ovunque, tra cui alla Samp, all'Inter ed a fine carriera al West Ham. Attualmente è team manager della nazionale. 

Il mondiale del 1990 rappresenta sicuramente il punto più alto della recente storia dei Ragazzi in Verde. Squadra estremamente solida, che aveva i suoi punti di forza nel portiere veterano Patrick "Packie" Bonner, i difensori Stauton del Liverpool e O'Leary dell'Arsenal, Houghton e Ronnie Whelan del Liverpool a centrocampo e la coppia d'attacco formata dal rapace John Aldridge della Real Sociedad e dall'italo-irlandese Tony Cascarino dell'Aston Villa (centravanti di 190 cm dalle spiccate doti aeree). Aldrige era stato chiamato a sostituire Rush al Liverpool, quindi era passato alla Real Sociedad con ottimi risultati. Eccellente realizzatore, il suo record di 330 reti è ancora il sesto risultato di sempre nella storia del calcio inglese. Dopo essersi qualificata agli ottavi per sorteggio (dopo 3 pareggi), l'Irlanda passò dopo i calci di rigore contro la Romania. Famosissima in tutto il paese la frase pronunciata dal commentatore Hamilton prima del tiro decisivo di O'Leary: "una nazione intera trattiene il respiro". Dell'eliminaizone con l'Italia si è già detto. 

Il carattere fiero, onesto e cristallino degli irlandesi ha contagiato il più irlandese degli allenatori italiani, Giovanni Trapattoni, che ha vissuto qui una vera e propria epopea. Subentrato a Stauton nel 2008, Trapattoni giunse secondo nel girone di qualificazione per i mondiali del 2010 (che comprendeva anche l'Italia) con un ottimo ruolino di marcia. Era quella una nazionale che poteva contare sul velocissimo Duff ma sopratutto su Robbie Keane. Capitano dei Verdi dal 2006 al 2016, che detiene con la maglia Verde record di presenze e reti, ben 68. Nativo di Dublino, dopo una breve e sfortunata parentesi all'Inter  era tornato in Inghilterra dove si è affermato specie con la maglia del Tottenham, con la quale ha segnato 91 reti in premier league, prima di concludere la sua carriera con tre titoli in Major League Soccer. 

Il secondo posto nel girone dava diritto all'Irlanda di partecipare agli spareggi. Abbinata alla Francia, fu letteralmente defraudata nella partita di ritorno al Parco dei Principi in quanto la rete decisiva di Gallas fu propiziata da un doppio clamoroso fallo di Henry. La Federazione Irlandese chiese la ripetizione della partita, che fu respinta, negando quindi ai ragazzi in verde la possibilità di partecipare alla coppa del mondo. Da allora, come una sorta di maledizione che di tanto in tanto attanaglia l'isola (saranno i Boggart, folletti dispettosi che si contrappongono ai pacifici Leprecauni), i risultati internazionali sono mediocri. 

Ciò nonostante gli irlandesi non smettono mai di incitare i propri colori, di sventolare le loro bandiere e di vestirsi con la maglia della loro nazionale ogni giorno per strada, nei Pub ( in alcuni dei quali è l'unica maglia da calcio consentita), nei negozi di Grafton Street. Insieme a ciò la loro voglia di rialzarsi sempre, la loro allegria, la loro squisita ospitalità. 

Ripensandoci,  viene un po' di voglia di dire a Paul: "Hai ragione, forse nel 1990 l'Argentina voi l'avreste battuta. E allora "Éire a chur ar aghaidh", avanti Irlanda.