Gli anni trascorrono, ma la Juventus è sempre lì davanti. I numeri sono eloquenti, l'ottavo scudetto consecutivo è stato appena archiviato, ma la Vecchia Signora, nonostante le dirette concorrenti si siano notevolmente rinforzate, è, fino a prova contraria, ancora la squadra da battere. Una Regina che pare non ne voglia sapere di essere deposta dal trono, una squadra che ha saputo per l'ennesima volta cominciare con il piede giusto il campionato: 0-1 a Parma alla prima giornata, non una prova eccellente, ma un'indiscussa manifestazione di forza, concretezza e cinismo.

Tra tifosi è molto facile trascorrere le serate al bar a rimbeccarsi: il Milan può vantare il luccichio delle sette Champions League ad impreziosire la propria prestigiosa bacheca, l'Inter è riuscita ad assestare il magistrale colpo del Triplete nel 2010, la Juve ha vinto ufficialmente 35 scudetti (per il plauso del pubblico juventino, ci avvaliamo di una licenza poetica per sottolineare che questo numero potrebbe anche essere uguale a 37). Solitamente, tra tifosi rossoneri ci si fregia dell'indiscussa supremazia europea in rapporto al numero esiguo di affermazioni sul tetto d'Europa che possono vantare singolarmente Juventus e Inter, tuttavia, una verità va enfatizzata: mi sorprendo spesso, e forse molti altri come il sottoscritto senza ammetterlo esplicitamente, a provare un pizzico di sana invidia per quella, apparentemente senza fine, serie di successi in campionato che nel giro di un lustro potrebbe portare la Juve a cucirsi sul petto addirittura la quarta stella. Mi sarebbe piaciuto vedere il Milan, soprattutto nelle sue epoche d'oro, primeggiare con più frequenza in Serie A.

Alla Juventus vanno riconosciuti molti meriti, in particolar modo nell'era della ricostruzione post calciopoli. Così come non è possibile trasformare i metalli in oro, altrettanto utopistico è tentare di fornire una formula matematica per il successo: eppure, il processo di riqualificazione e riassestamento è risultato così celere ed efficace in casa bianconera, da far sorgere la lecita domanda su quale sia stata la ricetta vincente. Quale pietra filosofale per raggiungere l'alchimia perfetta e creare un sistema così efficiente? Se da un lato non è possibile quantificare la questione esibendo un'equazione, dall'altro, dei concetti chiave possono essere individuati. Si potrebbe raggruppare la sostanza della questione in tre parole: ordine, semplicità e costanza.

La Juve si è trovata nella condizione di dover necessariamente risorgere dalle proprie ceneri dopo la condanna al Purgatorio della Serie B, nel 2006/2007. Il primo monito, una volta riconquistata la massima serie e dopo un frangente di iniziale confusione caratterizzato da piazzamenti deludenti, è stato quello di mettere ordine, innanzitutto dal punto di vista societario. Con l'avvento di Marotta nel giugno 2010, vengono poste solide basi per un futuro roseo dopo transizioni incerte: pianificazione, oculatezza sul mercato, la scelta di Antonio Conte nella stagione immediatamente successiva come mister per il rilancio, sono le principali linee guida di una ricostruzione ordinata che vede i suoi albori proprio in corrispondenza dell'inizio dell'era Marotta, fase sugellata dall'ulteriore ingresso in società di Fabio Paratici..

A quel punto, il leitmotiv è divenuto quello della semplicità. Dopo la conquista del primo scudetto, il duo Marotta/Paratici, sotto la supervisione di Agnelli, si è mosso in funzione di un'unica consapevolezza: l'inconfutabile verità che la prospettiva di una riconferma vincente non fosse necessariamente figlia di uno stravolgimento continuo, ma legata, invece, ad un progressivo e graduale perfezionamento che mirasse a rendere più competitiva la rosa.
Sessione dopo sessione, la Juve riesce così nell'intento di cambiare lentamente ma sapientemente forma, viene plasmata sulla base delle opportunità di mercato e del fiuto degli affari. I calciatori si avvicendano senza mai dare luogo, nella specifica finestra, ad una rivoluzione radicale: Pirlo, Vidal, Tevez, Llorente, Morata, Pogba, Dybala fino ad arrivare ai periodi più recenti con Pjanic, Higuain e Cristiano Ronaldo solo per citare i nomi più illustri, oltre, ovviamente, ad una collezione di affari caratterizzati da una visibilità minore, ma pur sempre importanti, tanto a livello di rendimento, quali innesti mirati, quanto in termini di corrispondenza ad esigenze di bilancio. Nel passaggio da una stagione all'altra, ritocchi e adeguamenti della rosa vengono condotti con precisione chirurgica, senza pregiudicare il solido impianto vincente sottostante, metabolizzando alla perfezione anche il ribaltone in panchina Conte-Allegri. Al contempo, l'equilibrio e il miglioramento dei conti viene costantemente tenuto sotto osservazione. Il modello è semplice: la società si conserva sana, si rafforza campionato dopo campionato, il ciclo si rinnova senza mai snaturarsi.

Infine la costanza: la Juventus ha l'indubbio merito di aver saputo riconfermarsi. Solitamente, quando ci si abitua a vincere e, soprattutto, si abitua il pubblico a godere della vittoria, può accadere che dall'esterno la percezione della riconferma non sia poi così sorprendente, in virtù delle affermazioni passate. Tutto può rischiare di apparire paradossalmente scontato. In realtà, riconfermarsi vale forse più della vittoria stessa, una vittoria nella vittoria, figurarsi riuscirvi per otto anni consecutivi. Per comprendere meglio il concetto, viene spontaneo effettuare un parallelismo tecnico: in matematica, precisamente in probabilità, esiste il concetto di varianza. Senza tediare il lettore, si precisa solo che la varianza è una misura della distanza dalla media, e quindi un indicatore della costanza. Varianze vicine allo zero sono indicatrici di votazioni sempre molto prossime alla media, viceversa, varianze non nulle mostrano uno scenario oscillante intorno alla media. Mediante un'astrazione concettuale, si potrebbe affermare che la Juve è una variabile a varianza nulla nel proprio continuo e costante attestarsi sul risultato medio della prima posizione. Un premio alla costanza, se si potesse assegnare, non sarebbe fuori luogo: la Juve è stata protagonista della vittoria di otto scudetti in otto anni consecutivi, quando invece, per Milan e Inter, raggiungere quota otto implicherebbe dover considerare un intervallo di tempo estremamente più dilatato.

Nonostante tali rassicuranti premesse, il conforto che dovrebbe naturalmente regnare nell’ambiente bianconero, a fronte della più volte comprovata capacità di gestione, sta lasciando spazio a pessimismo e timore. Per la prima volta dopo tanti anni, un'aura di incertezza sembra aleggiare su Torino. Inquietudine paradossalmente alimentata in seno alla medesima tifoseria juventina e relativa ad un certo scetticismo sulla guida tecnica, da poco affidata a Maurizio Sarri, quello stesso Sarri che fino a poco tempo prima si era affermato quale emblema del movimento antijuventino, nelle vesti di allenatore del Napoli. Il tecnico toscano è senza dubbio un personaggio molto singolare, spesso eccessivo e non troppo misurato nelle esternazioni, sicuramente testardo e risoluto nell’affermare le proprie convinzioni. Da capire, poi, se l’ex Chelsea si confermerà fedele a se stesso anche in termini di cronica allergia al turnover; quel che è certo, per lo meno dal punto di vista di chi scrive, è che alla Juve possa fare molto bene.

Molti credono che riproporre a Torino lo spumeggiante stile di gioco tanto apprezzato e ammirato a Napoli sia pura utopia: gli interpreti e l’ambiente risultano essere sicuramente differenti ma, con pazienza e dedizione, è assai probabile che Sarri riesca a stupire gli scettici e a rivalutare se stesso anche agli occhi dei tifosi più fatalisti. Un 4-3-3 di stampo prettamente Sarriano, efficace e sontuoso come all'ombra del Vesuvio, è lo scenario che qui di seguito è preso come riferimento.

  • Situazione in Porta: Szczesny, come dimostrano le statistiche legate al rendimento dell'ultima stagione, si è confermato il portiere di primissimo livello che i lungimiranti dirigenti juventini speravano di aver individuato in funzione dell'oculata programmazione che, inevitabilmente, avrebbe prima o poi posto la delicata questione relativa alla successione di Buffon. Dopo una prima stagione trascorsa ad osservare e ad imparare dal numero 1, l'estremo difensore polacco ha completato il proprio processo di maturazione e di definitivo ingresso sul palcoscenico dei migliori al mondo. Quest'anno, il compito di rendere impenetrabile la porta juventina ricade per la seconda volta interamente su di lui, sebbene il romantico ritorno di Buffon sia da tenere in considerazione. Nessun dubbio sulla titolarità, tuttavia, come ribadito da Sarri. Anzi, maggiore garanzia di successo da una coppia così assortita e indubbio beneficio in termini di esperienza e personalità che la sola presenza di Buffon è sufficiente a regalare.
  • Difesa: l'impiego della linea a quattro è fuori discussione. La magnifica, sotto tutti i punti di vista, operazione di mercato De Ligt, consente l'opportunità di fare affidamento su una coppia di centrali che è un mix di esperienza e freschezza. L'olandese, schierato insieme a Chiellini, al netto di un fisiologico periodo iniziale di rodaggio a cui l'ex Ajax andrà sicuramente incontro, è al contempo garanzia di efficacia in fase difensiva e di assicurato contributo in zona goal, da palla inattiva. La rotazione con Bonucci, di quello che con ogni probabilità sarà il duo titolare, senza considerare il coinvolgimento di un interessantissimo prospetto come Demiral, assicura infine la certezza di un ricambio adeguato. Quattro centrali validissimi per scongiurare di vivere nuovamente il dramma di una crisi difensiva, come è stato in conseguenza della errata gestione del caso Benatia, in un momento nevralgico della stagione. Le corsie esterne saranno presidiate da Danilo ed Alex Sandro, ai quali qualcosina in più sarà chiesto in fase di copertura; ciononostante, la propulsione e il coinvolgimento nella manovra offensiva, che i due terzini possono potenzialmente garantire, può idealmente reputarsi devastante.
  • Centrocampo: una linea a tre, come a Napoli, strutturata in modo da contemplare la contemporanea presenza di un abile regista, stile Jorginho e probabilmente anche migliore del naturalizzato italiano, come Pjanic, del sempreverde Khedira e di Rabiot, quasi certamente non avrebbe nulla da invidiare al rendimento del trio Hamsik-Jorginho-Allan, soprattutto se il francese dovesse raggiungere l'apice del proprio percorso di maturazione calcistica e ripagare positivamente la fiducia accordata dalla società. Inoltre, non è da escludere che gli ultimi giorni di mercato possano regalare un ulteriore innesto di qualità a completare il reparto. La vena realizzativa di Khedira e l'indiscussa abilità negli inserimenti e nella partecipazione al gioco offensivo, garantiscono poi quell’essenziale apporto in zona gol al quale Pjanic, in virtù delle sopraffine capacità balistiche, e Rabiot stesso, possono contribuire con indubbio profitto.
  • Attacco: questo reparto, soprattutto secondo i pareri dei più critici, risulterebbe essere quello maggiormente in discussione. La principale diatriba, riguarda le ineluttabili conseguenze relative alla sacrosanta imprescindibilità di Cristiano Ronaldo. In effetti, statistiche alla mano, sembra che il portoghese letteralmente "fagociti" qualunque compagno di reparto sia chiamato a ricoprire il ruolo di centravanti. Fin dai tempi del Real Madrid, il rendimento in zona goal di punte del calibro di Benzema e Higuain, ha sempre drammaticamente risentito dell'ingombrante presenza di Cristiano, capace di monopolizzare l'apporto quantitativo al numero di segnature. L'argentino, soprattutto, è stato profondamente condizionato dall'egemonia di CR7, trovandosi forzato ad emigrare una prima volta verso Napoli ed una seconda, l'anno scorso, verso Milano. Ronaldo sembrerebbe essere, da questo punto di vista, l'esatto opposto di Lionel Messi: da un lato la convivenza con il portoghese di un ipotetico partner d'attacco, fino ad oggi sempre sfociata in un costante oscuramento e in una diminuzione del numero di centri realizzati, dall'altra, la partnership con l'argentino di Rosario, risultata essere una miniera d'oro per chiunque lo spalleggiasse (si vedano gli impressionanti numeri di Suarez e Neymar in termini realizzativi). Esisterebbe, dunque, una sorta di effetto collaterale legato a Cristiano Ronaldo, da cui il rompicapo su come risolvere la questione. Un'idea, diretta conseguenza del 4-3-3 di Napoli, potrebbe essere proprio di matrice Sarriana. Il tecnico toscano potrebbe realizzare con Dybala l'esperimento già condotto, egregiamente, con Mertens. Proprio l'ex Palermo, più volte vicino alla cessione quest'estate, potrebbe rivelarsi la soluzione più efficace del rompicapo relativo alla linea d'attacco. Paulo agirebbe in veste di “falso nueve”, traendo giovamento dalla sicura predisposizione al goal e, soprattutto, rivelandosi suggeritore dal tocco sopraffino per le incursioni di Ronaldo stesso. A completare il tridente, la candidatura di un ritrovato Douglas Costa sembrerebbe essere quella più auspicabile. Le accelerazioni devastanti del brasiliano, unite alla classe pura di Ronaldo e a tutto il suo magnifico repertorio, con Dybala ad impreziosire il reparto, concorrerebbero a delineare uno scenario che non avrebbe nulla da invidiare al tridente Callejon-Mertens-Insigne. Se Sarri riuscisse nella "Mertensizzazione" di Dybala, avrebbe tra le mani un attacco di portata spaventosa, al quale si potrebbero inculcare, strada facendo, i dettami di uno stile di gioco improntato anche sull'esempio dell'ultimo Napoli di Sarri, caratterizzato cioè da cambi di gioco repentini e smarcamenti a rete degli esterni d'attacco.


In prospettiva, la Juventus di Sarri potrebbe, sorprendentemente, non solo essere in grado di riproporre lo spumeggiante motivo già ammirato a Napoli, ma migliorarlo e sublimarlo ad un livello di massima perfezione, avvalendosi della caratura e della classe degli interpreti a disposizione.

La "Mertensizzazione" di Dybala al centro dell'attacco, spalla di Ronaldo, sotto la maestria della regia di Sarri, non è un'utopia, ma un ambizioso progetto che vale la pena di provare a perseguire.

Fino a prova contraria, la Juventus è ancora la Regina indiscussa del nostro campionato e, nonostante il tangibile pessimismo aleggiante attorno alla figura di Sarri, talvolta percepita quasi come un pericolo, spodestarla sarà impresa ardua anche quest'anno. Il tecnico toscano ha tutte le carte in regola per farla ancora Regina: la sua esperienza alla Juve deve essere vissuta dal tifoso come un'opportunità di perfezionamento, non come un limite. E' sufficiente mutare il punto di vista.

La sapienza e la concretezza delle parole di Winston Churchill, non possono che calzare a pennello:

“L’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità”.