"Attenzione, rallentare! In questo paese i bambini giocano ancora per strada"

Così recita un cartello all'ingresso del centro abitato, in alcuni comuni in cui si è deciso di intraprendere una vera e propria campagna per difendere il diritto al gioco libero, in strada, proprio come si era soliti giocare una volta.

Se si esclude l'ultimissima generazione, infatti, per intenderci quella dei nati a ridosso degli anni duemila e tecnicamente nota come "Generazione Z", si può tranquillamente affermare che il gioco in strada abbia sempre costituito il divertimento principale, tanto per i bambini quanto per la maggior parte degli adolescenti. Ed è quasi superfluo sottolineare come il calcio rappresentasse il passatempo per eccellenza tra quelli che, attualmente, sono nostalgicamente noti come "giochi all'aria aperta", autentici momenti di aggregazione e sano divertimento tramite i quali generazioni di bambini si sono dilettate, dando libero sfogo a fantasia e creatività, fornendo ognuna un contributo non irrilevante alla categoria in termini di arricchimento e miglioramento. 

E così l'ingegno rivestiva un ruolo fondamentale per individuare l'ipotetico campo da calcio, stabilire quella strana convenzione per la quale il lampione sarebbe stato uno dei due montanti della porta, mentre, con buona pace del pignolo di turno, che per indole non si sarebbe accontentato di una tale semplificazione, la grossa pietra reperibile immediatamente al di là del ciglio della piccola strada di paese sarebbe stata l'altro estremo dell'immaginaria porta da calcio. Per la traversa... beh questo spesso dipendeva dal portiere: si poteva tranquillamente assumere che la delimitazione fosse qualcosa in più dell'altezza raggiunta, distendendo la mano verso il cielo, da chi si immolava ad essere il primo tra i pali. Sicuramente c'era una buona dose di approssimazione in questa fase di preparazione, ma in fin dei conti questi erano particolari insignificanti: quel contava era cominciare a prendere a calci il pallone il prima possibile. Spesso succedeva che qualcuno calciasse con troppa veemenza e senza apparente cognizione di dove fosse la porta, anche se era chiaro che la palla dovesse essere calciata tra il lampione e la pietra: il risultato poteva essere un vetro rotto, o il pallone bucato dalle spine nel roseto limitrofo, sicuramente il rimprovero di avere i piedi a banana era un'ineluttabile sentenza. Alla fine, dopo un paio d'ore abbondanti di gioco, magari con le mamme sedute sulla panchina del parco giochi ad aggiornarsi sul gossip fresco di giornata e a ricordare ai propri figli grondanti di sudore, con un benevolo rimprovero, di "Non sudare perché sennò ti ammali", la contesa calcistica terminava e ci si dirigeva verso casa con un chiodo fisso, quello del piatto di pasta al pomodoro, quei "maccheroni" con cui in senso lato si identifica la categoria e che poi, a seconda della regione, assumono una particolarizzaazione differente. Letteralmente, prima si veniva su a "Calcio e Maccheroni".

Oggi tutto appare stravolto, il lato più subdolo della tecnologia sembra aver preso il sopravvento sui nostri ragazzi, che non sanno più condividere il divertimento né tanto meno sperimentarlo, ad eccezione di quello, solo apparente, che sa produrre una simulazione virtuale sullo schermo di un pc o alla play station. L'unica aggregazione possibile all'aperto, sembrerebbe essere quella dello schieramento in linea sulla panchina della piazza, tutti intenti a fissare, senza possibilità alcuna di interruzione, il display dello smartphone, l'amuleto depositario di tutte le verità. E così non capita di accorgerti che quella ragazza ti sta guardando, forse anche lanciando degli sguardi per richiamare la tua attenzione, e si finisce col perdere una reale occasione. Un adolescente della generazione precedente, avrebbe magari cercato di attirare l'attenzione di quella stessa spasimante ponendosi in evidenza in una partita di calcetto, esaltando le  proprie qualità rispetto ai compagni di squadra.

Ben venga, allora, l'iniziativa di tutti quei comuni alle cui soglie è precisato che il gioco all'aperto è tutelato: aiutare le nuove generazioni a riscoprire il valore del vero divertimento, di passatempi salutari in cui la condivisione e la pluralità sono le parole chiave, è ora più che mai una necessità cui non è possibile sottrarsi.
E per quanto mi riguarda, il prossimo regalo che farò al mio nipotino di quattro anni, sarà, senza ombra di dubbio, un pallone da calcio.