Autunno 1989. Avere tredici anni ed abitare in un paesino comasco di poco più di 5000 anime non pare molto emozionante. Niente iPAD, smartphone, TV on demand, Internet. Al massimo una partita con il mitico Olivetti Prodest PC1, con scheda grafica CGA a 4 colori. Inserivi il cd delle olimpiadi invernali e via, a battere un record. Se la censura genitoriale decidiva di esercitare il suo plenipotenziario e "staccare" la spina del suddetto computer, le opzioni si riducevano alquanto. Vedere un episodio del mitico "Holly e Benji", cercare 2-3 bambini per una partitella (tempo, luce e campo permettendo), leggere un qualche fumetto. 

Uno dei passatempi possibili era quello di intrufolarsi nello studio di mio padre e spulciare tra la libreria alla ricerca di qualche titolo curioso: lì, tra 200 numeri circa di "Segretissimo (chi non ricorda Sua Altezza Serenissima?)", McLuhan ed il suo villaggo globale (avevi previsto tutto, Marshall) e l'immancabile ciclo di Fondazione di Asimov, spunta ad un certo punto un volume dal titolo "Forza Azzurri", scritto da un certo Gianni Brera. Un libro di calcio. Incredibile. In vista dei prossimi mondiali '90, che si sarebbero l'esate successiva, avevo trovato pane per i miei denti.

Si trattava di resoconti, veri e propri articoli di giornale, scritti però in una maniera del tutto atipica, surreale, epica, tragicomica. Apro una pagina a caso: Italia-Messico 4-1, Mondiali '70. Gianni Brera esordisce con "Laudato sì o mi Signore per Frate Luigi Riva". O è pazzo, o è un genio, penso. Anche se capisco la metà di quello che c'è scritto vado avanti. Non riesco a smettere. Alcuni di quegli articoli li imparerò quasi a memoria. Altri, quelli di Italia '90, scritti due anni prima della sua scomparsa, mi riportano a figure mitologiche quali il "fatale magrone" (Caniggia) o "Turi" Schillaci (e non Totò), Stradivialli (cremonese, come il noto liutaio) e Babyface Serena.  

L'8 Settembre 1919 nasceva Gioann Brera fù Carlo, il più grande giornalista sportivo italiano di ogni tempo. Gianni Mura, sulla scorta del suo maestro, ha coniato un neologismo: dalla sua morte (19 Dicembre 1992) siamo i "Senza Brera".  

Perché Senza Brera non ci sarebbero stati i termini centrocampista, dribbling, goleador, goleare, tornante, libero, melina, pretattica, atipico. Gigi Riva non sarebbe rombo di tuono, Bagnoli non sarebbe Schopenauer, Maradona il Divino Scorfano, Briegel il Re Armadio e così via. 

Gianni Brera era sopratutto un punto di riferimento, un esempio da imitare, un inno allo studio, all'intelligenza, alla forma ed alla sostanza di un pezzo sportivo. E' attuale anche oggi. 

Diceva di Gianni Rivera: "Come sarebbe bello poterne far giocare dodici, certo, alcune cose lui le fa meglio di tutti, ma quanto costa -a volte - impiegarlo". Andatelo a chiedere a Maurizio Sarri in merito a Dybala o ad altri illustri membri della panchina della Juve oppure all'Inter di Recoba o al Cassano di alcune stagioni indietro. Inoltre penso che Brera considererebbe la Juventus una squadra "femmina", cioè che per vincere deve basarsi sul difensivismo (effettivamente  i recenti successi della Juve di Allegri hanno avuto come fulcro la formidabile BBC) mentre il Milan (almeno in passato con Sacchi ed Ancelotti) sarebbe considerato "maschio" per la spiccata attitudine offensiva ed allo spettacolo (bailar futbol, se llama) come anche il Real Madrid. 

Con la digitalizzazione forse sarebbe stato in difficoltà, ma non avrebbe mai rinunciato al suo pensiero e alla dimostrazione pratica (o euclidea, cioè di estrema precisione geometrica) delle sue teorie. Ma mai si sarebbe lasciato coinvolgere in battibecchi o alterchi televisivi, show-biz o facili pareri fumosi scritti di getto e condivisi online. Odiava la maleducazione, la volgarità ma sopratutto l'ignoranza.

Ecco, sarebbe stato questo: un antidoto. A quello che scriveva Umberto Eco, cioè che "internet ha dato voce agli imbecilli". Pensiero un po' estremo, che condivido solo in parte.
Resta un magnifico strumento alla portata di tutti, difficile da regolamentare. Comunque sarebbe stato l'altro piatto della bilancia, una contrapposizione dotta e pulita ad un mondo dove la cultura trova sempre meno spazio. 

Chissà cosa ne penserebbe oggi degli "italianuzzi", della diffusione sempre più ampia dei "mattocchi", chi sarebbe per lui il nuovo Domenghini (forse Chiesa?), se direbbe di qualche giocatore azzurro che "inciampa nelle primule (come Rivera al Prater di Vienna), se considerasse Icardi alla stregua di Conileone (mezzo coniglio e mezzo leone, come Altafini).
Cosa direbbe del "suo" Genoa, della Champions League, dei diritti TV, della Pay-TV.  Che bello sarebbe stato vederlo saltare di gioia alla vittoria degli Azzurri ai mondiali del 2006 ("Io triumphe, avventurata Italia!! Dopo la vittoria del 1982). O se avesse promesso di partecipare all'ennesima processione dei "flagellanti" in caso di vittoria sulla Germania in semifinale e - dopo i goal di Grosso e Del Piero avesse scritto di nuovo "hacen leche tambien las galinas - fanno il latte anche le galline, per definire un evento impossibile/incredibile). Chissà se gradirebbe neologismi quali Rubentus, Prescrittese, Cartonati che vanno tanto di moda.

San Gioann fà minga ingann. San Giovanni non vuole inganni, usava dire. Uno ce l'ha fatto. Se ne è andato troppo presto. E come scrive il suo (grande) degnissimo erede Mura, ci ha lasciati orfani, SenzaBrera appunto. 

Il modo migliore per ricordarlo è - per quelli che al contrario mio fanno veramente questo mestiere - scrivere quanto meno da SenzaBrera. 

Scrivere da Brera non è possibile. Si rischia di fare la fine di Imerio Massignan, storico ciclista seguito dal Gioann durante il Giro d'Italia, che durante una crisi dovuta alla fatica "ha dato l'animaccia sua per fare bella figura, pedalava coi gomiti". E chi ci prova, spera di ottenere ovunque lui sia, il suo perdono, come Albertosi - portiere della storica partita Italia-Germania 4-3 : "Albertosi va perdonato, come la Maddalena, perchè molto ha parato". 

Lo immaginò lassù, circondato dagli immancabili personaggi che così ben descriveva, a dirigere di nuovo l'ennesivo "Club del Giovedì". Forse ci sarà Herrera che critica Mourinho, Rocco che non capisce cosa succede al Milan.
Per lui il cielo sarà sempre Azzurro, ora, come la maglia della "sua" Nazionale.