Così cantava Luciano Ligabue per narrare l’esistenza di quella moltitudine di uomini che non sono sotto i riflettori, che svolgono il proprio lavoro nelle retrovie, antieroi che non raggiungeranno la celebrità più acclarata ma che, con il loro oscuro impegno, fatto di sudore e forza di volontà, permetteranno ad altri di assurgere agli onori della gloria.

Una metafora incisiva presa in prestito dal mondo del calcio e che quel mondo rappresenta in maniera significativa. Perché se è vero che questo sport è molto cambiato negli anni e che anche i gregari oggi recitano un ruolo di maggiore visibilità, è altrettanto vero che il tempo fatalmente sfumerà le luci sulle imprese di questi lodevoli portatori d’acqua.

Se pensiamo al passato ci ricordiamo di Rivera e meno di Lodetti, di Mazzola e meno di Bertini, di Riva e meno di Greatti, di Bettega e meno di Furino, di Altafini e meno di Montefusco.

Sara così anche per quelli di oggi, la storia non si ricorderà di loro o lo farà in modo sussidiario.

Dalla legge Bosman ad oggi il mondo del calcio è stato ribaltato. I calciatori sono tutti rappresentati da procuratori che curano i loro interessi, a dirla tutta curano soprattutto i propri visto che ad ogni trasferimento ad essi vengono riconosciute laute provvigioni. I contratti firmati sono sempre meno vincolanti, basta una stagione ad alto livello affinchè gli stessi vengano immediatamente messi in discussione con l’ormai rituale richiesta di adeguamento e la società si trovi nella condizione di sottostare a una sorta di ricatto, perché se non soddisfa le aspirazioni del proprio giocatore questi minaccia di andare a scadenza e di liberarsi a parametro zero (ovviamente il contratto ha piena efficacia, invece, se il calciatore in questione cala sensibilmente il proprio rendimento e non risulta appetito da altri club).

Questa situazione ha ammainato quelle che un tempo venivano definite bandiere e creato disaffezione nella platea dei tifosi. Una volta i calciatori erano visti in una dimensione quasi eroica, beniamini indiscussi del sentimento popolare, oggi non è più così e siamo ormai abituati ad assistere a trasferimenti che in passato non sarebbero stati concepibili. Nell’estate del 1976 fece scalpore il passaggio di Ciccio Cordova dalla Roma alla Lazio, oggi ci apparirebbe normale nel nome del professionismo.

Uomini rimasti in una condizione adolescenziale di capricciosi e viziati! Così ci appaiono spesso i nostri eroi del pallone. Eppure a volte ci sono delle storie che ribaltano questo punto di vista generalizzato.

Potrebbe essere, non ce l’auguriamo, il caso di Faouzi Goulham, terzino sinistro del meraviglioso Napoli di Maurizio Sarri, già destinato, come dicevo, ad essere collocato storicamente nel novero dei comprimari.

Fra 30 anni di quel Napoli verrà ricordato Higuain che, con le sue 36 reti nell’anno 2015-2016, ha battuto il precedente record di gol in un solo campionato di Nordhal che resisteva da 65 anni, verrà ricordato Mertens che si avvia a superare prima Maradona e poi Hamsik nella storia dei marcatori azzurri di tutti i tempi, di Faouzi le rimembranze saranno già più sbiadite proprio per quell’appartenenza a un ruolo non da protagonista principale di cui si parlava nella premessa.

Eppure Goulham macinava chilometri sulla fascia sinistra, assicurando continui rifornimenti agli attaccanti. Il difensore algerino fu acquistato dal Napoli durante il mercato invernale del 2014 per 5,5 milioni ma il grande rendimento degli anni seguenti lo portò presto all’attenzione dei grandi club europei. Nell’estate del 2017 cominciano a piovere offerte allettanti alla dirigenza azzurra che però tiene duro, perché De Laurentis forse è un presidente che fa attenzione alle spese folli ma ha sempre cercato di trattenere i campioni presenti in rosa.
Anche il campionato 2017-2018 inizia alla grande per Faouzi, subito in rete alla 1^ giornata a Verona, ma il destino interrompe la sua cavalcata la notte dell’incontro decisivo di Champions League con il Manchester City, durante il quale riporta la rottura del legamento crociato del ginocchio destro. Goulham non si arrende, suda e lavora per tornare presto in campo, ma a febbraio del 2018, in allenamento, riporta la frattura della rotula dello stesso ginocchio operato. Tornerà in campo contro il Frosinone circa 400 giorni dopo quella maledetta notte.

Per il momento non è ancora, però, una storia a lieto fine perché Faouzi, dal suo rientro, non è più il giocatore che conoscevamo. Anche l’inizio di questo campionato ce ne mostra una sbiadita copia, nonostante la rinuncia a partecipare alla Coppa d’Africa (poi vinta dalla sua Algeria) per poter effettuare al meglio la preparazione estiva con il Napoli.

E allora tornano alla mente le storie di Giovanni Vavassori, Francesco Rocca, storie di uomini che videro la loro carriera compromessa da gravi infortuni, campioni che tornarono in campo ma che non furono più capaci di confermare il valore che avevano mostrato prima degli infortuni nei quali erano incorsi.

Tornano alla mente quelle storie e incrociamo le dita affinché Goulam possa riprendere la sua cavalcata, quel lavoro oscuro ma preziosissimo che forse non sarà proprio al centro delle luci della ribalta, ma che, proprio come cantava Ligabue, potrà portare un giorno anche a vincere il Mondiale.

In bocca al lupo Faouzi, il tuo Mondiale ti aspetta.