E' inutile negarlo: Beppe Marotta, è senza ombra di dubbio uno dei migliori dirigenti dell'attuale panorama calcistico mondiale e, da tifoso rossonero, non posso nascondere di aver provato un pizzico di sana invidia al momento del suo approdo all'Inter. Calcolatore, ottimo amministratore, lungimirante nelle strategie, in definitiva una garanzia a livello societario, artefice della resurrezione juventina post calciopoli.

Una delle sue caratteristiche più peculiari è la gestione del tempo, la disponibilità ad aspettare frangenti più propizi per raggiungere un determinato obiettivo, qualora, nell'immediato, la possibilità di concretizzare l'affondo decisivo fosse negata oppure non fruibile a condizioni convenienti. Gli antichi Romani gli avrebbero sicuramente attribuito l'appellativo di "Cunctator", vale a dire di "Temporeggiatore", così come fecero per Quinto Fabio Massimo, il dittatore e cinque volte console della Repubblica a cui fu originariamente affidato il gravoso compito di respingere la celebre invasione di Annibale nel corso della seconda guerra punica e che, come strategia militare, cercò di attuare proprio la tattica dell'attesa: non affrontare direttamente il nemico, né accettare di dare battaglia alle condizioni altrui, ma aspettare circostanze più favorevoli.

Effettuando un'opportuna contestualizzazione dall'ambito storico, tale sembrerebbe essere lo stile di Marotta: un esempio molto recente, per lo meno un tentativo di operare attuando la strategia dell'attesa, è quello rappresentato dalla trattativa appena conclusa per il trasferimento di Lukaku dal Manchester United all'Inter. Il "Temporeggiatore" ha dilatato enormemente i tempi di mercato della società nerazzurra, esasperando letteralmente l'allenatore Conte, il cui parco attaccanti è stato praticamente vuoto per la quasi totalità della preparazione estiva. L'obiettivo era quello di concludere l'affare con lo United alle proprie condizioni, cercando di abbassare il più possibile l'esosa pretesa di circa 83 milioni degli inglesi, irremovibili sin dal principio, non essendo nella condizione di dover vendere giocoforza. Probabilmente l'operazione, da questo punto di vista, non si è rivelata un vero e proprio successo, dato che, complice l'azione di disturbo della Juventus, la cifra che in definitiva l'Inter dovrà corrispondere allo United, tra parte fissa, bonus e percentuale sulla rivendita, sarà con ogni probabilità molto prossima alla richiesta iniziale. Qualcuno potrebbe domandarsi se, col senno di poi, non sarebbe stato più conveniente evitare di costringersi ad attendere così tanto, a fronte dell'esborso di una cifra quasi sovrapponibile con la richiesta del Manchester e se il tempo investito nello stallo non avrebbe potuto essere impiegato meglio per intavolare e concludere operazioni altrettanto importanti.

L'irremovibilità di Marotta, ha poi determinato la presa di posizione definitiva di Edin Dzeko: il bosniaco, designato ad essere il secondo acquisto più importante nella lista redatta da Antonio Conte, probabilmente spazientito dal tira e molla infinito tra Inter e Roma, ha optato per il rinnovo con la società capitolina. Sicuramente si potrebbe discutere sulla legittimità della posizione di "Temporeggiatore" di Marotta in questo caso, essendo Edin una punta over trenta, che sarebbe entrata in scadenza l'anno prossimo e per la quale la Roma non si sarebbe schiodata dalla cifra di 20 milioni o poco meno. Tuttavia, un piccolo sacrificio per accontentare in toto Conte, probabilmente il vero colpo di mercato di quest'anno dell'Inter, si sarebbe potuto effettuare.

Infine il caso Icardi. La sensazione, sia dall'esterno, sia limitatamente all'ambito degli addetti ai lavori, è che la società Inter, e quindi Marotta su tutti, si siano lasciati sfuggire la situazione di mano. Le precoci dichiarazioni di estromissione dal progetto, le delicate affermazioni a mezzo stampa a volte inopportune o troppo frequenti da parte di tutti gli interessati (Wanda Nara, Icardi e la società stessa), gli incalzanti quesiti sull'evoluzione della questione troppo spesso lasciati solo ed esclusivamente alla retorica di uno Spalletti sicuramente molto nervoso, consapevole dell'imminente avvicendamento con Antonio Conte, tanti fattori che hanno in modo ineluttabile contribuito a determinare una stasi del mercato attaccanti, un imbarazzante caso interno senza precedenti e, soprattutto, una sensibile ed imperdonabile svalutazione del cartellino di Icardi.

E' facile supporre che lo stesso Marotta si sia con ogni probabilità pentito della gestione di molti aspetti della vicenda, osservando con senso critico il proprio operato e quello della società da alcuni mesi a questa parte: lo stallo generato dalle difficoltà riscontrate per arrivare a Lukaku per quasi tutta la durata del calciomercato, il contemporaneo braccio di ferro con la Roma per Edin Dzeko, e lo spazientimento crescente di Conte, potrebbero averlo addirittura indotto a rimpiangere l'Icardi giocatore, nonostante la bocciatura del tecnico pugliese fosse arrivata anche in termini di funzionalità allo stile di gioco.  E' possibile che l'interrogativo sulla possibilità di poter contare ancora su Icardi se le cose fossero state gestite diversamente, abbia più volte imperversato nella mente del "Temporeggiatore", e che ad un certo punto, l'irreversibilità degli eventi delineata dalle ferme ed irremovibili prese di posizioni nei confronti di Icardi, l'abbia condotto ad autolegittimare la propria condizione di manifesta opposizione, conducendolo inesorabilmente a ritenere quello stesso Icardi, per cui già nel trascorso dirigenziale alla Juventus aveva espresso esplicito interesse, una risorsa cui è conveniente rinunciare.

Proprio come disse la volpe nella celebre favola di Esopo, ripresa in latino da Fedro, al cospetto di un gustoso ma inarrivabile grappolo d'uva: "Nondum matura est; nolo acerbam sumere".  Da cui la traduzione: "Non è ancora matura; non voglio coglierla acerba".