La notizia era nell’aria da giorni, eppure a molti apparve incredibile finchè non fu l’ufficialità, a metà giugno, a sancire l’ennesimo colpo assestato alla sfera di quei sentimenti che non trovano più diritto di cittadinanza in un calcio sempre più business e sempre meno sport.

Nei giorni in cui si consumavano i dolorosi addii di Totti e De Rossi dal loro universo romanista, un’altra storia rompeva il cordone ombelicale di un’appartenenza identitaria che ora assume i contorni di mera finzione teatrale: Maurizio Sarri diventava il nuovo responsabile tecnico della Juventus.

Caro mister, Napoli si era innamorata di lei perché appariva come l’anti-potere per eccellenza, il figlio dell’operaio di Bagnoli che aveva scalato con sudore le posizioni nelle gerarchie del pallone grazie al lavoro e al sacrificio, colui che aveva provato la rivoluzione, l’attacco al potere e la conquista del palazzo, non riuscendo nell’impresa solo perché quello stesso palazzo aveva messo in campo le sue regole, il figlio di Napoli che guasconamente aveva mostrato dal pullman il dito medio a quei tifosi che vomitavano insulti sulla sua città, dichiarando poi in televisione: “se uno grida napoletani come se fosse un’offesa io sarei anche capace di scendere dal pullman”.

Quelle sue parole, che provocavano l’ipocrita indignazione della conduttrice della Domenica sportiva, inorgoglivano, invece, i cuori della sua gente che raramente si era sentita così tanto rappresentata.

Tutto ciò, prima ancora della magia che ha contraddistinto una delle squadre di calcio più belle che io abbia visto nella mia vita, le aveva fatto meritare l’amore, la stima e la considerazione più alta di un’intera tifoseria.

Poi in quel palazzo lei ha scelto di entrarci, diventando il condottiero della rivale sportivamente da lei stesso detestata e vituperata negli anni di militanza partenopea.

Lei, che è nato a Napoli, conoscerà certamente la storia di Masaniello. Era un pescivendolo di piazza Mercato che, nel luglio del 1647, di fronte all’ennesima e insopportabile gabella imposta dal governo vicereale spagnolo, scatenò con successo la rivolta cittadina. Gli spagnoli furono costretti ad accettare le rivendicazioni popolari e compresero che, per liberarsi di quell’ingombrante capopopolo, occorreva agire con astuzia. Lo accolsero nel palazzo e lo fecero assurgere agli onori di corte. In sostanza lo fecero diventare uno di loro ma poi, con una strategia mirata, lo accusarono pubblicamente di pazzia. Masaniello fu così giustiziato, per volere del vicerè spagnolo, nell’indifferenza popolare di chi prima lo aveva amato e osannato ma poi era rimasto deluso dalla sua nuova vicinanza al potere.

Le dice nulla questa storia?

Quanta delusione e quanta amarezza accompagna i tifosi del Napoli nel vederla rappresentare i colori bianconeri e quanto apparirà stonato vederla al San Paolo seduto su quella panchina a mordere il filtro della sua sigaretta, perché se da un lato la chiamata della Juventus rappresenta sicuramente un riconoscimento alla sua carriera dall’altro costituisce un doloroso tradimento, innanzitutto di se stesso.

Una volta le ho sentito dire: “quando un giorno avrò finito la mia carriera e mi chiederanno chi hai allenato io risponderò: ho allenato il Napoli” e mi sembrava che vero orgoglio di appartenenza informasse quelle sue parole. Ora è ancora convinto che risponderebbe allo stesso modo?

Oltretutto lei è proprio convinto che questa sia la scelta professionalmente più giusta? Ha considerato che la Juventus viene da 8 scudetti di fila, più qualche Coppa Italia e Supercoppa spicciola (tanto per gradire)? Per fare meglio a lei toccherà solo vincere la Champions, perché se si limiterà a vincere il nono scudetto avrà vinto solo un altro scudetto, uno dei tanti. Ma ha pensato, per un momento, se poco poco dovesse fallire la vittoria del prossimo campionato? Allora sì che, nonostante la recente vittoria in Europa League, l’etichetta di perdente di successo non gliela toglierebbe più nessuno e lei si ritroverebbe scaricato dal potere e abbandonato dalla gente delusa che l’aveva amata, proprio come accadde a Masaniello.

E ancora, le hanno fatto sapere, prima che prendesse la sua decisione, che da quelle parti non è che vedano tanto di buon occhio il suo arrivo, che molti tifosi della Juventus dichiarano di non volere sulla loro panchina un personaggio così rozzo, un napoletano, uno che si dichiara tifoso del Napoli, che dovrà per prima cosa chiedere scusa del gesto dell’anno scorso ecc. ecc….
Farà o ha già fatto anche questo, mister, oltre che mettersi in giacca e cravatta? E quando ascolterà levarsi dagli spalti i cori dei suoi nuovi tifosi, che invocheranno il Vesuvio affinchè possa risvegliarsi dal suo torpore e seppellire tutta Napoli, cosa sentirà nel suo cuore l’animoso Che Guevara scimmiottato fino a ieri?

Aveva proprio ragione Antonello Venditti quando cantava: “compagno di scuola, compagno per niente, ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?”. Così come aveva ragione Edoardo Bennato quando cantava: “ma che rivoluzione! La vostra aspirazione è diventare né più né meno come quelle persone serie, persone rispettate…”. Voleva affermare che nell’animus del rivoluzionario, che lotta contro la classe dominante, sotto sotto risiede la frustrata aspirazione a trovare uno sbocco privato e personale che lo conduca proprio nei ranghi di quella realtà.

All’epilogo di questa storia, però, è giusto chiudere questo pensiero con un ringraziamento.

Grazie, mister, perché con questa decisione, che proprio non riusciamo a condividere, lei ci ha liberati, in un sol colpo, da tutte le nostre nostalgie, dai nostri rammarichi, dalle nostre appassionate rievocazioni e ci ha aperto gli occhi alla realtà: lei è stato solo uno dei tanti che sono passati dalle nostre parti.


PECCATO!