Ci risiamo. Il campionato italiano è finalmente competitivo, ci sono tantissime squadre in vetta, tutte a lottare per lo Scudetto o per la qualificazione in Champions.
Fantastico!
Poi arriva il turno di Champions e ci rendiamo conto della pochezza del nostro calcio, tra: ex-calciatori spacciati come fenomeni e strapagati; allenatori al top delle loro carriere, con zero successi in bacheca; giovani speranze di 23/24/25 anni.

Ma dov'è il problema? E soprattutto, come ne usciamo? Il problema è forse che viviamo nel Paese più anziano di Europa, quello con meno nati e sicuramente il più pessimista ed egoista. Perchè noi italiani siamo così, ci stringiamo in gruppo e guardiamo al nostro orticello, lodandoci tra noi e creandoci fantastiche illusioni. Quando però dobbiamo guardare fuori da questo orticello invidiato da tutto il mondo, ci rendiamo conto che forse forse, tanto bello ed unico non è. Una volta individuato il problema, il primo passo per risolverlo è ammetterlo: è inutile sapere tutti quanti che l'Italia è il Paese meno positivo e più negativo d'Europa, se poi tanto ce ne sbattiamo e continuiamo a fare la nostra vita, incapaci di guardare un po' più in là nello spazio e nel tempo. Tutti questi problemi, ahimé, si rivedono tali e quali nel calcio:

  • Il nostro campionato è letteralmente invaso da giocatori stranieri che vengono qua con il titolo di campione o fenomeno, che vengono strapagati e che creano un sacco di belle speranze. Peccato che questi calciatori abbiano ormai passato la loro età dell'oro, spesa giustamente altrove, in campionati più allenanti ed in realtà che sì, il calcio è importante, ma non è l'unica cosa che conta. No, non mi riferisco solo al re dei fenomeni CR7, macchina da goal indiscutibile, trascinatore della Juventus nelle ultime Champions disputate, che ha portato la bellezza di 0 trofei internazionali, alla modica cifra di mezzo miliardo di euro in 4 anni. Non mi riferisco a Lukaku, giocatore letteralmente dominante sul piano fisico, che puntualmente sparisce non appena si alza l'asticella, e che in campo Europeo non ha curriculum. Non mi riferisco neppure a Ibra, che a 40 anni è tornato per andare a San Remo e far vincere il Milan, o magari per l'ultimo (?) oneroso contratto della sua carriera, strappato ad una squadra che fino a pochi mesi prima del suo arrivo non era considerata neanche tale. No, mi riferisco a tutti quei fenomeni che NOI italiani spacciamo per tali, ma che di fenomeno non hanno proprio nulla: la lista è pressoché infinita, ed è cosparsa di nomi che, all'interno della nostra realtà, hanno un peso elevatissimo, ma che fuori da questa non hanno proprio un peso.  Lewandowski è un fenomeno, non Higuain. Mbappè è un fenomeno, non Lautaro. Phoden è un fenomeno, non Luis Alberto.
  • Passando agli allenatori, qua c'è poco da dire: ci vantiamo con noi stessi di aver avuto la miglior scuola allenatori d'Europa e del mondo, citando nomi importantissimi come: Lippi, Trap, Capello, Sacchi, Ancelotti. Poi però ci rendiamo conto che anche quelli attuali non sono poi così male: Allegri, Conte, Sarri, lo stesso Ancelotti. Eppure, in passato trionfavamo in Europa e nel mondo, e oggi? Forse mancano i calciatori, o forse questi grandi allenatori sono un po' sopravvalutati. Difficile capire dove inizia uno e finisce l'altro, ma l'unico considerabile grande è Ancelotti, mentre quello che gli si avvicina di più è Allegri, che tuttavia conta gli stessi trofei internazionali di Conte, ed uno in meno di Sarri. Ma non sarebbe più giusto provare a prendere spunto dall'estero? Il Bayern ha affidato la panchina ad un signore che mai aveva allenato a certi livelli, ed ora questo sta frantumando squadre in giro per il mondo. La Juve ci ha provato (tanto di cappello), ma ad ogni minimo errore, capibile per un esordiente, sono già tutti con il fucile puntato, come se ci fosse qualcuno nel mondo che nasce con le capacità e non ha bisogno di testarle e allenarle.
  • Infine, la questione giovani: il Bayern, in un ottavo di Champions League, fuori casa, schiera titolare un 17enne (DICIASSETTE) di belle speranze, che gioca con il sorriso sulla faccia, senza tremolii alle gambe, e che dallo sguardo evidenzia come oggi sono qui per divertirmi, come se stessi giocando all'oratorio con gli amici di sempre. Oltre a lui, aveva in campo Davies, terzino ormai affermatissimo, ma che di anni ne ha 20. Il Bayern, inoltre, schiera Sané, Coman e Gnabry, che di anni ne hanno rispettivamente 25, 25 e 26, e NON li considera come giovani talenti o prospetti, ma come calciatori ormai maturi e affidabili, con anni di esperienza nazionale ed internazionale alle spalle.  Il Barcellona schiera Pedri e Ansu Fati, oltre a non considerare De Jong un giovane. Il City schiera Phoden. Il Dortmund schiera Haaland. Di questi esempi ce ne sono tantissimi in giro per l'Europa, ma mancano clamorosamente in Italia, dove: la Juve vende Kean e compra De Ligt, ma non riesce a vederlo titolare al posto di Bonucci o Chiellini; l'Inter considera Bastoni e Barella due giovani talenti; il Milan compra Tonali e non lo fa mai giocare. Adesso, il punto è: siamo noi italiani incapaci di produrre nuovi talenti, o forse c'è qualcosa che andrebbe rivisto nella mentalità e nella gestione da parte dei club? Perchè chi dovrebbe avere il potere di modificare le regole non si sveglia e non aiuta il nostro calcio?

Chiudo con una piccola menzione per Fagioli, talentino della Juventus, che già Allegri aveva occhiato: sono passati 2 2 anni da quando il mister livornese se ne è andato. Fagioli non ha giocato neppure 60 minuti totali in due campionati. Ora, se costui fosse davvero così forte come dicono, perchè non lo si fa giocare e non gli si fanno prendere, con calma e pazienza, le necessarie responsabilità che dovrà un giorno prendere? Non conviene a tutti che questo ragazzo inizi il processo di maturazione oggi, piuttosto che fra 3 o 4 anni? Chi lo sa, alla fine, come mi ripeto sempre, a nessuno viene chiesto di mandare i razzi sulla Luna, si tratta solo di calcio e di sport, cosa vuoi che succeda se sbagli una giocata o una partita?