Il derby di Milano si è concluso con la netta vittoria dell’Inter ai danni di un Milan incapace di rispondere ai colpi inferti dall’undici guidato da Antonio Conte. Nei 90 minuti le occasioni della squadra di Giampaolo si contano sulle dita di una mano: un colpo di testa alto di Piatek e un contropiede fallito da Suso le uniche note di merito di un Milan confuso e impaurito.

Uno spettacolo imponente si è visto sugli spalti prima dell’inizio della gara, grazie alla maestosa coreografia proposta del popolo rossonero, distribuita sui tre anelli della curva sud.
Il protagonista è il patrono di Milano, Sant’Ambrogio
, che, in abiti vescovili, imbraccia il pastorale, il bastone episcopale delle cerimonie solenni, e con il piede sinistro è intento a schiacciare il biscione nerazzurro, sofferente e agonizzante. Il santo è fra due colonne romane e ai lati due papiri recitano “La leggenda narra una storia di fantasia ed immaginazione, ma la realtà insegna che anche il patrono è caduto in tentazione”. Ai piedi delle colonne un’altra scritta “Al diavolo la fede”. Tutto intorno, una marea di volantini rossi e neri a completare quest’opera di arte moderna.

Ma cosa c’è dietro a questa fantastica rappresentazione del più famoso vescovo di Milano? Di quale leggenda si parla? Il patrono è davvero caduto in tentazione? Per chiarire questi punti e rispondere a questi quesiti, è necessario fare un grande passo indietro nella storia.

Aurelio Ambrogio, in latino Aurelius Ambrosius, nasce a Treviri, in Germania, intorno al 339-340 dopo Cristo da una famiglia facoltosa: il padre è infatti prefetto del pretorio delle Gallie. La vita del santo è costellata di leggende sin dalla tenera età: ancora in fasce, è raggiunto nella culla da uno sciame di api che entrano ed escono dalla bocca del neonato senza riportare alcuna conseguenza alla sua salute. Secondo il padre, è la prova che qualcosa di grande attende il figlio. Nonostante gli studi improntati sul diritto e sulla retorica, trasferitosi in Italia, all’età di 34 anni, Ambrogio è nominato vescovo di Milano quasi per caso, non avendo mai affrontato studi di teologia, né tantomeno ricevuto il battesimo. Spinto, quasi obbligato, dal popolo, Ambrogio accetta la carica, che rivestirà egregiamente fino alla data della sua morte, avvenuta il 4 aprile 397, a Milano.

La leggenda a cui si rifanno i tifosi rossoneri è quella che vede il santo protettore contrapporsi in uno scontro fisico con il diavolo che prova a indurlo in tentazione. Sant’Ambrogio reagisce scalciando il demonio, il quale conficca le sue corna in una colonna romana, simile a quelle presenti nella coreografia di ieri. La creatura demoniaca cerca in tutti i modi di liberarsi, rimanendo incastrato per oltre un giorno nella struttura marmorea. Tale colonna, che da allora è stata ribattezzata ‘colonna del diavolo’, è ancora presente nella piazza davanti alla basilica dedicata al santo patrono: su di essa, sono visibili due fori, quelli lasciati dal diavolo dopo la colluttazione. Attraverso uno di questi fori, il diavolo fugge e ritorna negli inferi: secondo la tradizione popolare, accostandosi a questi due buchi è possibile percepire l’odore di zolfo, caratteristico dell’inferno, e i lamenti delle anime dannate.

La curva rossonera ha voluto rivisitare questo mito.
Lo sguardo rabbioso, il bastone infilzato nella testa del serpente e il braccio sinistro pronto a sferrare il colpo di grazia sull’animale morente ci mostrano l’esito ribaltato dello scontro fra il diavolo e il patrono di Milano. Al diavolo la fede, grida il popolo rossonero. Il diavolo ha vinto. Il diavolo ha battuto il santo, che è passato dalla parte del male, e gli ha affidato il compito di uccidere il biscione, il simbolo della squadra nerazzurra.

Alla fine, in campo, la partita non è andata nel verso giusto. Il Milan esce dalla sfida con le ossa rotte e con i soliti dubbi che hanno annientato le poche certezze. Nonostante ciò, non si può restare indifferenti di fronte allo spettacolo precedente alla disfatta.
Non può passare inosservata una coreografia che è destinata ad entrare negli annali come una fra le più affascinanti, sontuose e fantasiose. Onore alla curva, onore al popolo rossonero.