Mercoledì si è concluso il girone di andata del campionato di Serie A 2021-2022. La classifica ha incoronato l’Inter campionato d’inverno, seguita meritatamente da Milan, Napoli e Atalanta.
Tralasciando l’ordine, appare evidente, non solo dai punti guadagnati sul campo, come le prime quattro meritino attualmente i posti che a fine anno varranno la qualificazione alla prossima edizione della Champions League. Il Milan, ancora acciaccato e profondamente segnato dalle assenze di importanti titolari, ha chiuso il proprio 2021 con una vittoria sul campo dell’Empoli di mister Andreazzoli. I rossoneri si sono imposti sulla compagine toscana con un sonoro 2-4, grazie alla doppietta di Kessie, il primo gol in rossonero di Florenzi e il discusso gol di Theo Hernandez. Nonostante il largo risultato, la squadra di Pioli è apparsa ancora stanca e macchinosa: le assenze di giocatori veloci e abili nel dribbling come Rebic e Leao gravano pesantemente sul gioco di Pioli, che ha costruito la propria squadra basandosi giustappunto su una trama veloce, caratterizzata da ripartenze devastanti, rapidi cambi di gioco e una trequarti che non concede punti fissi agli avversari. Al netto dei punti, attraverso un banale e semplice calcolo, il Milan, mantenendo lo stesso ritmo del girone di andata, potrebbe potenzialmente chiudere il proprio campionato a quota 84 punti, cinque punti in più rispetto al campionato precedente. I più attenti di voi, però, mi faranno notare come il Milan abbia un punto (e una posizione) in meno rispetto al campionato precedente, ma questo non mi sembra un buon motivo per disperarsi.

Per il sottoscritto, e sono sicuro anche per la maggior parte di voi, questa squadra punta a raggiungere in tranquillità uno dei primi quattro posti: il sogno scudetto non è ancora alla portata e, per adesso, è giusto che rimanga soltanto questo, un semplice sogno. Trovo che non sia un caso che il Milan abbia perso punti importanti in prossimità delle pesanti partite di Champions League: dando una rapida occhiata al calendario, infatti, tralasciando il pareggio con l’Inter, il Milan ha perso malamente contro Fiorentina e Sassuolo e rallentato contro l’Udinese, tre partite che venivano prima o dopo un incontro europeo. Questa squadra, composta per la maggior parte da ragazzi ancora giovanissimi, molti dei quali alla prima esperienza europea, hanno fatto fatica a gestire le forze sia fisiche che mentali necessarie per competere ad alti livelli in due diverse competizioni. Questo non va visto come un demerito o tantomeno un errore: tutto ciò fa parte del processo di crescita che il Milan sta affrontando negli ultimi anni dopo l’insediamento del fondo Elliott. Un processo di crescita necessario per tutti, calciatori e dirigenti inclusi.

I tanti infortuni di questa e la passata stagione sono un altro esempio di questo cambiamento. Moltissimi giocatori hanno visto nel giro di due anni aumentare esponenzialmente il proprio carico di lavoro: prima la pandemia e poi le competizioni europee hanno ridotto al minimo i momenti di riposo e incrementato il numero di allenamenti e partite. I muscoli dei giocatori abituati a giocare una sola partita alla settimana ne hanno risentito: dalle 40 partite stagionali si è passati a un calendario che prevede dalle 50 alle 60 partite stagionali, includendo fra queste anche le varie amichevoli e competizioni internazionali con le rispettive nazionali.

È innegabile poi la crescita della rosa in termini di nomi, qualità, varietà ed esperienza. Maldini e Massara stanno pian piano coprendo tutti quei buchi creati negli anni precedenti da dirigenti non all’altezza del ruolo. Ricordo bene le lamentele dello scorso anno relative ai pochi cambi a disposizione di mister Pioli e la mancanza di giocatori di esperienza all’interno di un gruppo ritenuto troppo giovane per poter ambire alle alte posizioni in classifica. Nel giro di un anno appare evidente come questi problemi siano stati attenuati grazie all’arrivo in squadra di giocatori esperti come Giroud e Florenzi, il cui contributo è importante in campo, ma soprattutto nello spogliatoio; la conferma di Tonali, Diaz e Tomori, il ritorno di Bakayoko, l’arrivo di Maignan, Junior Messias e Ballo Tourè hanno rimpolpato e alzato il livello della squadra, garantendo continuità e sicurezza al progetto e fornendo nuove alternative all’allenatore.

Rifacendomi al titolo dell’articolo, mi va bene che il Milan non sia ancora pronto per lo scudetto. Non potrò certo essere disperato se a fine stagione i rossoneri si confermassero al secondo posto in classifica con un bottino di circa ottanta punti. Questo significherebbe, dando per assodato lo scudetto nuovamente cucito sulla maglia dei cugini, lasciarsi alle spalle squadre ritenute più forti e più pronte come Atalanta, Napoli e Juventus. Tutto ciò fa parte del processo di crescita a cui hanno assistito gli stessi cugini nerazzurri: non dimenticate che solo tre anni fa l’Inter tornava in Champions League guadagnandosi il quarto posto all’ultima giornata di campionato, mentre due anni fa concludeva il campionato in seconda posizione a un punto dalla Juventus, prima di trionfare meritatamente lo scorso anno.

Converrebbe anche a noi tifosi rossoneri non dimenticare gli anni difficili dello scorso decennio, quando tristemente e a fatica cercavamo di guadagnarci almeno un posto in Europa League. Riscoprire la propria forza, mettersi nuovamente in gioco contro le cosiddette sorelle d’Italia, e batterle praticamente tutte negli scontri diretti, è stato il primo passo.
Il ritorno in Champions League, la scoperta dell’adrenalina di confrontarsi con le grandi d’Europa, è stato il secondo passo. Il terzo passo, quello che prevede il ritorno in cima, è il prossimo.
Rubando uno slogan molto in voga nella città di Philadelphia, “Trust the process”, fidatevi del processo, e ricordate: non esiste crescita ed evoluzione senza un minimo di sofferenza.